Non mi aspettavo più nulla da Kai Hansen e dai Gamma Ray. E’ crudele a dirsi, forse anche presuntuoso, ma è la pura verità. “Powerplant” era semplicemente un’ottima scopiazzatura del capolavoro “Somewhere out in space”, assolutamente non in grado di infondere le stesse emozioni nell’ascoltatore.
Erano poi arrivati due dischi tremendi come “No world order” (che però qualche canzone bella l’aveva) e “Majestic” (in cui non si salvava assolutamente nulla) e a quel punto aspettarsi una risurrezione pareva alquanto difficile. E invece… mai stato così felice di sbagliarmi! A dispetto di tutte le facili considerazioni attorno al titolo (“Land of the free II”? Andiamo!
Puzza di mossa commerciale lontano un chilometro!) il nono disco in studio della band teutonica è un concentrato di potenza, melodia, intensità ed emozione quali da tempo immemore non si sentiva in un lavoro di questo genere. Abbandonate le piatte rasoiate in stile Priest che infarcivano l’ultimo lavoro, Kai Hansen e compagni hanno deciso di giocare la carta più ovvia, vale a dire la riproposizione di quel suono scanzonato e maestoso allo stesso tempo, che aveva fatto la fortuna dei loro più grandi capolavori.
Ne risulta un album che pur non contenendo neppure una nota che non sia già stata suonata un milione di volte, e nonostante la presenza di un paio di incredibili citazioni al limite del plagio (scopritele da voi, è un giochino piuttosto divertente!), riesce nell’impresa di scaldare i cuori e di far venire i brividi come ai bei vecchi tempi. Kai Hansen è in forma smagliante, e tutta la band fila come una macchina da guerra; le canzoni si susseguono inarrestabili senza un attimo di respiro, e credo di non sbagliare se dico che i Gamma Ray un album dal tiro così serrato e fenomenale non l’avevano proprio mai fatto! Non ci sono intermezzi (fatta eccezione per i ventisette secondi di “Rising again”), non ci sono ballate, ma dall’inizio alla fine è un unico susseguirsi di meraviglioso power metal tedesco d’annata!
Gli episodi migliori? Difficile dirlo. Forse l’accoppiata iniziale “Into the storm”/From the ashes”, o l’oscura sensualità di “Empress”, un brano che in sei minuti passa attraverso una quantità di umori e intenzioni differenti, o ancora il divertente inno “Real world”, che fa il verso ai più ispirati Running Wild…in realtà tutto il disco, dall’inizio alla fine, è di altissimo livello, e la tensione non cala praticamente mai.
A guardar bene, forse la sola “To mother earth” è troppo pacchiana e scontata per essere presa in considerazione. Il resto è puro Gamma Ray style, e per dirlo uno che ultimamente è ipercritico nei confronti di tutto e tutti…
Chiariamo comunque una cosa: inutile fare confronti con i più illustri predecessori. “Land of the free II” è decisamente inferiore ad essi, questo è poco ma sicuro! Tutto questo entusiasmo deriva dalla constatazione che un act che si dava per spacciato è invece vivo e vegeto, più che mai pronto a non farsi travolgere dal corso inarrestabile del tempo.
Se poi il buon vecchio Kai abbia intenzione di tirar fuori un altro capolavoro dal suo magico cilindro… beh, non sta certo a me rispondere, ma è ovvio che la speranza c’è tutta! Per adesso comunque, questo nuovo platter è più che mai in grado di riempire i buchi…