Eversin: Il fuoco cammina con loro...

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Rieccoci a parlare degli Eversin, con il loro nuovo album “Trinity: The Annihilation”, e rieccomi nuovamente qui con il loro bassista Ignazio Nicastro, a ricordare come il sound di questa formazione siciliana si sia fatto ancor più violento e come siano evidenti ulterori miglioramenti rispetto al loro passato...

Per il vostro ultimo album l'asticella sembra essersi alzata, e non di poco, vero?
Ahahahah, decisamente… ”TRINITY: THE ANNIHILATION” è di certo il nostro album più violento, ma allo stesso tempo quello più maturo e più compatto. Siamo migliorati molto rispetto al passato, sia per quanto riguarda la fase compositiva che quella esecutiva, cosa che ha dato all’album quel qualcosa in più rispetto ai nostri dischi precedenti, rendendolo praticamente inattaccabile, e privo di sbavature. Siamo i primi critici di noi stessi ma siamo anche i primi fans della band e posso assicurarti che siamo assolutamente soddisfatti sotto tutti i punti di vista di quanto abbiamo fatto con il nuovo album.
"Trinity The Annihilation" è un album che già dal titolo e dalla sua copertina lascia intravedere quali saranno i temi, lirici e musicali, affrontati. Prima di parlare dei singoli brani, volevo chiedervi come mai avete deciso di riferirvi proprio al test di Jornada del Muerto.
Con “Tears on the Face of God” abbiamo trattato la seconda guerra mondiale ed alcune figure dell’epoca davvero in lungo ed in largo. A livello cronologico volevo parlare di un qualcosa di più vicino, senza però abbandonare la tematica dell’autodistruzione umana. Il primo test nucleare ha segnato la nascita di ciò che ad oggi è quanto di più distruttivo l’uomo abbia mai creato. “Trinity” ha segnato il punto di non ritorno, un punto che l’uomo non avrebbe dovuto mai oltrepassare. L’annientamento di cui parliamo nel titolo deve essere visto come un qualcosa che trascende dalla semplice idea di distruzione fisica; ciò che mi preme mettere in risalto non è tanto l’ipotetico annientamento causato dall’uso di un’arma nucleare, bensì l’idea di annientamento e di autodistruzione che sta alla base di tale creazione. Se ci pensi un attimo è un totale abominio.
Eppure anche guardando all'Italia non sarebbero mancate le possibilità di toccare argomenti dal forte impatto, no?
Assolutamente si… basta accendere la TV e guardare un qualsiasi TG per avere dell’ ottimo materiale… Il mondo è in totale caduta libera, la razza umana fa sempre più schifo. Il pianeta di Dio? Morto e sepolto.
A questo punto passerei in rassegna le varie canzoni, come sono nate e di cosa trattano, ma anche eventuali aneddoti e curiosità, come gli inserti parlati o d'effetto, e gli special guests che non sono nuovamente mancati.
Flegellum Dei, di cui sono il compositore, è senza dubbio la canzone più violenta che abbiamo mai pubblicato. Volevo creare un anthem Thrash e senza falsa modestia penso di esserci riuscito. E’ un brano spaccaossa, che racchiude in chiave moderna la violenza, la tecnica e l’impatto del Thrash anni ’90. La prova dei ragazzi è maiuscola, specialmente quella di Angelo e Danilo. Il testo parla dell’attivazione della prima testata nucleare.
Fire Walk with Me, anche questa composta interamente da me è una batosta Thrash molto cadenzata, strumentalmente vicina, se vogliamo, a qualcosa dei Vio-lence. Sul brano nella seconda parte appare il grande James Rivera degli Helstar… Il duetto con Angelo è grandioso. Il testo parla di come, secondo me, l’unico modo per purificare il mondo possa essere… il fuoco.
Chaosborn, il primo singolo è interamente opera di Giangabriele ed è un pezzo di una completezza davvero eccelsa: tecnica, groove, velocità, grandi linee di voce, assoli fantastici… Il testo parla di un personaggio storico che in passato ha messo a ferro e fuoco il mondo.
