Temperance: in costante evoluzione (Marco Pastorino, Luca Negro)

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Temperance: l’evoluzione costante del nuovo metal italiano

Il metal italiano è più vivo che mai! Un’ulteriore prova di quanto appena asserito ci viene fornita dai nostrani Temperance. A distanza di poco più di un anno circa, la band torna a far parlare di sé con un nuovo album, “The Earth Embraces Us All”, terzo capitolo discografico che segna per il quartetto milanese un ulteriore passo in avanti e una netta maturità artistica che, nel corso degli ultimi anni, lo ha spinti a calcare i palchi più prestigiosi. Una tappa, questa, che poche realtà del paese tricolore è riuscita a raggiungere. In occasione dell’uscita della nuova release, Marco Pastorino e Luca Negro ci raccontano in questa dettagliata intervista la nascita di questo nuovo lavoro.

Ciao e benvenuto su Metal.it! Finalmente ci si vede in veste “ufficiale”. Come va? Tutto bene?
Marco: Tutto bene. Ciao a tutti!
“The Earth Embraces Us All” esce a distanza di un anno circa dal precedente “Limitless”. Come mai la scelta di pubblicare così “frettolosamente” un altro disco? Sentivate di avere ancora molto altro da dire, qualcosa che non avevate espresso pienamente in “Limitless”?
Marco: Quello sì, ma calcola che questo album, anche se è sempre un segreto e non lo diciamo, lo abbiamo scritto tre mesi dopo l’uscita di “Limitless”.
Luca: E’ uscito il secondo disco e avevamo ancora moltissime idee che ci frullavano in testa, moltissime soluzioni che…
Marco: non che avevamo avanzato, cioè siamo partiti da cose tutte nuove. Non abbiamo preso cose vecchie. Noi di solito per ogni disco scriviamo un tot di canzoni e quelle che non utilizziamo, le cestiniamo completamente.
Luca: Era rimasto un impulso per ogni base, sempre dal primo e dal secondo e allora siamo tornati in studio a preparare queste canzoni…
Marco: Sì! Senza avere programmi o altro, abbiamo cominciato, io e Giulio, a scrivere pezzi nuovi e, visto che avevamo un bel po’ di idee, le abbiamo focalizzate tutte a luglio 2015. Abbiamo finito praticamente di scrivere tutto il nuovo disco, a registrare con calma e sai, ci vuole sempre un botto di tempo per mix, il discorso dei testi, il discorso anche grafico, di produzione, il mix, trovare il concept, il master soprattutto… quindi ci vuole sempre un po’ di tempo. Volevamo chiudere questo “cerchio ipotetico” di questo trittico di album di tre in tre anni, per la volontà che avevamo di costruire una setlist che potesse essere molto varia da portare dal vivo.
Luca: Sì, molto eterogenea!
Marco: Una scaletta che potesse racchiudere al 100% ciò che siamo. Con questo nuovo album crediamo di avere proprio, beh tu non lo vedrai stasera perché non ci sarai, ahimé, ma lo vedrai ai prossimi concerti che faremo, una setlist con tanti brani nuovi. Adesso suoniamo un’ora e un quarto, un’ora e venti e la gente vede tutte le sfaccettature di ciò che siamo, quindi la scaletta è proprio ricchissima.
Luca: Una scaletta variabile!
Marco: Sì, quello sì! Quindi adesso possiamo fare mille cose diverse. Dopo aver passato questi tre anni a correre, noi siamo quasi al 100esimo concerto e per una band nuova sono tanti! Tre album in tre anni, adesso vogliamo concentrarci solo ed unicamente sul discorso live: infatti, da adesso per un anno a questa parte suoneremo continuamente, poi non lo so! Magari scriveremo musica nuova, però la nostra priorità adesso è quella di portare in giro questi tre album e promuoverli al meglio ovunque!
Tre album in tre anni sono certamente un impegno grosso. Vi sarete mai aspettati una crescita così costante e repentina?
