Ad Essen nel 1982, inizialmente con il nome di Tyrant,
Mille Petrozza (chitarra),
Jürge "Ventor" Reil (batteria),
Rob Fioretti (basso) e il cantante Paul Terozza, iniziarono a muovere i primi passi sul sentiero della musica estrema.
Cambiarono nome in Tormentor e dopo due demo e aver "fatto fuori" Paul, nel 1984 adottarono quello che sarebbe stato il loro moniker definitivo:
Kreator.
Terozza non venne sostituito e ad incaricarsi del suo ruolo furono
Petrozza e
Ventor, i quali si alternavano al microfono.
Di lì a poco, nel 1985, dalle mani dei tre tizzoni di inferno nacque uno degli album più incendiari di sempre: "
Endless Pain", distribuito tramite la storica etichetta
Noise Records.
Si può considerare "
Endless Pain" il secondo disco Thrash, in ordine cronologico, quantomeno per quel che riguarda i principali gruppi a noi noti, sul suolo teutonico: circa cinque mesi dopo "Infernal Overkill" dei Destruction, prima di "Obsessed by Cruelty" (1986) dei Sodom e dell’esordio discografico dei Tankard.
Per capire l'importanza di questo disco é necessario esaminarne quantomeno per sommi capi il contesto storico.
Il debut dei
Kreator usciva in un anno in cui i titoli più estremi erano ancora quelli dei primi Venom, Bathory, Celtic Frost, e della scena della Bay Area. In particolar modo il metro di paragone potevano essere gli Slayer di "Show No Mercy" e di "Hell Awaits", quest'ultimo uscito circa 6/7 mesi prima di "
Endless Pain".
E per quanto leggermente inferiore qualitativamente ad alcuni prodotti simili partoriti dal continente americano, era sicuramente quanto di più oltranzista fosse possibile trovare in quel tempo. Gli unici ad essersi spinti a quel livello di violenza sonora erano i contemporanei statunitensi Possessed, i quali diedero alle stampe, quasi in simultanea ai ragazzi di Essen, a "Seven Churches"...ma niente da fare, per quanto fosse un lavoro grandioso, e probabilmente anche eseguito con una più accurata perizia, neanch'esso poteva competere con il primo full-length di
Petrozza e soci, quantomeno per quanto riguarda brutalità e velocità esecutiva.
"
Endless Pain" è un concentrato incandescente di Thrash Metal grezzo e violento dalle tinte nero pece; un'aura nera che tanto ha influenzato le formazioni Black Metal della seconda ondata provenienti dal Nord Europa.
Il suono dell'album è maledettamente affilato e primordiale, con un
Mille Petrozza che in maniera ancora un po' approssimativa sfodera riff al vetriolo senza sosta e sputa veleno con un cantato quasi assimilabile ad un vero e proprio Scream (probabilmente dopo Quorthon il primo ad utilizzare tale tecnica), ben sostenuto dal basso furioso di
Rob Fioretti e dal drumming forsennato, a tratti folle, di
Ventor, che sfodera una prestazione – anche se con varie imprecisioni – velocissima e brutale come nessun'altro del suo tempo. La sua “ricetta” è molto semplice ed efficace: tupa tupa devastanti e doppia cassa martellante. Inutile dire che di lì a poco sarebbe diventato un vero e proprio punto di riferimento per tutto il panorama estremo, quasi al pari del ben più famoso Dave Lombardo. Anche alla voce il drummer se la cava benissimo, risultando in alcuni frangenti quasi più brutale di Mille. L'ugola di
Jürgen è chiaramente influenzata da quella di Cronos, e nello specifico la si può apprezzare nei brani: "
Endless Pain", "
Storm of the Beast", "
Son of Evil", "
Cry War" e "
Living in Fear", mentre negli altri è il chitarrista a cantare.
La band era chiaramente ispirata da formazioni seminali come Venom, Slayer e primi Metallica (per coincidenza ai loro albori i
Kreator si chiamavano Metal Militia) e dalla corrente punk/hardcore più seminale.
Se dovessero chiedermi di descrivere il debutto di
Petrozza & co con una sola parola utilizzerei l'aggettivo "Intransigente". Ogni nota del platter è suonata con una violenza priva di compromessi e una velocità esecutiva impressionante per l'epoca, tanto da essere diventato uno dei metri di paragone per chiunque avesse deciso di suonare musica estrema, fosse essa Thrash, Black o Death Metal.
I giovani thrasher tedeschi non mollano mai l'osso dedicandosi ad un folle assalto sonoro per tutto l'arco dei circa 38 minuti – spalmati su dieci tracce – di cui è costituito il full-length.
Difficile e inutile sarebbe addentrarsi in un track by track data l'omogeneità del lavoro, ma sicuramente spiccano sulle altre la diabolica “
Endless Pain”, "
Total Death", "
Storm of The Beast", "
Tormentor", e l'immortale cavallo di battaglia "
Flag of Hate".
Anche per quanto riguarda i testi i tre giovincelli seguono il segno dell'intransigenza, non vi sono deviazioni di sorta dal più puro e irrazionale nichilismo, prenda esso la forma del più bieco satanismo o quella della ribellione; il tutto è sempre e comunque sotto il segno dell'odio più cieco. Tematiche che risultavano utili meramente come espediente per divertirsi e sfogare la loro rabbia adolescenziale, a supporto della ferocia del loro sound.
A onor del vero è necessario segnalare che questo esordio, come è naturale che sia, ha qualche piccola pecca, ed è proprio per questo che a mio parere risulta lievemente inferiore, come accennato a inizio articolo, ad alcuni, pochissimi, prodotti più strutturati della sua epoca, come per esempio potrebbe essere il già citato "Hell Awaits".
Purtroppo l'album, pur essendo probabilmente il platter più “all’avanguardia” della prima metà degli 80’s, paga il dazio dell'inesperienza, e lo si può sentire nell'eccessiva approssimazione in determinati passaggi, nel voler spingere sempre e comunque ad ogni costo senza sfumature o rallentamenti ben strutturati, rendendo così i brani leggermente inintelligibili; e in generale in un songwriting ancora rudimentale. Ma il difetto principale, se così lo si può appellare, risiede nella caoticità del "tutto", la quale non consente di apprezzare il prodotto in tutti i suoi passaggi. Caos che non è dato solo dalle carenze tecniche dei giovani tedeschi, ma anche da una produzione di scarsa qualità ad opera di
Horst Müller, che se da un lato riesce a dare un tocco diabolico a questo monolite, dall'altro ne penalizza l'ascolto. Ponendo la dovuta attenzione, oltretutto, si avvertono vari sbalzi di volume e altre cose simili. Anche se per quanto mi riguarda questo tipo di registrazioni mi hanno sempre affascinato...
“
Endless Pain” è un album in grado di fare ancora paura, e non è possibile parlare di sonorità estreme senza averlo ascoltato.
Credo che insieme al suo successore: il capolavoro "Pleasure to kill", ai primi tre album degli Slayer, "Welcome to Hell", "Black Metal", “Seven Churches”, "Beyond The Gates", "Scream Bloody Gore", “I.N.R.I.", "Morbid Vision", "Under the Sign of the Black Mark” e pochi altri, sia uno dei lavori fondamentali per lo sviluppo di tutto ciò che sarebbe in seguito avvenuto in certi ambienti dell’underground.
Un gioiello che tutt’ora possiede il suo fascino, e che delle sue piccole imperfezioni è riuscito quasi a farne un punto di forza... la sua genuinità non verrà mai scalfita dal tempo e dalle sue mode.
Recensione a cura di DiX88