Da Philadelphia arrivano gli A Life Once Lost, band non propriamente novizia nel panorama estremo, visto che esiste dal 1999 e ha già sfornato quattro dischi prima di questo “Iron Gag”.
Ammetto di non conoscere la band, quindi il mio giudizio si basa esclusivamente sul disco in oggetto, il quale mette insieme undici canzoni di potente metalcore, ritmato e violento, dove echi swedish, soprattutto nella voce di Robert Meadows (a dir la verità la sua tonalità è del tutto anonima, visto che rimanda a centinaia di cantanti simili, sebbene estrema), si fondono con un approccio al songwriting strutturato, benché di impatto.
Il risultato finale è che presto la noia assale e il tutto diventa quasi fastidioso, nonostante la band ce la metta tutta per rendere varia la propria proposta, non facendo mancare assoli, cambi di ritmo e di tempo, sortite nel postcore, variando addirittura quasi genere, come in “The Wanderer”, la quale rappresenta il loro modo di intendere una power ballad, e in “All Teeth”, un pezzo disturbato, pieno di echi noise.
Tuttavia ciò però non basta a far guadagnare la sufficienza alla band, almeno sul mio personalissimo taccuino, come direbbe Rino Tommasi. Li si potrebbe definire “pesanti senz’anima” se non fosse che altre bands, pur senza avere l’anima, siano molto più appetibili e valide.
Decisamente rimandati anche se non bocciati, in fondo qualcuno cui potrebbe piacere questo “Iron Gag” lo si trova sicuramente e di peggio in giro ce n’è a profusione.
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