Marco: No, però guarda… Io credo che la cosa bella che abbiamo noi è che niente era creato a tavolino, no? Ci siamo sentiti di fare quello e abbiamo visto che di album in album la risposta della gente che ha iniziato a seguirci è sempre stata molto alta. Per questo album nuovo abbiamo avuto il feedback più alto per noi, di sempre… Probabilmente è il disco per il quale abbiamo fatto più interviste, ma davvero, da ogni parte del mondo! Le recensioni sono positive, ok che conta fino a un certo punto, però quasi tutte le recensioni che sono arrivate, a parte qualcuna negativa che arriverà sempre come per i big, sono tutte orientate verso l’8, il 9, il 10… quindi: o sono tutti sordi, cosa che spero molto…
Luca: Aahahahaha
Marco: Oppure vuol dire che qualcosa di buono si sta combinando e noi siamo molto contenti che tanta gente si sia fidelizzata a noi e adesso abbiamo fatto appena quattro o cinque date solo per il disco nuovo, però c’è gente che ci è già venuta a vedere tipo tre volte e continua a venire. Io, sinceramente, non so se andrei a vedere una band per tre volte che presenta, più o meno, gli stessi pezzi, perché adesso stiamo presentando tanti brani nuovi e la scaletta è stata, più o meno, sempre la stessa; invece, tanta gente che viene di nuovo dice: “Cazzo, è proprio un’esperienza bella”, perché noi costruiamo lo show in una certa maniera, nel senso che non siamo né i Muse, né i Nightwish, però proviamo a portare sul palco una cosa un po’ diversa rispetto alla solita band che suona e basta. Io credo proprio che ci sia un’energia tale che la gente ne è un po’ attratta, soprattutto se sono molto… non mi piace la parola fan, diciamo “supporter” e amici della band, quindi continuano a venire. È bellissimo perché si crea questo clima proprio di interazione tra la gente che è molto bello!
Luca: Poi è bello poterci parlare, avere i loro commenti…
Marco: Sì, positivi o negativi che siano eh!
Luca: Sì sì, di conoscerli, perché ci sentiamo molto soli, ehehehe!
Marco: Si crea una specie di famiglia, quindi ci diventi amico! Ieri (l’intervista si è tenuta a Bologna il 1 ottobre, ndr) a Milano c’era un sacco di gente che, magari, era venuta una sola volta a sentirci e ora ha voglia. È proprio una cosa bella, poi noi siamo ancora una band… non dico con i piedi per terra, perché quello bisognerebbe sempre esserlo, ma siamo ancora molto piccoli, e quindi non dico che conosci tutti quelli che ti vengono a vedere, ma quasi! È molto bello!

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“The Earth Embraces Us All”, un titolo con un forte messaggio che potrebbe essere interpretato in svariati modi, tra cui un messaggio di natura “ecologica”, volendo. Una sorta di presa di coscienza. Quale tipo di messaggio volevate trasmettere con questo nuovo album?
Marco: un po’ è cosi.
Luca: è un messaggio globale. C’è anche la parte ecologista, o ecologistica, se vogliamo. Quello è nato, probabilmente, viaggiando molto e vedendo molte realtà, conoscendo molte persone che fanno vite completamente diverse dalla nostra… ed è un messaggio, di base, positivo, quindi non è una denuncia all’inquinamento…
Marco: No, quello no!
Luca: Però c’è certamente un discorso di legame un po’ di fratellanza, per tornare al discorso che faceva Marco prima sui ragazzi che vengono a vederci e che ci supportano, ma ovviamente è anche legato, in senso lato, alla visione globale di abbracciare la terra, metaforicamente…
Marco: Vedendo, poi ognuno, tutti e quattro hanno una visione un po’ diversa di questo titolo che siamo stati tutti un po’ accumunati da questa cosa, però personalmente io vedo molto l’aspetto positivo di questa cosa. Non voglio vedere le cose negative, del tipo “Il mondo va male” o queste cose qua…
Luca: Esatto!
Marco: … ma per il fatto che la terra è un posto incredibile, ha un sacco di cose belle in ogni parte del mondo: che sia l’Italia, l’Europa, l’America, l’Asia… Ci sono un sacco di cose belle, dagli animali al tipo di persone, alle loro caratteristiche a, naturalmente, i paesaggi ed è proprio la visione così positiva, un po’ “Nightwish/Turilli”, diciamo, di vedere queste cose bellissime. La terra abbraccia proprio tutti noi, secondo me è proprio bello come principio! Non è un concept album, però le canzoni sembrano quasi legate da un filo conduttore invisibile, come se aver dato questo titolo potesse dargli un po’ di quell’alone, un po’ più maturo per la band. In tanti ci hanno definito un po’ come una band “usa e getta”, nel senso…
Luca: Un po’ superficiale!
