Monografia Octinomos

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Pubblicato il:30/04/2025
MONOGRAFIA OCTINOMOS


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Octinomos è una Black metal band svedese formata nel 1994 a Linköping. Il progetto è stato fondato da Fredrik Söderlund, noto anche per il suo lavoro con i Puissance – che poco hanno a che vedere con la fiamma nera – e i Parnassus.
Söderlund ha da sempre gestito la maggior parte degli strumenti e delle registrazioni, mentre Mårten Björkman, accreditato in formazione, ha contribuito alle produzioni dei vari lavori e alle linee vocali del terzo LP – in realtà può essere considerato il secondo, come vedremo in seguito – “Welcome to My Planet” del 1999.

Gli Octinomos, così come i Parnassus e molti altri progetti minori di quegli anni, non hanno mai inciso un vero e proprio capolavoro, tuttavia i tre album da loro dati alle stampe rappresentano delle ottime manifestazioni dell’immortale declinazione della fiamma nera che da sempre esercita il suo imperio in terra svedese, e, ascoltandole tutt’oggi, appaiono ancora attuali. Inoltre, anche volendole contestualizzare storicamente non sono poi così inferiori alle grandi releases del genere, e neanche poi così in ritardo; soprattutto se guardiamo alla Svezia (in Norvegia, al contrario, nel ’95/’96, salvo felici eccezioni, si era già pervenuti alla massima espressione artistica del genere).
Il primo LP del gruppo, l’omonimo Octinomos, risale al 1995, dunque un anno prima di “The Secrets of the Black Arts” dei Dark Funeral e di “Nord…” dei Setherial, anche se entrambe le band avevano già rilasciato delle piccole uscite (EP nel caso dei primi, nel ‘94; e demo nel ’94, ed EP nel ‘95, per i Setherial).
Al di là dei Marduk – il cui debutto risale al lontano ’92 – non erano in realtà così numerosi i nomi in Svezia che dopo i Bathory avessero già rilasciato dischi Black metal. Si deve guardare ai Dissection e al loro debutto del ’93, “The Somberlain”, e nel ’95, stesso anno di "Octinomos", il secondo e iconico masterpiece “Storm of the Light's Bane”. Poi vi era stato nel ’94 il primo dei Dawn per esempio, ma in ogni caso siamo su frequenze a cavallo tra Death e Black, non Black metal nella sua essenza più pura.

Adesso inoltriamoci con mano sicura, benché senza altri eccessi di prolissità, nella breve e intensa discografia degli Octinomos. Lo scopo di tale monografia, così come di altri progetti che seguiranno, è quello di portare alla luce il sommerso dell’arte oscura, che, talvolta per una qualità lievemente inferiore, tal altra per una semplice contingenza sfortunata, non è riuscito ad avere la considerazione che avrebbe meritato.

"Octinomos" (1995)


Label: Infortunium Records

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Il debutto omonimo del gruppo – preceduto da un paio di demo ('94,'95) – è un disco violento dal classico sound old school sporco e lo-fi, pur senza gli eccessi delle derive propriamente raw, in quanto tutti i suoi elementi risultano ben riconoscibili presentando molteplici sfumature – melodie e armonie – che rendono più particolare la proposta degli Octinomos.

Oltre all’influenza delle prime realtà norvegesi – tra cui gli Emperor – coi suoi riffs taglienti e i blast beats incessanti, il debut degli Octinomos presenta notevoli influenze dei Marduk – quelli delle fasi più “melodiche” – e, come prevedibile, dei Dissection, contenendo tutta una serie di armonizzazioni e di sottili accenni sinfonici emergenti tra le varie tempeste di chitarra. Un disco che, pur mostrando una maggiore graniticità, possiede sicuramente molteplici punti di contatto con quanto fatto da Fredrik Söderlund con i suoi Parnassus – i quali debuttavano nel medesimo anno con “In Doloriam Gloria” (1995).
Nonostante non si tratti di un disco innovativo, come abbiamo visto non era neanche poi così anacronistico, anzi il contrario, e, fermo restando alcune indecisioni compositive e dei frangenti – soprattutto in termini di guitarwork – un po’ scontati, rappresenta un esempio solido di quello che era il Black metal svedese degli anni ’90. Indubbiamente un prodotto meritevole di essere recuperato e che ancor oggi può essere in grado di far gioire gli amanti più accaniti del genere.


Voto: 7,5




"On the Demiurge" (1996)


Label: Infortunium Records

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In realtà, seppur accreditato come secondo full-length del gruppo, rappresenta più una riedizione della loro prima opera sotto un formato diverso, con qualche piccola modifica ed aggiunta.
Nella fattispecie, se non mi sono ingannato in fase di reperimento delle informazioni (cosa per niente facile in questo caso) e di analisi del disco, le differenze tra “Octinomos” (1995) e “On the Demiurge” (1996) consistono perlopiù in una leggera alterazione della sequenza e della suddivisione dei brani, oltreché nell’aggiunta di tre tracce finali, ovvero “Star of the Apocalypse”, “Les nuit fauvres” ed "Outro".

Senza voto




"Welcome to My Planet" (1999)


Label: Baphomet Records

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Con “Welcome to My Planet”, gli Octinomos sfiorano il capolavoro, pur essendo questo un platter dal valore storico pressoché nullo, visto e considerato che nel ’99 era realmente già uscito tutto ciò che vi era di rivoluzionario.
Qui Söderlund introduce un approccio più dinamico, inserendo elementi epici nel proprio sound e una vena melodica coesistente con una brutalità quasi più efferata degli esordi, richiamando assai da vicino quanto avevano strutturato i Dark Funeral nei medesimi anni.
L’album alterna momenti di furia distruttiva, come in “Nuclear Blitz”, a parti più atmosferiche – pur prediligendo la velocità – e monocromatiche, che presentano perfino un certo afflato mistico; come si può avvertire ascoltando “Divine Terror” dove, per certi aspetti, in specifici momenti, la memoria si accosta alle soluzioni magiche dei primi Setherial: anche per via di una produzione leggermente confusa e ovattata realmente caratteristica di quel tipo di Black metal.

Questo album rappresenta il punto più alto della carriera della band: in quanto, lo ribadiamo, pur preservando la brutalità dei primi lavori, denota una maggiore maturità nella scrittura e una migliore gestione delle dinamiche tra le tracce.

Voto 9




"Fuckhole Armageddon" (2001)


Label: Merciless Records

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Ultimo LP del gruppo – di cui allo stato attuale non si ha più notizia alcuna – “Fuckhole Armageddon” è il capitolo più distruttivo della loro discografia. Il disco presenta una produzione maggiormente nitida rispetto ai suoi predecessori, bensì con una dose di aggressività primordiale più intensa di qualsiasi altra cosa avessero prodotto in quegli anni, rappresentando sicuramente uno dei capitoli più crudi e violenti della storia dell'arte oscura svedese.

I riffs si scagliano caotici come non mai, e le strutture delle canzoni accentuano un senso di apocalisse imminente, puntando quasi tutto sulla velocità.
Un album che potrebbe essere interpretato come una sintesi tra gli episodi più duri dei Dark Funeral e la rivoluzione, in termini di violenza, operata due anni prima dai Marduk con “Panzer Division Marduk” (1999): ovvero il “Reign in Blood” della fiamma nera.
Un'opera vocata al nichilismo e alla ferocia senza compromessi, sia in termini sonori che di liriche, le quali esplorano temi apocalittici con sfumature d’attualità (leggasi disastri nucleari), utilizzando toni blasfemi, ironici e dissacranti.

Voto 8,5

Articolo a cura di DiX88

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