Nonostante la scomparsa di
Criss Oliva, i
Savatage del periodo viaggiano all'invidiabile ritmo di un album all'anno. Dopo il testamento del succitato chitarrista a titolo "
Edge Of Thorns" (1993), il fratello Jon prende in mano le redini del progetto iniziato assieme a Criss, pubblicando il lodevole "
Handful Of Rain" (1994).
Anche sull'onda emotiva, il disco ottiene un buon successo, posizionando la band su livelli di interesse (almeno in Europa e Giappone) notevoli; in tal senso non va affatto trascurato il contributo di
Alex Skolnick, all'epoca ex
Testament, che svolge un lavoro di "supplenza" importante, con parti ritmiche e soprattutto soliste di grande rilievo. Ma il bello deve ancora venire.
Ispirato dalla guerra in Jugoslavia,
Jon Oliva scrive una storia crudele, struggente e bellissima.
Il racconto inizia dalla visuale millenaria di un gargoyle che svetta dalla vetta di una vecchia chiesa di Sarajevo: il protagonista in pietra osserva le vicissitudini e le follie umane, senza tuttavia riuscire ad individuarne una logica. Siamo nel 1990, il muro di Berlino è caduto da poco, ed un giovane ragazzo serbo, di nome
Serdjan Aleskovic, realizza di vivere la propria gioventù nel momento più importante della storia dell'umanità ("
This Is The Time"), vaticinando un futuro grandioso e pieno di gioia. Lo stesso, radioso avvenire che s'immagina
Katrina Brasic, musulmana bosniaca di avvenente presenza e belle speranze. Purtroppo le cose non vanno come sperato, e nonostante la Jugoslavia assapori finalmente il gusto della libertà dopo il crollo del comunismo, i soliti burattinai sono già al lavoro per creare il disastro, fomentando odio religioso ed etnico.
Le luciferine presenze sono perfettamente rappresentate in "
I Am" dalla mefistofelica voce di Jon Oliva, che torna dietro il microfono dai tempi di "
Streets". È così che Serdjan si unisce ad una milizia serba, iniziando ad "illuminare" il cielo di Sarajevo con pesanti bombardamenti notturni ("
Starchild"). Dall'altra parte, Katrina contribuisce alla resistenza, acquistando armi ed unendosi ai compagni di bandiera, rifugiandosi sulle colline attorno alla città per rispondere al fuoco nemico ("
Doesn't Matter Anyway", Oliva nuovamente sugli scudi).
Nel frattempo, mentre gli anni passano ed i morti si moltiplicano, un vecchio che aveva lasciato la Jugoslavia diverse decadi prima, torna nella città, trovando solamente rovine fumanti e distruzione.
La prima neve inizia a cadere, e l'uomo si rivolge al cielo in preghiera, piangendo un cambiamento che non era esattamente quello che si sarebbe aspettato dalla tanto agognata libertà ("
This Isn't What We Meant"). Nonostante la guerra che impazza tutta intorno a lui, il vecchio non cerca rifugio, ma prende il suo violoncello, si arrampica sulla fontana della piazza ed inizia a suonare arie di Mozart ("
Mozart And Madness"). Un rito che verrà ripetuto ogni sera, e che Serdjan e Katrina si ritroveranno ad ascoltare in contemporanea con impaziente puntualità, dai lati opposti della barricata.
L'inverno ricopre di gelo Sarajevo, in simbiosi con una guerra la cui escalation non sembra conoscere limiti di brutalità e violenza ("
Dead Winter Dead"). Un giorno di dicembre, Serdjan giunge con la propria pattuglia in un cortile scolastico, trovando corpi di bambini martoriati dalle esplosioni delle bombe ("
One Child"), e l'orrore di quella visione lo perseguiterà fino a fargli prendere una inevitabile decisione: alla prima occasione buona, diserterà.
È la vigilia di Natale ("
Christmas Eve/Sarajevo 12/24"), Serdjan e Katrina puntualmente si fermano per ascoltare quel violoncello lontano, che porta un pò di pace in mezzo a tanta bestiale crudeltà, quando il suono si interrompe bruscamente. Temendo il peggio, entrambi scendono dalle colline, poste una di fronte all'altra, ed arrivano nella piazza esattamente nello stesso momento. I due ragazzi si vedono per la prima volta, e capiscono da un semplice sguardo di trovarsi lì per la medesima ragione.
Nonostante le rispettive divise antagoniste, combattere fra loro è l'ultima cosa a cui pensano: infatti la loro attenzione è rivolta tutta verso quel vecchio. Il suo corpo è riverso nella neve, la faccia è ricoperta di sangue, ed il suo strumento "celestiale" è stato distrutto. Dal cielo, totalmente senza nuvole, piove una goccia che va ad adagiarsi delicatamente sulla guancia dell'uomo: Serdjan guarda in alto, e si accorge che quella lacrima proviene dal gargoyle della chiesa.
Sopraffatto dagli avvenimenti, il giovane decide che è finalmente giunto il momento di abbandonare quella follia, e chiede a Katrina di seguirlo, spiegandole che quell'uniforme serba non lo rappresenta più ("
Not What You See", assolo di
Al Pitrelli quasi insostenibile per pathos e drammaticità). Ed entrambi se ne vanno, inghiottiti dal buio della notte.
Musicalmente e stilisticamente, "
Dead Winter Dead" è l'album che introduce all'avventura della
Trans Siberian Orchestra di Jon Oliva e
Paul O'Neil, grazie all'inaspettato airplay goduto da "Christmas Eve/Sarajevo 24/12".
Il brano genera una sorta di isteria collettiva negli States, "obbligando" di fatto il simbiotico duo a concentrare i loro sforzi in un progetto destinato a rivelarsi un successo clamoroso. Dire che è pienamente meritato risulta persino riduttivo.