Marco: Un po’ superficiale nei pezzi da tre minuti, magari testi un po’ più… non dico adolescenziali, però magari un po’ introspettivi, personali; invece, adesso, abbiamo voluto alzare l’asticella. Non è una cosa creata a tavolino anche in questo caso, però secondo me ogni album è una esperienza, un’opportunità per tutti noi e crescendo come persone ti viene da fare un album un po’ più diverso, un po’ più strano. Io credo che ad ogni album che noi facciamo ci cambia, c’è qualcosa che ci teniamo dentro, a seconda di come vada il disco. Noi crediamo molto in questo disco, riflette molto ciò che noi siamo oggi! Magari il prossimo album sarà molto diverso, più leggero, sarà, magari, con più singoli, oppure un po’ brutal, chi lo sa!
Luca: Potremmo vedere Chiara cantare in “pig”, potrebbe essere la svolta definitiva!
Marco: Boom! Successo planetario!
Poi lì sì che si vola!
Luca: Sì, si vola dal palco!
In che modo la copertina si riconnette alle tematiche affrontate nei testi?
Marco: Non si collega tanto ai testi, perché comunque è stato un discorso che ha attraversato binari differenti, quindi da una parte il titolo del disco e la copertina, dall’altro i testi. Secondo me hanno preso un po’ di ispirazione dall’idea che c’era venuta per il titolo, però viaggiano su due cose separate completamente. Noi con Gustavo Savez abbiamo un rapporto d’amicizia molto bello che si è creato con gli anni, abbiamo fatto tre dischi insieme poi, avendo noi avuto precedenti band, ci avevamo già lavorato assieme, quindi ogni volta che abbiamo questa “visione” della copertina di ogni disco o gli elementi, mandiamo un’email dove gli illustriamo la nostra idea. Delineando, forse, proprio il titolo, abbiamo detto di voler mostrare questa idea, come se l’umanità potesse abbracciare il mondo. C’è questa immagine – e lì Gustavo è stato veramente bravo – dove ognuno può dare la propria interpretazione. È molto ambigua come cosa, nel senso: ci sono queste persone che abbracciano il pianeta; se la guardi in un determinato contesto, sembra che una di loro sia incinta, mentre le altre due di supporto accompagnano questa persona come se fosse in viaggio con l’umanità per avere un figlio, per creare una nuova creatura. Vista in altri modi, sembrano tre persone che abbracciano la terra, punto e basta, come se fossero una famiglia… Sono due interpretazioni completamente diverse.
Luca: Di base c’è anche l’utilizzo di colori più caldi che, ovviamente, è legato al messaggio positivo del titolo e che si distacca completamente dalle altre due copertine.
Marco: Avremmo potuto fare come, ad esempio, l’ultimo disco dei Nightwish. Noi siamo stati ispirati molto da quell’album, non tanto dalle canzoni, quanto dal modo di comporre. Il loro ultimo lavoro, che secondo me è un disco molto positivo, ha questa copertina molto scura, noi non volevamo dare assolutamente questa idea, anzi… Volevamo davvero, come diceva Luca, mostrare i lati positivi, mostrare i tanti colori belli e chiari che ci sono nel mondo, Gustavo è quasi come un pittore sulla terra. Credo che questa sia la mia copertina preferita dei Temperance, assolutamente, è la più ricca di sfaccettature e ognuno può avere la sua visione.

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Rispetto ai primi due lavori, il nuovo album sembra voler mettere più in luce un lato nascosto della band. C'è più varietà compositiva, molti colori, molte sfaccettature, se così possiamo dire.
Luca: Potremmo parlare di cromatico, esatto! È la parola giusta che collega il colore alla musicalità!
Marco: Sai, però, che, secondo me, più che averne di più degli altri, ne ha di diversi. Se la gente potesse ascoltare davvero tutte le tracce dei primi due album, senza magari il mix finale o le orchestrazioni piuttosto che l’elettronica o i cori, sentirebbe delle sfaccettature che magari ad un primo ascolto non vengono fuori. C’era già tanta roba prima, dall’AOR alle parti più cattive, anche rock volendo…
Luca: delle influenze particolari…
Marco: Quello abbiamo sempre cercato di farlo. Con questo ne abbiamo prese addirittura altre, quindi secondo me risulta ancora di più strano, più maturo.