We will Prevail è un altro brano di Gianga, molto tirato e con una parte centrale davvero mozzafiato. Tecnicamente è abbastanza lineare, ma ha un impatto davvero devastante. Verso la fine Glen Alvelais piazza un assolo bellissimo. Il testo parla di soldati che si ribellano alle ingiustizie promosse da chi teoricamente dovrebbe proteggere i più deboli e farsi portavoce del giusto.
Crown of Nails, anche questa opera di Gianga è prevalentemente un mid tempo anticipato però da una intro epica e da una sfuriata velocissima. E’ un grande brano che spinge davvero ad un headbanging furioso. Verso la fine mi sono dilettato un po’ con qualche growl, cosa che ci sta alla grande. Il testo parla di un altro personaggio storico.
Beneath an Atomic Sun, scritta da Gianga e da me, è forse il brano più particolare del disco, una sorta di incrocio tra i Voivod ed i Testament. E’ impossibile star fermi ascoltando questo pezzo, inoltre ha un ritornello micidiale. Il testo si discosta un po’ dalle tematiche principali, e parla delle tempeste solari e dell’ipotetica discendenza della civiltà umana da una civiltà extraterrestre.
Litanies of War, scritta da me e Gianga, è una mazzata mid tempo con un ritornello molto tirato. Adoro come Danilo ha interpretato il pezzo: semplice ma tecnico e devastante allo stesso tempo. Il testo parla della guerra vista con gli occhi di un religioso.
Trinity, la title track, opera mia di Gianga e di Angelo, è probabilmente il brano migliore che abbiamo mai composto. Ha tutto. Invito tutti ad ascoltarlo attentamente, è un pezzo davvero unico, e la prova dei singoli è strepitosa. Il testo parla appunto, come dicevo precedentemente, dell’idea dell’annientamento e di come l’uomo sia diventato servo della distruzione credendosi un dio nucleare.
Come siete riusciti a coinvolgere James Rivera e Glen Alvelais? C'è stato qualche musicista che vi è "scappato" per un soffio o qualcuno che invece non si è rivelato particolarmente disponibile?
In modo molto semplice: via Facebook. Per la seconda parte di “Fire Walk with Me” sentivamo che era necessaria un tipo di voce molto simile a quello che usa Halford in “Painkiller”. Non potendo contattare lui, ho immediatamente pensato ad uno dei migliori cantanti Metal della storia, cioè James. Io suo stile è unico e riconoscibilissimo e si adatta perfettamente allo spirito della canzone. Dopo averlo contattato su FB gli ho inviato il brano via mail e dopo qualche giorno mi ha risposto che sarebbe stato dei nostri. Siè’ complimentato per il brano e dopo qualche giorno mi ha inviato le sua linee vocali. Non ti nascondo che mi sono emozionato quando ho sentito Rivera cantare i miei testi. Stessa cosa è successa con Glen Alvelais. Sono due persone splendide, umili e grandi. Due come loro potrebbero fare le star e tirarsela, invece sono di una tranquillità e di una gentilezza disarmanti. Per rispondere alla seconda parte della tua domanda posso dirti che in effetti non uno, ma due altri grandi musicisti ci son scappati per un soffio; il primo Jimmy Durkin dei Dark Angel, che inizialmente aveva accettato ma che poi per ragioni di tour ha dovuto rinunciare, il secondo Max Cavalera, non per sua volontà ma per cause contrattuali… Sai che sarebbe successo se avessimo aggiunto questi due mostri a James e Glen???
Per il mastering siete andati sino in Australia da Stu “Hammer” Marshall (ex Dungeon e ora nei Death Dealer) nei suoi Frontier Mastering Studios a Sidney, cosa vi aspettavate... e soprattutto siete soddisfatti?
Siamo molto soddisfatti. Stu ha fatto un lavoro perfetto, e molta della potenza del suono è merito suo. Ci aspettavamo esattamente questo.
Per chiudere la panoramica su "Trinity The Annihilation" non resta che parlare dell’artwork, dal forte impatto e perfettamente integrata con i contenuti musicali, e allo stesso tempo in grado di garantire la continuità con "Tears On The Face Of God".
