A distanza di quattro anni dal precedente “
Mortal Throne Of Nazarene” tornano gli
Incantation con una line-up rivoluzionata. Fatto salvo il leader
John McEntee, la band perde tutti gli altri componenti, in particolare il mostruoso singer
Craig Pillard. Entrano
Daniel Corchado al microfono, che offre una buonissima prova vocale, sullo stile del suo predecessore, anche se con meno carisma e brutalità, e il batterista
Kyle Severn il quale, invece, dà qualcosa più per dinamismo e intensità.
La formula compositiva è la medesima dei precedenti due dischi, e per certi versi comincia a mostrare la corda, ma si salva per l’elevata qualità delle composizioni, anche se si nota un’atmosfera meno cupa e opprimente, meno sulfurea, e delle strutture ritmiche che, in certi frangenti, si allineano a quanto (di buono) c’è nel panorama coevo, come
Immolation e
Monstrosity.
Come da tradizione l’esordio è di quelli capace di spazzare subito via l’ascoltatore. “
Impending Diabolical Conquest” ad un certo punto è talmente veloce che si fatica a capire cosa diavolo stia combinando il batterista, pur penalizzato da un suono troppo pulito e piatto, con le chitarre che hanno un suono lancinante e lacerante.
La successiva “
Desecration (Of The Heavenly Graceful)” offre una catarsi doomish prima di esplodere, perpetuata dalla successiva “
Disciples Of Blasphemous Reprisal”.
La prima parte del disco è chiusa dalla breve strumentale “
Unheavenly Skies” che introduce la seconda parte, dove le cose si fanno più serie, con un trittico formato da “
United In Repungence” scheggia furibonda e sacrilega, la clamorosa "
Shadow Of The Ancient Empire” e la mostruosa “
Ethereal Misery” che si pongono tra le cose migliori mai fatte dagli
Incantation, soprattutto per quanto riguarda densità di suono e carica brutale.
Il disco si chiude con “
Unto Infinite Twilight/Majesty Of Infernal Damnation”, suite di quasi 17 minuti che sciorina tutte le qualità della band, con un’introduzione lunghissima a base di pachidermico e pesantissimo death/doom metal che pian piano evolve nell’aggressione sonora, con un andamento sinusoidale di alternanze tra parti lente e veloci davvero apocalittico.
“
Diabolical Conquest” è un gran disco che mantiene altissimi gli standard qualitativi degli
Incantation, anche se, per ovvi motivi, continuo a preferirgli i primi due.