Sembra che i Temperance non si siano mai voluti porre dei limiti. Ne sono un esempio, “Unspoken Words” e “Advice From A Caterpillar”, di cui parleremo tra pochissimo. Addirittura si percepiscono piccole riferimenti alla musica classica. Come si è svolto il processo compositivo questa volta?
Luca: Come diceva Marco un attimo fa, abbiamo utilizzato strumenti veri, cosa che non era inconsueta però era essenziale nella nostra testa per dare un carattere molto più vivo alle canzoni. A livello compositivo, l’alchimia tra Marco e Giulio è sempre incredibile, perché, al contrario mio, che inizio sempre a scrivere una bozza, loro nel frattempo te ne tirano fuori dieci, mentre io sono ancora al primo riff, definendo qualche dettaglio. È una forza, è la formula che traina tutto, senza togliere, ovviamente, il lavoro di Chiara sui testi.
Marco: Si chiude molto in se stessa in questo contesto, come è giusto che sia, perché si deve tirar fuori quel che si ha dentro.
Luca: Li trovo sinceramente molto belli, anche nell’ultimo, ad esempio, l’idea di fare un testo in italiano è partita da lei. Mi piace molto il fatto che abbia citato “Alice Nel Paese Delle Meraviglie” in “Advice” e altre cose particolari. Personalmente, a livello compositivo, rispetto ai primi due album che erano comunque tutti focalizzati con una mentalità un po’ più quadrata – anche se c’erano degli accenni per andare un po’ fuori dagli schemi – sono contento di come è stato dato rilievo e sfogo alla parte del basso elettrico, cosa che, anche questa, è molto inconsueta, ma magari che trovi in moltissime band che suonano lo stesso genere.
Marco: Diciamo che se anche le idee partono da me e Giulio, tutte le persone all’interno della band danno quel qualcosa in più. Io credo che siamo tutti importanti alla stessa maniera. Siamo in quattro, quindi il 25% a testa, se non ci fosse Luca saremmo diversi; se non ci fosse Chiara uguale e così via… Parlando di testi, secondo me una cosa che in qualche recensione è venuta fuori ed è molto, molto bella è stata l’idea di Giulio, nell’ultimo pezzo, in “The Restless Ride” era di creare questa parte, questa idea molto vincente, in questa parte un po’ di transizione del brano di aggiungere un coro che abbiamo creato, davvero, in mezzora di follia assoluta in studio, totalmente in latino, tratta dall’Apocalisse di Giovanni. È una parte molto strana della Bibbia, molto cattiva anche e lui (Giulio) ha avuto l’idea di inserire questa determinata parte che, secondo me, rende totalmente l’idea, praticamente poco prima dell’esplosione finale del brano, che forse è la parte più cattiva del disco, poiché dice una cosa molto pesante.
Prima menzionavo “Unspoken Words” e “Advice From A Caterpillar”. Parlando del primo brano, devo dire che quando avete rilasciato il video e l’ho ascoltato sono rimasta di stucco. È un pezzo che ti prende proprio sin dalle prime note. Com'è nata la cosa di inserire strumenti folk nei brani, specialmente in quest’ultimo?
Marco: Molto naturalmente, nel senso che quando abbiamo creato la canzone che aveva queste sonorità molto celtiche, come le chiamo io, naturalmente quando io e Giulio scriviamo i pezzi per far prima magari io suono la chitarra, faccio le voci, scriviamo le parti orchestrali senza l’utilizzo di orchestre vere, altrimenti… Quelle cose le faremo più avanti! Quando abbiamo iniziato a tirare fuori quelle sonorità, ci siamo detti: “Cazzo, sarebbe fighissimo avere uno strumento vero” e infatti c’è lo strumento celtico, le uillean pipes, che è venuto fuori ultimamente con i Nightwish, che dà questa sonorità incredibile. È bello anche nella sua imperfezione, secondo me, perché se uno ascolta veramente l’album ha scelto di non editarlo, ma per avere un flusso più naturale delle cose senza star lì a modificarlo al computer; infatti, gli strumenti veri dell’album sono il sax soprano, il violino e il pipes non sono editati, quindi li hanno suonati così! Naturalmente è un bel mix, poi ci aggiungi un po’ di riverbero, sì, però non sono modificati al computer! Se sentivi la registrazione originale, era quella, quindi al giorno d’oggi, secondo me, è una cosa molto bella!

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“Advice from a Caterpillar” è forse la canzone più complessa e figa, concedimi il termine, che abbiate mai fatto, con un mood molto alla “Alice Nel paese Delle Meraviglie”. Te la butto lì perché come idea, secondo me, potrebbe pure essere interessante: come lo vedresti un concept su Alice in Wonderland?