Abbiamo sempre curato i nostri lavori dalla A alla Z e l’artwork è una parte fondamentale di un disco. La copertina di "TRINITY THE ANNIHILATION" è come una sorta di proseguo di quella di “Tears on the Face of God”, ma differisce nei colori ed in molti altri dettagli. E’ più oscura, più cattiva e descrive esattamente il mood che caratterizza l’intero disco. La cover degli album è la prima cosa che deve affascinare, e non deve essere relegata in secondo piano. Prendi ad esempio “The Final Frontier” dei Maiden: aldilà che il disco sia un fallimento dal punto di vista musicale, già con una copertina di quel tipo l’album perde una marea di punti. Sembra di guardare il cartone animato di Predator…
Venendo invece agli Eversin, sembrerebbe che abbiate superato senza conseguenze qualche tentennamento che aveva messo in dubbio la solidità della vostra line-up, vero?
Tutto risolto. Si è trattato di un momento difficile che in effetti ci ha fatto tremare non poco. Angelo aveva dei problemi e quindi tutti noi ne avevamo. Fortunatamente la cosa appartiene al passato.
Avete previsto un tour di supporto all'uscita del disco, oppure vi limiterete a qualche data mirata... già in passato vi siete tolti qualche soddisfazione, no?
Siamo pronti per volare ad Istanbul e condividere il palco del Rock Off con dei mostri sacri per la seconda volta consecutiva. L’anno scorso abbiamo avuto l’onore di suonare sullo stesso palco dei Megadeth, degli Amon Amarth e dei Gojira (che tra l’altro ci sono anche quest’anno). Adesso ci saranno i Korn, gli Annihilator, i Dark Tranquillity e molti altri.
Il 2016 sarà un po’ più movimentato del 2015 dato che abbiamo già confermato la nostra presenza in 4 festival europei davvero grossi. Faremo gli annunci appena possibile.
Qual è la risposta del pubblico dal vivo, soprattutto ora che avete reso più pesante la vostra proposta musicale?
Davvero entusiasmante. I brani di “Tears…” e soprattutto quelli del nuovo disco dal vivo sono una mazzata paurosa. La gente si diverte e si sbatte dall’inizio alla fine del nostro concerto, cosa che ci da una carica impressionante. Più si scatenano loro, più pestiamo noi… e viceversa.
Invece, voi che pensate ascoltandovi ora e riguardando ai vostri primi passi: siete cambiati parecchio, ve ne rendete conto?
Eccome Sergio, eccome… Penso sia normale per tutte le band cambiare ed evolversi, ma non ti nascondo che la nostra è stata una metamorfosi evolutiva a tutti gli effetti, cosa che tra l’altro è successa in tempi molto brevi, giusto l’arco di due album. “Divina Distopia” è un ottimo disco, lo reputo superiore di una spanna ai dischi dello stesso genere usciti in Italia in quel periodo, ma risentiva troppo dell’influenza dei Fuco Fatuo, e quindi presentava canzoni troppo sperimentali, a volte poco incisive. Con “Tears on the Face of God” è iniziata la metamorfosi di cui ti parlavo. Ci siamo trovati a scrivere musica di un livello davvero superiore rispetto al passato, e tutto senza aver preventivato o studiato per nulla la cosa. Semplicemente abbiamo suonato ciò che ci è venuto più spontaneo. L’ultimo album è quindi il perfetto manifesto di ciò che siamo divenuti in questi brevi 6 -7 anni, ma posso anticiparti che le nuove composizioni, o meglio, gli embrioni delle nuove composizioni, sono già una decina di passi avanti anche alle canzoni che compongono “TRINITY: THE ANNIHILATION”.
E avete idea di dove vorreste arrivare?
Eh… non saprei risponderti precisamente… a me basta che continuiamo a fare buona musica, con passione e credendo in ciò che facciamo, farcendo il tutto con live sempre più devastanti. Il resto si vedrà.
Beh... a questo punto buon “viaggio”!
Grazie mille Sergio per lo spazio e le bellissime parole che hai speso su “TRINITY: THE ANNIHILATION”… A presto.
Intervista a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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