Arrivano addirittura dal Canada i Kill Cheerleader e si vanno ad aggiungere alla fitta schiera di gruppi che da un po’ di anni hanno deciso di rinfoltire il panorama sleeze rock, che dopo aver vissuto il suo splendore negli anni ’80 con band immortali come Guns n’ Roses e Motley Crue aveva continuato a vivere solo a livello molto underground, nei fumosi pub di periferia, grazie a gruppi che hanno fatto del rock, dell’alcohol e delle ragazze la propria ragione di vita. Come dicevo da qualche tempo c’è un certo rinnovato interesse verso queste sonorità, e devo dire che dopo l’abboffata di finto punk, fino metal, finto “tutto” dettata da MTV, un po’ di sano e genuino rock’n’roll è sempre ben accetto.
Nessuna pretesa di originalità, nessuna pretesa di stupire gli ascoltatori con passaggi tecnici o partiture complesse e ricercate, solo tanta fottuta voglia di divertirsi e far divertire. Così in sintesi è possibile riassumere la proposta sonora dei Kill Cheerleader, di cui peraltro non so assolutamente nulla, visto che il promo è sprovvisto della benché minima biografia e che in rete non si trova molto su di loro. Ma poco importa, visto che in questo caso a parlare è la musica stessa, e non serve null’altro…
Ritmiche vicine ai Damned, voce graffiante, bei cori, riff semplici e diretti, songs dalla struttura lineare, quasi elementare, che però colpiscono per i refrain che ti si infilano subito in testa. La registrazione non è di quelle eccelse, e forse è un bene perché risalta ancora di più l’attitudine grezza dei nostri, che non hanno timore di mischiare le tipiche sonorità eighties a quelle più datate di band come gli Stooges.
Ed è una miscela che colpisce nel segno, con brani accattivanti come “Deathboy”, “Want action” o la opener “Sell your soul”. Discorso a parte merita “No lullabies”, delicata e introspettiva song acustica (in realtà un po’ troppo “Patience”, ma vabbè...), così come “Hurt the people you love”, pochi secondi di solo pianoforte. Ma questi sono aspetti secondari della proposta del gruppo, che generalmente preferisce pestare forte sugli strumenti, dimostrando di aver imparato alla perfezione la lezione dei gruppi di cui sopra, senza per questo però risultare dei copioni senza stile. I Kill Cheerleader dimostrano di saper reinterpretare la lezione dei grandi del passato rendendola al tempo stesso attuale, come nel caso della fenomenale “Find your own way home”, che sembra uscita dalla penna del primo e più selvaggio Slash o della più scanzonata “Don’t call me “baby”, baby”. Nient’altro da fare che prendere una buona cassa di birra, infilarsi in macchina e sparare il disco a tutto volume, questo è quello che vi consiglio, per passare una quarantina di minuti in spensieratezza e rivivere quegli anni in cui il rock non si prendeva ancora troppo sul serio.
Non penso ci sia bisogno di aggiungere altro, credo che abbiate capito a chi è indirizzato questo cd. Se siete amanti di sonorità estreme, oppure dell’iper tecnica tenetevene pure lontani. Se invece il vostro spirito stradaiolo fatica a restarsene buono acquistate pure senza problemi questo “All hail”, senza lasciarvi intimorire dalla copertina, assolutamente fuori luogo per un prodotto del genere. Quello che conta è la buona musica, e in questo cd ce n’è in abbondanza.
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