Marco: Per quello devi chiedere a Chiara, perché quando abbiamo scritto, siamo arrivati a fare la pre-produzione del disco che io e Giulio avevamo quasi tutti i brani, poi abbiamo deciso di iniziare a comporne un altro, che è “Advice”, appunto, e anche se è la canzone più strana del disco, poiché dura 8 minuti, l’abbiamo scritta in 45 minuti con tutto! Se senti la pre-produzione è tutta uguale a quella che senti oggi. Naturalmente, poi, l’abbiamo registrata e via discorrendo, però è così ed è molto particolare! L’idea di “Alice Nel Paese Delle Meraviglie” è arrivata da Chiara, quindi onore a lei che ha detto ‘sta cosa!
Sappiamo che ai Temperance piace molto sperimentare nuove cose: infatti, nel disco è persino presente un brano in italiano, “Maschere”. Che cosa puoi dirmi in merito? Certo è strano sentire un pezzo dei Temperance scritto e cantato in italiano, ma ammetto che è stato decisamente sorprendente.
Marco: Inizialmente, io e Giulio quando componiamo un brano mettiamo giù una linea di testo, anche solo per avere una linea vocale e all’inizio era stato scritto in inglese. A Chiara è venuta l’idea, ha detto “Proviamo a vedere il discorso di farlo in italiano e vedere come viene”, noi siamo stati tutti convinti, anche se l’effetto è molto strano all’orecchio, poiché siamo abituati a sentire questo genere in inglese. Il discorso vale anche per Luca Turilli e gli altri, i brani in italiano, a parte per “Il Cigno Nero”, sono tutte delle ballate, invece “Maschere” è un mid-tempo, quindi è strano sentirlo così. Sembra un pezzo che puoi sentire su Radio City solo musica italiana.
Luca: A livello tecnico, secondo me è una cosa che rende il testo in italiano più originale rispetto a quello dei Rhapsody, ma non per dire che sia più bello, semplicemente cosa lo rende più originale è stata Chiara che è stata molto brava nell’usare, nel privilegiare l’assonanza rispetto alla rima baciata. Siamo abituati ad ascoltare testi in italiano molto “sole, cuore, amore”. È molto bello. Al primo ascolto stride perché la lingua inglese è molto più liquida, perché non è molto spigolosa. Immagina se fosse stato in tedesco, ancora molto più duro.
Marco: Chissà, il prossimo disco sarà in tedesco!
Luca: La lingua italiana è bellissima e ci si può giocare, alla fine è poi quello che abbiamo fatto. Ci siamo divertiti in quello e il risultato mi sembra più che ottimo! Ovviamente la domanda era a come avrebbe preso chi ci ascoltava l’idea di una canzone in italiano.
Marco: Al momento è uno dei brani più apprezzati, in tanti ci chiedono di suonarla dal vivo, di farlo uscire come singolo.
Luca: Non ce lo aspettavamo assolutamente!
Marco: Era un esperimento, quindi abbiamo pensato di metterla perché eravamo convinti, magari sapendo che non sarebbe piaciuta… e invece, devo dire che anche dall’estero ci stanno scrivendo in tanti dicendo: “Cazzo, ci mandate la traduzione che è figo?”. Dal Giappone ci hanno chiesto di mandare la traduzione, quindi è particolare!
In molti considerano i Temperance come “gli Amaranthe italiani” a causa delle contaminazioni presenti nella vostra proposta musicale, definita da voi stessi un "modern melodic metal", mentre altri pensano che la band riesca ad avere un minimo di considerazione a causa della bella e forte presenza scenica di Chiara… insomma, diciamo che non avete nulla da invidiare alle band più blasonate, poiché gli ingredienti ci sono tutti. Qual è il tuo punto di vista a riguardo?
