Nonostante il nome dei Pain Principle non sia tra i più noti e seguiti del panorama metal c’è da dire che il gruppo americano è sulle scene addirittura dal 1993 e questo “Waiting for the flies” è il loro terzo album, anche se soltanto il primo licenziato da un’etichetta, nello specifico dalla Blind Prophecy. In realtà questo cd è stato pubblicato dal gruppo stesso nel 2006, ma trova ora nuova visibilità grazie all’azione dell’etichetta, che ha deciso di ristamparlo.
Prima di addentrarci nei meandri del disco ci tengo a dire che questo “Waiting for the flies” non è affatto male e soprattutto gode di un’ottima produzione ad opera niente meno che di Erik Rutan (Hate Eternal, per i più distratti di voi…). Altrettanto vero è che scorre via che è una bellezza, con canzoni accattivanti che già dal primo ascolto si fanno apprezzare e ti restano ben stampate in testa. Il problema, se così si può chiamare, è che ogni singola nota è già stata ascoltata mille volte nei dischi di band come Pantera o, soprattutto, Machine Head. Sono queste infatti le coordinate lungo le quali la band floridiana si muove, senza ovviamente tralasciare influenze slayeriane e qualche passaggio più caro ai Death del compianto Chuck. Evitate quindi di approcciare al disco con le intenzioni di ascoltare qualcosa di nuovo, perché rimarrete delusi. Il modo migliore per apprezzare il terzo lavoro dei Pain Principle è quello di prenderlo per quello che è, un buon cd di thrash moderno senza pretese, che per un’oretta vi farà scapocciare come dannati.
Già dalla prima canzone “Body farm” (se escludiamo il corto e quanto meno inutile intro “The death of Johnny Beans”) si capisce di che pasta è fatta la band: brani diretti e senza troppi fronzoli. Ottima la prova dietro le pelli di Mike Mazzonetto che alla fine dei giochi si rivelerà la carta vincente in più (ottime anche le sue sfuriate in blast beat che di tanto in tanto brutalizzano il sound), anche se c’è da dire che anche il lavoro svolto da John Sutton in fase di riffing non è affatto male, tagliente e potente al punto giusto, con una gustosa alternanza di riff più serrati alla Slayer e riff più ariosi e stoppati alla Machine Head, appunto. Il cd va avanti senza problemi con buoni pezzi come “All but the dying” o “Behind the broken”, ma soprattutto la tirata “And now, a word from the living”, fino ad arrivare alla conclusiva titletrack che pone il sigillo ad un disco tutto sommato vincente.
Ultimo particolare da portare alla vostra attenzione è la voce del singer Kevin “Bull” Bullock, che evita di utilizzare gli ormai abusati growl e scream e per fortuna “canta”, come è giusto che sia nel thrash, con un timbro che ricorda molto Rob Flynn, e perché no, anche il nostro GL Perotti.
La buona alternanza di parti più veloci e parti rallentate, infine, riesce a far si che il cd non sia mai noioso e quindi aggiunge quel mezzo punto in più al giudizio finale su questo “Waiting for the flies”, album che mi ha lasciato tutto sommato soddisfatto. Ripeto, niente di eclatante, non stiamo certo parlando della new big sensation americana, però in fondo i Pain Principle meritano una chance, perché quello che fanno lo fanno con passione.
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