(15 gennaio 2025) Dark Funeral + Fleshgod Apocalypse + Ex Deo + Kami No Ikari @ Live Music Club, Trezzo sull'Adda

Info

Provincia:MI
Costo:43,07 euro
Eccomi qui, nonostante un intempestivo incidente all’uscita del casello, in perfetto orario al Live. Le danze iniziano decisamente prestino stasera, alle 18.00 in punto, con una compagine transalpina a me quasi del tutto ignota…

KAMI NO IKARI
Outfit coordinati, frontman capace e dinamico, suoni tutto sommato già accettabili ed una miscela musicale dall’innegabile impatto live.
Queste le credenziali con cui i Kami no Ikari si presentano in quel di Trezzo, forti di composizioni di chiara impronta deathcore -forse un pelino troppo *core per i gusti da matusa di chi scrive-, su cui i Nostri innestano coi corretti dosaggi elementi sinfonici, groove e rallentamenti spezzacollo.

Nonostante le coordinate non perfettamente tarate su quelle delle band che seguiranno, il pubblico -ancora ovviamente sparuto- dimostra di apprezzare; aiutano senz’altro una possente sezione ritmica e le linee vocali, sovente catchy, all’altezza dei chorus, fondamentali per entrare in sintonia con brani che pressoché nessuno dei presenti conosce.

Applausi convinti al termine dell’esibizione, che archiviamo senza particolari patemi come positiva.
Gustoso antipasto.

EX DEO
Si inizia a fare sul serio con gli Ex Deo, anche se i famigerati outfit da legionari lascerebbero intendere altrimenti… si scherza ovviamente, absit iniuria verbis (tanto per rimanere in tema di latinismi)!

In realtà gli statunitensi, elementi scenici a parte, si dimostrano da subito falange letale e compatta; proprio la compattezza granitica ed impenetrabile del sound, alle mie orecchie, risulta essere il maggior pregio. Compattezza vieppiù corroborata da un impianto lirico immancabilmente legato all'Impero Romano; un immaginario, come ben sappiamo, zeppo di guerre, tradimenti, congiure e violenza... perfetto, dunque, per una band death metal.

Un death metal, quello dei Nostri, possente, sinfonico ma non troppo, epico ma senza sbrodolate, sempre controllato nei ritmi, che funziona eccome in sede live.
Un plauso va anche al “nostro” Maurizio Iacono, dotato di un growling stentoreo e fiero; da lodare, poi, il ricorso sobrio e moderato all’italico idioma, tra un brano e l’altro, per elemosinare captatio benevolentiae. Bene così: il consenso si ottiene attraverso la prestazione musicale, che è stata senz’altro degna di nota.

Così, episodi pregevoli come l’iniziale “Imperator” e “Cato Major: Carthago delenda est!” riescono ad accendere gli animi; anche “Vespasian”, composizione presente sul nuovissimo EPYear of the Four Emperors”, riscuote la giusta dose di approvazione.
Tocca infine a “I, Caligvla” ed alla trascinante “Romulus” concludere il set nel modo migliore possibile.
Ave, Ex Deo, morituri te salutant.

FLESHGOD APOCALYPSE
Ben ritrovati.
Dopo la splendida -benché un po’ umida- prestazione al Metal Park dello scorso luglio, sono lieto di assistere nuovamente ad una esibizione dell’italica compagine, che allestisce un palco davvero suggestivo e “intimo”, con tanto di candele e luci soffuse.
Nessuno si allarmi però: nonostante la scenografia, ed il delicato incipit di “Ode to Art (de' Sepolcri)”, sta per scatenarsi il consueto, delizioso massacro sonoro…

Tocca all’ormai imprescindibile “I Can Never Die” aprire le ostilità, e da subito emerge il mostruoso stato di forma dei musicisti, così come il loro affiatamento; parliamo davvero di una formazione precisa e oliata, che sembra essersi messa definitivamente alle spalle i cambi di line up.
Francesco Paoli e Veronica Bordacchini si alternano al microfono con risultati eccellenti (ottima anche la presenza scenica), ma in generale tutti colpiscono in positivo; peccato solo che, almeno dalle mie parti, pianoforte e chitarra fatichino ad imporsi nel mix -peccato davvero, perché osservare Fabio Bartoletti alle prese con le ritmiche è un piacere per gli occhi-.

Piccole recriminazioni a parte, la macchina da guerra Fleshgod Apocalypse avanza implacabile, sbriciolando ogni resistenza grazie a sontuose composizioni del calibro di “Sugar” e “Minotaur (The Wrath of Poseidon)”.
Va rilevato poi, per amor di verità, che “Bloodclock” e “Pendulum”, estratti del nuovo “Opera”, non sfigurano affatto a fianco delle classiche “The Fool” e “The Violation” (su cui, peraltro, il drummer Eugene Ryabchenko regala gioie a non finire), a dimostrazione dello stato di forma, anche compositivo, che grazia i Nostri.