Marco: Secondo me, anche in questo caso, bisogna sapere accettare le critiche che vengono poste, nel senso che se arriva una critica non devi cambiare il tuo modo di essere, semplicemente bisognerebbe accettarle e ascoltarle. Parlando degli Amaranthe, ad esempio, a me piacciono di brutto. Mi piacciono molto e sarei curioso di sentire il nuovo disco. Secondo me ci hanno accomunato un po’ a loro per alcuni discorsi: in primis, nel disco nuovo, per scelta, non abbiamo inserito voci estreme, però nei dischi precedenti sì e il contrasto tra una voce estrema, la mia e quella di Chiara creava il trittico di voci alla Amaranthe; a parte quello, noi usiamo molto alcune parti elettroniche di tastiera che possono essere un po’ accomunate agli Amaranthe. Se i musicisti vanno a vedere nel dettaglio, noi componiamo in tutt’altro modo, perché parlando di tecnicismi loro sviluppano molto di più un discorso puntato sugli arpeggiatori proprio sulla prima, terza, quinta e ottava, quindi accordo, mentre il nostro è tutto suonato, non è che c’è un click e parte il lampeggiatore. Giulio – e in questo è molto bravo – ha tutte delle sue linee e quindi è tutto come se fosse a “mo di scale”. Da fuori, secondo me, questa cosa può sembrare che ci leghi un po’ a loro, anche se per me non è così. Parlando degli Epica, io credo che siamo due band completamente differenti, che piacciano o no. A me, ad esempio, e sono molto sincero, non mi fanno impazzire, anche se credo che abbiano uno dei batteristi più bravi che ci siano in circolazione. Quando abbiamo suonato con loro a Roma era una roba… Ne ho visti davvero pochi di batteristi così e tutti noi abbiamo visto centinaia di concerti in vita nostra! Lui è una roba… Ha questo groove pazzesco, lo vedi suonare col sorriso. È proprio bello! In questo caso non vedo una somiglianza a livello artistico, magari a livello figurativo sì!

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Nonostante la formazione sia nata solo pochi anni fa, i Temperance vantano già una grossa esperienza live alle spalle: tu Marco hai suonato con gli Hate Tyler e suoni tuttora con i Secret Sphere, Giulio è stato con i Bejelit, ognuno di voi proviene da un background differente che, però, si ricollega tutto al metal. Sarebbe sbagliato dire che il sound dei Temperance è una sorta di miscela ben equilibrata delle vostre influenze?
Marco: Sì, però per me è più un mix di background musicale della roba che abbiamo ascoltato, perché comunque abbiamo avuto delle band totalmente diverse… Nell’album ci sono un sacco di parti, se si ascolta il basso bisognerebbe ascoltarne le tracce separate, poiché se lo ascolti ci sono delle parti che sono molto distanti dal metal, tante sono più inerenti al djent, a questa nuova corrente, mentre altre sono più sul jazz, sul soul, sul funky che nel metal non trovi tanto, dato che lui (Luca) ha suonato con diversi gruppi jazz. È molto focalizzato su quella musica lì, quindi è normale che porti alcune di quelle componenti nel nostro sound. Chiara, invece, ha sempre studiato canto lirico e in alcuni brani canta con quella voce, sfoggia il suo talento in quello perché lei è brava in quello! È naturale che poi ognuno dà un po’ di personalità, nel momento in cui registra porta un po’ di se stesso.
Nel giro di pochissimi anni avete avuto modo di condividere il palco con act veramente tosti del music business: Within Temptation, Slipknot, At The Gates, Nightwish, Epica. Vi sareste mai aspettati di vivere sulla vostra pelle un'esperienza del genere?
Luca: Beh all’inizio quando ci siamo seduti a parlare di questo progetto, no! Ovviamente, poi, uno spera sempre di avere…
Marco: No, quello no, ma poi… A me non piace molto parlare di queste cose, perché poi sembra che siamo arrivati da qualche parte, anche se secondo me non siamo arrivati da nessuna parte. Secondo me, bisogna costruirsi la propria storia, la nostra forza è stata quella che ci siamo messi davvero a testa bassa per questo gruppo, andare avanti e suonare davvero in tanti, tanti posti. Siamo andati in ogni dove in Europa, in America. Il prossimo anno sarà l’anno in cui suoneremo di più e quindi è anche una scelta, per cui uno nella vita deve fare cosa vuole. A noi batte molto il cuore per questa cosa e anche se, come dicevamo, giustamente siamo una band molto piccola, mi piacerebbe, nei prossimi anni, che il nostro nome, piano piano, salisse ma il nostro obiettivo non è arrivare da qualche parte, vendere milioni di copie (magari!) o guadagnare un sacco di soldi. Per carità, ben venga, però l’obiettivo primario non è quello. Io, personalmente, sono molto più spronato dall’idea di scrivere musica ancora per questa band, magari portare sempre cose nuove, per arrivare a dire, ascoltando il master finale: “Cazzo, che bello! Sono proprio soddisfatto!”. Non so quale sia l’obiettivo per Luca, magari è quello di fare tantissimi soldi, non so, ahahah. Scherzo, magari anche lui ha questa visione di portare il basso, così inusuale, in una band un po’ commerciale all’interno del metal, come noi. Non è così facile vedere un bassista, con sei corde, che suona tapping e slap in una band di metal melodico, quindi questa, secondo me, è una cosa che cercheremo comunque di portare avanti.
