Quarto disco della creatura perversa, brutale e malata di Erik Rutan, uno che in fatto di Death Metal la sa lunga, anzi lunghissima.
Non ho mai lesinato lodi ai lavori di Erik, e non mi tirerò indietro adesso visto che questo “Fury & Flames” si riconferma sui livelli del precedente “I, Monarch”.
Quando si ascolta un disco degli Hate Eternal si può avere un’unica grande ed inconfutabile certezza, ovvero che si verrà spazzati via con una furia, una violenza e una brutalità indicibili.
Premo il tasto play del lettore e parte “Hell Envenom”, la quale, dopo un breve intro simil apocalittico, chiarisce subito le idee e si viene investiti da un carro armato lanciato alla massima velocità. Il tutto ovviamente poggia su una sezione ritmica il cui unico inverecondo credo è la distruzione totale dei vostri padiglioni auricolari, grazie anche all’apporto del basso del “cannibale” Alex Webster e della eccellente prova del batterista Jade Simonetto, superlativo.
Il disco non ha soluzione di continuità. Rispetto al passato è più diretto e meno intricato nel guitarworking, ma l’impatto è cresciuto, semmai possibile, innalzando veri e propri monoliti di brutalità, anche se “Tombeau” contiene alcuni assoli di tutto rispetto e un maggiore flavour melodico.
Si ha requie solo nella breve e conclusiva “Coronach”, strumentale basata su cori femminili.
C’è poco da stare a discutere. Erik Rutan è il Death Metal, chi non è d’accordo, chi lo critica, chi ha la puzza sotto il naso, non solo non capisce un cazzo, ma per quel che mi riguarda può anche andarsene affanculo. Zero originalità, zero innovazione, zero fronzoli, 100% Brutal Death Metal. È così che ci piace, è così che lo vogliamo, è così che deve essere.
Se c’era un modo per ricordare il defunto Jared Anderson (R.I.P.), ex cantante/bassista degli Hate Eternal, era quello di fare un disco come questo. Missione riuscita.