(22 aprile 2017) Iron Maiden, Anversa, 22 aprile 2017

Info

Provincia:non disponibile
Costo:57 euro
Mumble, mumble… dov’eravamo rimasti?
Ah già! Alla tripletta tricolore del luglio scorso (Milano, Roma, Trieste), e più in generale ad un tour, quello dedicato all’ultimo parto discografico della Vergine -scritta così suona piuttosto paradossale-, rivelatosi un enorme successo in termini di pubblico e critica.
Inevitabile, quindi, che i Nostri varassero una nuova tranche, con un occhio di riguardo all’albionica madrepatria, bistrattata anzichenò nel corso del 2016.
A questo giro, ahimè, niente Belpaese, ma la data inaugurale in quel di Anversa s’incastra in modo addirittura malizioso col ponte del 25 aprile… e quindi eccomi qui!

Mi reco con discreto anticipo all’ingresso dell’enorme Sportpaleis, ma il colpo d’occhio, quanto ad affluenza, è già notevole.
Lo stesso può dirsi della gentilezza dimostrata dal personale di sicurezza che, per sopraggiunte complicazioni fisiche occorse alla mia consorte, ci accorda di buon grado, nonostante i biglietti per la platea, un posto a sedere sugli spalti laterali.
Mi accomodo quindi in una posizione di estrema destra (sia chiaro: rispetto al palco, non politicamente) giusto in tempo per assistere all’esibizione degli apripista…

SHINEDOWN
Gli statunitensi, sin dalle prime battute dell’opening track “Adrenaline”, mettono in mostra un piglio decisamente energico e teso alla spasmodica ricerca di coinvolgimento di un’audience già folta ma ancora assopita (si sa, del resto, che la gente da quelle parti tende a mantenere approcci piuttosto compassati).

L’obiettivo di smuovere gli astanti viene tutto sommato raggiunto, anche grazie al groove sprigionato da brani come “Enemies”, “Cut the Cord” o “Diamond Eyes (Boom-Lay Boom-Lay Boom)” e ai chorus spaccacrapa di “How did you Love” e della conclusiva “Sound of Madness”.
Un bel boost al fattore coinvolgimento viene senz’altro fornito dal baldo Brent Smith, che si sbatte come un tarantolato dal primo all’ultimo istante dimostrandosi, oltre che singer perfetto per il genere proposto, anche frontman scafato.

Se proprio devo dirla tutta, anche quest’oggi la proposta del combo a stelle e strisce suona poco affascinante alle mie orecchie da vecchio metallaro retrogrado. Tanto che, nonostante uno show di alto livello, e a differenza di quanto accaduto con molti altri gruppi spalla in passato, non percepisco affatto l’esigenza di approfondire la loro discografia.
D’altra parte, che volete mai: quando ci sono i Maiden di mezzo non ho occhi che per loro…

Maiden che non si fanno certo attendere: dopo i classici 45 minuti di preparativi, l’immancabile intro “Doctor Doctor” ed un nuovo filmato in CGI (forse meglio il precedente, con l’Ed Force One protagonista, ma d’altra parte per queste date europee l’aereo è stato messo in naftalina), ecco aprirsi un nuovo capitolo del libro delle anime…

IRON MAIDEN
Bisogna ammetterlo: se all’inizio avevo accolto con un pelo di diffidenza l’inusuale posizione da cui assisto allo show, dopo la doppietta d’apertura “If Eternity Should Fail” e “Speed of Light” comincio a flirtare con l’idea di averci addirittura guadagnato.

In fondo, si tratta di uno spettacolo cui assisto per la sesta volta stasera (oltre alle tre date italiane di cui sopra, mi ero concesso anche New York e Vienna), e vivo quindi l’angolo prospettico fortemente laterale come un refolo di aria fresca. Angolo prospettico in grado, peraltro, di svelare dettagli di contorno preziosi per un fan imbevuto di nerdismo come il sottoscritto.
Così, mentre ascolto in estasi il roboante incedere di brani immortali come “Children of the Damned” o “Powerslave” -come sempre tra le esecuzioni più riuscite-, mi ritrovo spesso intento ad osservare il lavoro dei roadies dietro le quinte, la preparazione degli strumenti, il regista alla destra del palco intento a scegliere le inquadrature che finiranno sui maxi schermi… niente male.

