E’ un vero peccato che certe sonorità nel nostro paese siano appannaggio solo di un piccolo gruppo di appassionati. Il rock melodico sta vivendo una vera e propria seconda giovinezza, non solo per il continuo riconfermarsi di realtà celebri e ultraconsolidate (bisogna ancora aspettare all’appello gli House of Lords ma dubito che deluderanno) ma anche e soprattutto per il proliferare di nuovi nomi che poco o nulla hanno da invidiare ai nomi storici della scena.
Questi Work of Art ne sono un ulteriore esempio: arrivano dalla Svezia, hanno alle spalle una lunghissima gavetta fatta di demotape e concerti in piccoli locali, ma alla fine, dopo tanti sacrifici, la loro costanza è stata premiata.
“Artwork” è infatti il classico lavoro che non ti aspetti: una copertina piuttosto scialba, una sbiadita immagine in bianco e nero che certo non invoglia all’ascolto, specie quando nella pila di cd da recensire ci sono Avantasia o il nuovo Andre Matos…
Eppure a volte fa bene rischiare, perché sin dalle prime note di “Why do I?” ho intuito che questa band aveva qualcosa di interessante. Le successive “Maria” e “Camelia” hanno trasformato in certezza l’impressione iniziale: due autentiche gemme di rock melodico, sontuosa e trascinante la prima, più dolce e intimista la seconda, con un grande lavoro di percussioni sul ritornello. I Toto del nuovo millennio? Al di là degli aperti richiami nei titoli (ve le ricordate “Rosanna” e “Pamela”?), musicalmente le somiglianze sono piuttosto forti, pur all’interno di un contesto senza dubbio più moderno, con le chitarre maggiormente in primo piano e un minor ruolo dei synth. E certo anche le capacità tecniche del terzetto scandinavo non sono quelle di Lukather e soci! Ciononostante, il loro songwriting pare già maturo a sufficienza: “Her only lie”, “Too late” e “Whenever U sleep” sono altri tre brani meravigliosi, semplicissimi nella loro struttura, e assolutamente vincenti nei ritornelli (lo continuo a ripetere: se non funziona il ritornello non c’è il brano!). I nomi da scomodare sono parecchi, e sono tutti una garanzia: Giant, Giuffria, Survivor, Unruly Child, House of Lords, Foreigner, il tutto riletto secondo lo spirito dei tempi e con una consapevolezza dei propri mezzi che ha dello sbalorditivo per una band al debutto.
Non c’è un solo pezzo su questo disco che sia di troppo, e questo, perdonatemi, non è affatto poco se si pensa che siamo nell’era dell’Ipod…
Come da tradizione, non mancano le ballad: strepitosa “Once in a lifetime”, mentre la conclusiva “One hour” è un po’ più particolare e meno immediata, ma non manca di dimostrare il suo valore nel prosieguo dell’ascolto.
Chi ama gli anthem da cantare a squarciagola troverà pane per i suoi denti in “Lost without your love” e nella meravigliosa “Cover me”, che sarebbe perfetta per aprire dal vivo.
Meglio fermarci qui: è difficile descrivere a parole quella che è soprattutto un’esperienza emotiva. Meglio consigliare a scatola chiusa questo lavoro a tutti gli amanti del rock melodico, pur nella consapevolezza che siete troppo pochi per portare i Work of Art dalle nostre parti…
Io il mio dovere l’ho fatto, adesso tocca a voi…
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