"Black Jack" dei Testament, perchè è da apprezzare

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Pubblicato il:09/05/2022
Dal 1983, anno di formazione dei Testament, ad oggi, la band americana di thrash metal non ha smesso di produrre ottimi pezzi ed album di una certa qualità. Certo non si ritrovano più quelle sonorità che ha l’album "Practice What You Preach" del 1989 che aveva conferito un enorme successo commerciale alla band, ma anche gli ultimi due dischi "Brotherhood of the Snake" e "Titans of Creation", rispettivamente del 2016 e del 2020, sono un grande contributo al mondo metal. In particolare c’è un pezzo dei Testament che ha delle lyrics e un'eco di ciò che Chuck Billy & Co. erano sul finire degli anni ‘80. Si chiama "Black Jack" ed è la settima traccia dell’album "Brotherhood of the Snake", scopriamolo insieme. 

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Eric Peterson e Alex Skolnick sulle ritmiche di tutto l’album

L’album "Brotherhood of the Snake" è ispirato alle società segrete e, come afferma lo stesso Peterson alla vigilia del lancio dell’album, lo stesso illustratore della copertina Eliran Kantor ha dovuto approfondire l’argomento dell’occultismo per poter mettere sulla carta questi concetti. Ma passiamo a "Black Jack", nome che molti conoscono ovviamente per il celebre gioco d’azzardo e di live casino che richiede una certa abilità, che sia in una saletta fisica o con un croupier che trasmette live online.

Il pezzo è ovviamente un omaggio al gioco, ma c’è un perché e c’è un perché anche per la posizione che ha la canzone dell’album, al numero sette. Questa è una traccia che ha diviso la critica, molti pensano che non leghi bene con il resto dell’album, altri invece ritengono che il trasformismo all’interno della stessa canzone renda omaggio alle capacità ritmiche e musicali di Steve DiGiorgio, Peterson e Skolnick.

In realtà "Black Jack" è una continua evoluzione di armonia, ma anche di assalti e può essere considerata un’opera d’arte nell’opera d’arte. Nei suoi circa 4:20 minuti si prende la responsabilità di rappresentare il giusto prosieguo della spettacolare "Fall of Sipledome", traccia che chiude insieme a "Hammer of the Gods" lo storico album "The Gathering" del 1999. Inoltre viene posizionata esattamente in successione del brano più “ragionato” e meno lungo dell’album "Brotherhood of the Snake", e cioè "Centuries of Suffering", ed è proprio così che i Testament riescono a disorientare, e creare discontinuità, scopo che ogni band metal vuole perseguire.

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Il testo: vera e propria poesia con la metafora del gioco

Il gioco, d’azzardo o meno, è spesso stato utilizzato dall’uomo per creare metafore sulla vita e sull’andamento di alcune dinamiche sociali, professionali o amorose. In tal caso i Testament non fanno da meno, e il testo dell’intramontabile Chuck Billy è pura emozione. Il riferimento al riso, o meglio definito dal cantante “ghigno”, del Jolly è un dettaglio che si fa apprezzare, mentre la musica continua incalzante con Di Giorgio che continua a sfornare lampi di classe. Ma è soprattutto l’incipit del brano che è poesia vera, e al contempo una descrizione cinica della vita stessa. Chuck Billy scrive infatti nella prima strofa: 

Life, dismantle your life piece by piece 
Winning the hand while still losing the bet
Even with an Ace up your sleeve
” 

Che, tradotta in italiano, vuol dire: 

"La vita, smantellala pezzo dopo pezzo
Vincendo la mano mentre stai perdendo la scommessa
Anche con un Asso nella manica
".
Articolo a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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