Per quanto mi riguarda non rimane granché da dire: le mire sinfoniche e la magniloquenza a tratti pomposa della loro miscela sonora potrà non incontrare il gusto di tutti, ma al netto di ciò mi sembra innegabile che si discuta di uno dei migliori gruppi metal della storia del nostro Paese, tanto a livello discografico quanto sulle assi di un palco.
Mi raccomando, non perdiamoci di vista.

DARK FUNERAL
Ricordo ancora l’acquisto, nell’ormai preistorico anno di grazia 1996, del folgorante esordio dei Dark Funeral.
Il mio negozietto di fiducia (ormai ovviamente stra-chiuso, con annessa lacrimuccia da boomer), in quel magnifico periodo di scoperte musicali, mi aveva iniziato al black metal attraverso copertine così suggestive e così… blu.
In the Nightside Eclipse”, “Far Away from the Sun”, “Storm of the Light’s Bane”, “The Principle of Evil Made Flesh”… e per l’appunto, “The Secrets of the Black Arts”.

Ok, mi fermo prima di venir sopraffatto dalla nostalgia, anche perché il punto del discorso voleva essere un altro: nonostante segua la compagine svedese in modo assiduo e continuativo da quasi 30 anni ormai, le nostre strade in sede live si incrociano per la prima volta stasera.
Il livello di attesa dunque, quando a 21.15 si spengono le luci, è ragguardevole. L’intro atmosferica non fa che fomentare ulteriormente gli animi, che trovano sfogo con l’attacco di “Nosferatu”, primo estratto del recente “We Are the Apocalypse” -oltre che traccia di notevole attualità, in considerazione dell’ottimo remake cinematografico a firma Robert Eggers-.

Prima considerazione: i volumi si palesano da subito come piuttosto bassini, microfono in primis, ma verranno aggiustati in corso di causa.
Seconda considerazione: credo che il dialogo tra il tour manager e la band si sia potuto svolgere grosso modo così:
Tour manager: “Allora cari Dark Funeral, quanto fumo volete sul palco?”
Dark Funeral: “Sì”.

Va bene la vicinanza con la nebbiosa Milano, va bene l’alone di mistero, ma a memoria non ricordo un uso talmente smodato -azzarderei quasi l’aggettivo “incontrollato”- delle macchine del fumo ad un concerto.
Niente di grave comunque sia: una volta abituati gli occhi a scorgere delle vaghe ed indistinte figure dietro il muro di foschia, ci accorgiamo che il concerto sta procedendo a gonfie vele.

I Nostri, forti di una discografia ormai folta, saltano con disinvoltura da un’epoca all’altra, mantenendo un tiro micidiale e una notevole ferocia esecutiva.
Il corpse paint di Lord Ahriman e soci fa ancora la sua figura, ed in qualche modo maschera -in senso figurato e non- un certo immobilismo dei musicisti, comunque ampiamente giustificato alla luce del genere di riferimento.
Buona parte della presenza scenica, comunque sia, è demandata al buon Heljarmadr; nemmeno lui, si badi, zompetta qua e là o interagisce chissà quanto col pubblico, ma carisma e magnetismo paiono innegabili.

Così come innegabile è l’efficacia del suo screaming, pressoché identico, peraltro, a quanto si può ascoltare su disco.
L’intera esibizione, a voler ben vedere, si fonda su versioni dal vivo quanto più possibile sovrapponibili a quelle registrate in uno studio, e per quanto mi riguarda va benissimo così.

Lo show avanza veloce e virtualmente senza soste, tra una “Atrum Regina” ed una “When I’m Gone”, passando per piccoli grandi classici dell’estremo come “The Arrival of Satan's Empire”, tutte portate a termine senza fallo e col convinto sostegno del pubblico.
Certo che, quando tocca ai classiconi, il livello di consenso s’impenna ulteriormente: in questo senso la riproposizione filata dell’intero, leggendario EP d’esordio (1994), costituisce fonte d’inesauribile godimento.

Purtroppo, dopo un’oretta di concerto, siamo già agli sgoccioli, ma d’altro canto siamo a un concerto dei Dark Funeral, e non di Bruce Springsteen...
Let the Devil In” e “Where Shadows Forever Reign”, in ogni caso, riescono nell’intento di accomiatare la compagine senza far scemare l’entusiasmo.

A 22.30, dunque, sono già sulla strada del ritorno, lieto di aver inaugurato la stagione concertistica del neonato 2025 come meglio non si sarebbe potuto.
Open the Gates, Satan!

EX DEO setlist:
Imperator
Cato Major: Carthago delenda est!
The Rise of Hannibal
Vespasian
The Fall of Claudius
I, Caligvla
Romulus


FLESHGOD APOCALYPSE setlist:
Ode to Art (de' Sepolcri)
I Can Never Die
Healing Through War
Sugar
Minotaur (The Wrath of Poseidon)
Bloodclock
The Fool
Pendulum
The Violation


DARK FUNERAL setlist:
Nosferatu
Atrum Regina
To Carve Another Wound
The Arrival of Satan's Empire
When I'm Gone
As One We Shall Conquer
Unchain My Soul
Open the Gates
Shadows Over Transylvania
My Dark Desires
In the Sign of the Horns
Let the Devil In
Where Shadows Forever Reign
Report a cura di Marco Cafo Caforio

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