Con l’ingresso dei
Bathory nel decennio degli anni '90 successe quello che ovviamente era inevitabile, ossia che loro proposta musicale trovasse consenso all’interno della scena musicale, andando inevitabilmente ad influenzare tante altre bands.
Un discorso simile lo si può fare per gli
Enslaved, forse il gruppo che più richiama all’immaginario viking metal, anzi credo sia necessario togliere anche il forse visto che per tutto il decennio questo complesso si è innalzato a vero baluardo, non che pietra di paragone per tutto il movimento.
Gli Enslaved rappresentano senza dubbio il caso più lampante di come la matrice tipicamente black sia confluita in quello che in seguito verrà ribattezzato viking metal.
Gli esordi nel mondo underground non possono che essere chiari, metallo nero in tutto e per tutto. Il discorso si è fatto più complesso con il tempo, stanchi forse di suonare uguali a tutti gli altri hanno avuto la capacità, e l’intelligenza di aprirsi a nuove sonorità ed influenze artistiche, soprattutto per quanto concerne tutto l’apparato lirico delle loro canzoni. Un tipico esempio di quello che sto cercando di dirvi risiede nei testi dei primi dischi, suddivisi fra
norvegese antico,
islandese e ogni tanto
inglese.
Tutti elementi che in alcuni casi trovano riscontro anche nel black, ma è innegabile come acquistino freschezza ed innovazione quando al centro del contesto non via sia il solito satanismo trito e ritrito, ma bensì tutta la mitologia nordica.
Su queste basi vengono pubblicati in ordine temporale tre veri e propri pilastri da cui studiare, una manciata di albums che si sono rivelati imprescindibili per valore artistico, innovazione (almeno nel settore estremo) e qualità, of course. Mi riferisco a "
Vikingligr Veldi" (1994), "
Frost" (1994) ed infine "
Eld" (1997).
Partendo dal primo è subito possibile riscontrare nelle strutture dei riffs la tipica matrice black, ossia un sound tagliente, gelido e a tratti ipnotico, come del resto vale anche per la velocità di esecuzione della sezione ritmica. Ma qualcosa cambia radicalmente quando si fa caso ad esempio alla durata delle canzoni, tutte abbondantemente sopra i dieci minuti di durata, qui cito le varie "
Lifandi Lif Undir Hamri" e "
Midgards Eldar", brani in cui è forte e presente una nuova concezione dell’estremo; il concept del disco è basato interamente sulle leggende nordiche, andando in tal modo a creare un immaginario molto evocativo e particolare ed anche gli arrangiamenti eseguiti con strumenti tradizionali (se ancora non in maniera marcata) donano uno slancio maggiore in questa direzione.
Basta inoltre dare un’occhiata alla copertina, un elmo vichingo, a dispetto delle solite facce pittate in bianco e nero, un segnale che qualcosa è veramente cambiato.
Ma è con i seguenti "Frost" ed "Eld" che le cose prendono una piega definitiva, con il primo elencato si arriva senza dubbio al capolavoro, al disco che ora oggi tanti fans rimpiangono, per certi anche in maniera ossessiva. Ma è lecito visto e considerato che all’interno di "Frost" convivono in modo eccelso le due anime della band, quella più tipicamente black e quella più incline alla “
sperimentazione”.
Una tempesta vera e propria, tutte le canzoni non conoscono momenti di stanca, un turbine di vento e neve che spazza via tutto tramite le varie "Loke", "Fenris", "Yggdrasil" e ci aggiungo pure "Isöders Dronning".
Gli arrangiamenti si fanno più curati e definiti, anche se è sempre presente ancora una marcata struttura più tipicamente black nelle canzoni, ma non potrebbe essere altrimenti.
E’ proprio da questo disco che in tutto l’ambiente heavy metal si è cominciato a parlare di viking come un qualcosa di distaccato ed indipendente, almeno per quello che concerne tutto l’immaginario che si stava creando intorno ad esso: mitiche lo photo session degli Enslaved tutti vestiti da vichinghi.
Con il capitolo successivo, "Eld" avviene un’estremizzazione di tutto quello sino ad ora scritto, lo si può considerare un disco per certi versi progressivo, e da qui infatti prenderà il via una più decisa sperimentazione nella musica della band, che li porterà fino agli attuali albums, dove dal punto di vista musicale saranno molti i rimandi a tutto il periodo del progressive rock anni '70, unito sempre alle tipiche tematiche trattate dalla band, più sperimentali e diluiti quindi.
Tornando ad "Eld" non si può tralasciare l’aspetto più tipicamente tecnico, le canzoni si fanno più articolate e ricche di sfumature, mi riferisco ad esempio a "793 (Slaget Om Lindisfarne)" con i suoi sedici minuti di durata, per poi passare alle varie "For Lenge Siden" e "Kvasirs Blod".
Anche le incursioni in territori estranei all’ambiente metal si fanno più costanti, vengono inglobati strumenti tipici della tradizione norvegese che non fanno altro che rendere la proposta artistica degli Enslaved più dinamica e personale, senza andare a contare il fatto che da qui in poi per molte altre bands sarà segnato l’anno 0 da cui poter prendere ispirazione e dare il via a tutto ciò che ne consegue, ossia la nascita definitiva di un nuovo genere musicale con dei codici ben definiti ed un marasma di gruppi validi, e altrettanto trascurabili, come è ovvio che sia.