A fare dischi con una sola canzone divisa in più parti ci hanno provato in tanti con risultati oggettivamente altalenanti. Tra gli esperimenti meglio riusciti mi sento di segnalare l’album “Light of Day, Day of Darkness” dei Green Carnation (meravigliosamente recensito su questo portale) e il qui presente
“A Pleasant Shade of Gray” dei più noti
Fates Warning.
La band americana, attiva dalla metà degli Anni Ottanta (e seminale nella definizione del “progressive metal”), ruota intorno alla figura di
Jim Matheos, chitarrista tecnicamente molto dotato e compositivamente instancabile (innumerevoli i suoi progetti, dagli O.S.I. con l’ex-Dream Theater
Kevin Moore ai ritorni di fiamma con il cantante del primo periodo
John Arch) che ha tenuto le redini della band in tutte le sue varie incarnazioni (mi viene in mente un certo
Robert Fripp…). Questo disco, tassello fondamentale di una discografia estremamente eterogenea, arriva in un momento in cui la formazione è di fatto ridotta a trio e vede nella partecipazione del già citato
Kevin Moore e del bassista
Joey Vera (ex-Armored Saint) un apporto determinante. Definire il sound è arduo (come lo è il concept, tanto banale quanto “frattale” ovvero la vita di un individuo dalla nascita fino alla morte) e anche se non mi piace la definizione di “colonna sonora senza immagini” devo dire che in questo caso funziona: momenti belli e brutti, rimpianti e rimorsi vengono “descritti” con paesaggi sonori che vanno dal rock all’ambient, dal prog all’industrial. La produzione di
Terry Brown è notevolissima e permette di cogliere ogni sfumatura di questa tela complessa (un grande merito dei
Fates Warning dagli Anni Novanta a oggi è quello di aver avuto sempre dei suoni incisi di tutto rispetto, cosa rara nell’universo progressivo più “fracassone”). Non è possibile, come è facile capire, individuare una traccia più meritevole di un’altra, il disco va goduto nella sua interezza dall’inizio fino al climax finale con quei venti secondi di rumore di sveglia che sembrano ridestare da un sonno profondo. 53 minuti di genio e sregolatezza: senz’altro una vita ben vissuta.