Sempre in tema di discontinuità: trattandosi di prima data, si attendono modifiche nella scaletta, no?
Direi "ni": qualsiasi cultore della Vergine degno di tale qualifica sa fin troppo bene che non è lecito attendersi stravolgimenti epocali (niente “Empire of the Clouds”, per dire). I Nostri non si smentiscono: giusto qualche minuscola variazione nell’ordine delle canzoni, “Wratchild” –da anni ormai assurta al ruolo di tappabuchi live per ogni stagione ed evenienza- al posto di “Tears of a Clown” e la nuova “The Great Unknown” che succede ad “Hallowed be thy Name”.

Dai su, smettetela di mugugnare: ovvio che, se ci limitiamo ad una comparazione strettamente qualitativa dei due brani, non ne usciamo vivi. Al tempo stesso, occorre ricordare che la miglior –almeno a mio avviso- canzone della storia del metal era già stata accantonata anni addietro per le difficoltà vocali che presentava. Era stato lo stesso Bruce, cocciuto come suo solito, a chiederne il ripescaggio… salvo poi, evidentemente, pentirsene.
Ciò detto, si può comunque discutere sull’avvicendamento con un altro pezzo tutt’altro che agevole dal punto di vista canoro (il bridge in particolare); senza contare che, volendo proprio pescare dall'ultimogenito, si sarebbe forse fatta preferire “Shadows of the Valley”…
Tant’è. Resta il fatto che sentire un brano suonato per la prima volta in assoluto dal vivo fa sempre piacere, nonostante qualche piccola sbavatura proprio di Dickinson, comunque fantastico a livello di prestazione complessiva (nonostante il raffreddore che stasera lo affligge).

A proposito di prestazioni, non resta che inchinarsi di fronte a quella fornita dai sei inglesi: travolgenti, generosi, precisi… Una macchina da guerra perfettamente oliata che si scatena tanto durante l’esecuzione dei classici (“The Trooper”, accolta con un’autentica ovazione, su tutte) quanto in occasione degli episodi più recenti (penso ad una “The Book of Souls” da antologia).
Per essere una prima tappa, filano particolarmente lisci anche gli aspetti più squisitamente tecnici: ottima la resa dei suoni (per quanto dalle mie parti le chitarre giungano un po’ fioche), impianto luci, backdrops ed apparizioni della mascotte Eddie funzionano senza intoppi… un inizio coi fiocchi, sotto tutti i punti di vista.

Peccato che per me, una volta portati a termine i bis (con una “Wasted Years” davvero ben riuscita), il libro delle anime si chiuda definitivamente.
Mentre Nicko lancia bacchette e polsini in giro mi rendo conto che, per quest'anno, non avrò più appuntamenti con la Vergine. Non resta che attendere un nuovo tour e, chissà, un nuovo album nel 2018.

Vedremo. Oggi non rimane che unirsi al resto del pubblico, ed applaudire convintamente all’ennesima dimostrazione di eccellenza in sede live da parte di una band che non vuole saperne di abdicare al trono del metal.
Lunga vita al Re!

SHINEDOWN setlist:
1- Adrenaline
2- Fly from the Inside
3- Diamond Eyes (Boom-Lay Boom-Lay Boom)
4- How did you Love
5- Unity
6- Enemies
7- Second Chance
8- Cut the Cord
9- Sound of Madness

IRON MAIDEN setlist:
1- If Eternity Should Fail
2- Speed of Light
3- Wratchild
4- Children of the Damned
5- Death or Glory
6- The Red and the Black
7- The Trooper
8- Powerslave
9- The Great Unknown
10- The Book of Souls
11- Fear of the Dark
12- Iron Maiden
Encore:
13- The Number of the Beast
14- Blood Brothers
15- Wasted Years
Report a cura di Marco Cafo Caforio

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 28 apr 2017 alle 15:41

Londra arrivo!!!!

Inserito il 28 apr 2017 alle 11:51

Grazie mille per la dritta Marco, provvedo senz'altro!

Inserito il 28 apr 2017 alle 10:07

ottima rece, si vede la passione che guida il ns Marco! Tuttavia, mi permetto di consigliarti l'approfondimento musicale degli Shinedown, una delle formazioni recenti più interessanti Ps: da buon metallaro "vecchia scuola", ascolta la song Devour (stranamente assente dalla loro setlist)....