Vision Divine - 9 Degrees West of the Moon

Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2009
Durata:60 min.
Etichetta:Frontiers Records
Distribuzione:Frontiers Records

Tracklist

  1. LETTER TO MY CHILD NEVER BORN
  2. VIOLET LONELINESS
  3. FADING SHADOW
  4. ANGELS IN DISGUISE
  5. THE KILLING SPEED OF TIME
  6. THE STREETS OF LAUDOMIA
  7. FLY
  8. OUT IN OPEN SPACE
  9. 9 DEGREES WEST OF THE MOON
  10. A TOUCH OF EVIL
  11. FADING SHADOW (DEMO VERSION)

Line up

  • Fabio Lione: vocals
  • Olaf Thörsen: guitar
  • Cristiano Bertocchi: bass
  • Federico Puleri: guitar
  • Alessio "Tom" Lucatti: keyboards
  • Alessandro "Bix" Bissa: drums

Voto medio utenti

Questa volta devo proprio cospargermi il capo di cenere. All'indomani della dipartita di Michele Luppi dai Vision Divine e dell'annuncio del ritorno in pianta stabile di Fabio Lione, avevo immediatamente abbandonato la causa di questa band. Il sottoscritto ricordava infatti più che bene i primi due dischi del gruppo di Olaf Thorsen, usciti quando ancora il chitarrista toscano militava nei Labyrinth e i Vision sembravano più un pretesto per sfruttare al meglio la pazzesca esplosione del power metal, piuttosto che l'inizio di un nuovo percorso artistico. Ci è voluto il terzo lavoro, quello “Stream of consciousness” da molti ritenuti il loro capolavoro (a me piace uscire dal coro e voto il successivo “The perfect machine”), per far capire chi fossero davvero i Vision Divine.
L'ingresso di Lione avrebbe lasciato intatto cotanto splendore? Pareva di no, soprattutto a giudicare dalla pessima prestazione offerta dalla band al Rockin' Field di quest'estate. E invece... succede quello che non ti aspetti. “9 degrees west of the moon” (titolo suggestivo, che rivela un concept lirico ancora una volta non banale e interessante) è forse il più bel disco dei Vision Divine. Non il più bello dopo “The perfect machine”, ma proprio il più bello in assoluto. Ci vorrà forse ancora del tempo per affermarlo con certezza, ma sin da ora possiamo dire che Thorsen a compagni non sono tornati indietro, non si sono rifugiati nella comoda formula di un power metal semplice e lineare, magari andando ad abbracciare quei fan rimasti a bocca asciutta dopo la pausa forzata dei Rhapsody. I nove pezzi confezionati dai nostri sono infatti la naturale prosecuzione del discorso iniziato con “Stream...” e presentano un metal in cui la bellezza e l'immediatezza di certe melodie convivono a meraviglia con le ritmiche aggressive e le strutture intricate, quasi prog, di certi passaggi. Un disco caleidoscopico, che vive di diverse influenze senza sposarne nessuna in particolare, un disco per nulla etichettabile con facili formule, e che sembra animato unicamente dalla passione che questi ragazzi nutrono per la musica vera, quella che va dritta al cuore e al cervello e se ne fotte altamente dei trend e dei ragazzini con gli ipod.
Così ecco “Letter to my child never born”, un assalto frontale in pieno stile Vision Divine, con la chitarra di Olaf Thorsen a macinare riff inarrestabili, e la voce di Fabio Lione a prodursi in un ritornello stratosferico, che conferma per l'ennesima volta l'abitudine di questa band a partire col botto (gli opener dei precedenti tre dischi erano tutti dei capolavori). Segue “Violet Loneliness” e arriva la sorpresa di ritrovare immutate quelle influenze AOR che erano diventate una costante dei lavori con Luppi alla voce. Allora forse c'è del vero, nella teoria che vuole il singer non così determinante nei corsi e trascorsi del gruppo (vedi l'imminente intervista per ulteriori delucidazioni). Con “Fading shadow” si ritorna su lidi più potenti, con Fabio che si produce in linee vocali per nulla immediate ma dannatamente efficaci. “Angels in disguise” è invece una meravigliosa ballata (ma la sminuiremmo a chiamarla così) dal sapore prog, in cui le tastiere risultano in primo piano e dove ancora una volta Fabio si produce in una performance di serie A. Non c'è alcun dubbio: la maturità e la versatilità mostrate dalla sua voce in questo album hanno del miracoloso. Evidentemente l'immobilismo compositivo del duo Turilli/Staropoli non gli dava la possibilità di esprimersi al meglio ma qui risulta addirittura superlativo.
Se “The killing speed of time” mostra influenze quasi thrash alle quali non eravamo abituati (incredibile le vocals “sporche” di Lione), l'accoppiata “The streets of Laudomia” e “Fly” sembra fatta apposta per rassicurare i fan, con melodie ariose e meravigliosamente class metal; qui “God is dead” incontra “Versions of the same”, ma siamo ben lontani dall'autocitazione! “Out in open space” è un bel mid tempo energico, ancora una volta supportato dall'intreccio di chitarra e tastiera, impreziosito da un ritornello tanto per cambiare vincente. La title track è invece un piccolo gioiellino di atmosfera, toccante e delicata ballad pianistica in crescendo, con Fabio Lione ancora una volta sugli scudi. Bellissima, ma in modo diverso da “Identities”, più intimista e crepuscolare, se questi due aggettivi possono essere usati per descrivere una song.
Infine, buttata lì quasi con noncuranza, una sorprendente versione di “A touch of evil”, un pezzo poco conosciuto di una oscura band britannica che dicono abbia fatto la storia del metal... per la verità non ci sono differenze con la versione originale, salvo che i suoni sono quelli dei Vision Divine e la voce quella di Fabio (che se la cava egregiamente, anche se comprensibilmente non raggiunge i livelli del pelato borchiato).
Che dire? Non so se a dicembre inserirò questo album nella mia personale “top five” del 2009, ma per ora è candidato in pieno. Adesso posso proprio gridarlo a squarciagola: i Vision Divine sono una delle più belle realtà del metal contemporaneo Se vi definite fan dell'heavy metal non potete non comprare questo disco! Per quanto mi riguarda, non mi resta che attenderli al varco dal vivo, sperando che anche in questa sede riescano a fare faville...
Recensione a cura di Luca Franceschini
Dal vivo...

Suonato dal vivo ho capito l'importanza di questo disco per la band, altra strada, altra Musica.

Bho......

Non e' male come album possiede pregi e difetti. ma paragonarlo a The 25th Hour o Stream of Consciousness e' eresia!

mah

incongruente e dispersivo, un cd che tenta la strada del capolavoro senza riuscirci, direi inutile e inconcludente. P.S. il ritorno di Fabio al microfono è stata una mazzata incredibile che ha contribuito massicciamente a questo disastro discografico

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 18 set 2010 alle 13:23

che dire? registrazione insufficiente.....è davvero un cd del 2009? ha bisogno di troppi ascolti per farsi piacere potevano fare di meglio ;)

Inserito il 13 lug 2010 alle 21:32

I vibrati alla Dodi Battaglia... huahauha... Grande Pippo!!! Cmq, a mio avviso, più che altro sembra che Lione non abbia più idee in quanto a linee vocali...

Inserito il 30 gen 2009 alle 22:36

Michelle ci manchi.........

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