Luca: L’ho pagato bene per dire questo!
Marco: Il prossimo disco solo basso! Toglieremo tutto!
Tra le band che abbiamo citato poco fa, ce ne è qualcuna che vi ha insegnato o lasciato qualcosa in particolare?
Marco: Non solo queste che abbiamo citato, ma secondo me da ogni data si impara sempre. Ieri c’era questa band proveniente dal Sud Italia che si chiama The Strigas che è molto brava, i ragazzi sono bravissimi. Ci ho suonato l’anno scorso al Modena Metal Ink, Fabio, secondo me, ha una voce… che poi, queste cose da dire sembrano brutte, perché sembra che uno siamo amico di quello e che quindi dica le cose per forza. Io conosco Fabio perché ci ho suonato l’anno scorso, ma non siamo amici. Ci si conosce, sì, ma secondo me è un cantante formidabile ed in quel genere, secondo me, in Italia non c’è gente che canta come lui. Lo stesso motivo vale per i Revenience, con i quali abbiamo già suonato insieme. Debora ha una voce incredibile, secondo me e mi stupisco molto del fatto che tanta gente non l’abbia ancora notata, perché davvero, insieme a Sara degli Ancient Bards, secondo me Debora è la più brava cantante che c’è in Italia. È vero, si impara tanto dalle band grosse quali possono essere i Nightwish, che sono davvero le persone più disponibili del mondo – ma lo sono state un po’ tutte, devo dire - anche gli At The Gates, molto gentili. Luca Turilli è una delle persone più buone che abbiamo mai conosciuto. È molto umile e si mette costantemente alla prova anche parlando di musica insieme a te che non sei un cazzo di nessuno, mentre lui ha davvero venduto milioni di copie negli anni. Luca si mette davvero a confronto, mi ricordo che una sera è andato da Luca e gli ha detto: “Cazzo, quella cosa che fai con il basso non l’avevo mai vista fare da nessuno.
Luca: Te l’ho detto che l’ho pagato bene. Ehehe.
Marco: Probabilmente è a causa dell’omonimia, ma si sono presi molto bene. Ha visto questa cosa e c’era Luca (Turilli) che era molto interessato alla questione. Secondo me si impara da ogni data, dalla data da cinquanta persone a quella da tremila.

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Al momento sei concentrato sui Temperance, ma a breve uscirà anche il DVD live dei Secret Sphere, si era parlato anche di un tour con Trick Or Treat e DGM, altri validissimi act made in Italy... Insomma, sarà un anno piuttosto redditizio per la band! C'è altro che bolle in pentola?
Marco: Per quel che riguardano i Secret Sphere, uscirà tra due settimane il DVD/CD “Live In Tokyo” del 2015, sarà la prima release ufficiale che abbiamo con Frontiers e siamo contentissimi; in più, ci sarà come un bonus un pezzo del nostro vecchio album, “Lie To Me”, cantato da Anette Olzon (ex-Nightwish). Al momento faremo solo uno show italiano, il 30 ottobre, a Trezzo, a dicembre torneremo in Giappone per un mini tour che abbiamo già annunciato e poi saremo in tour per circa tre settimane, tra marzo ed aprile, insieme ai DGM e Trick Or Treat. Sono tutti lì insieme, quindi orgia di musica! Uscirà il nuovo album probabilmente a fine primavera, poi da lì festival ed in autunno faremo un sacco di altre date con i Secret. C’è davvero tanta roba in ballo! Abbiamo voluto aspettare un po’ di più per questo album rispetto agli altri, ormai l’ultimo album in studio, “Portrait Of A Dying”, è uscito a fine 2012, quindi sono passati quattro anni. Ne passeranno cinque, perché uscirà comunque a fine primavera, però abbiamo deciso di focalizzarci molto a scrivere delle canzoni, secondo me, tra le migliori che i Secret abbiano mai scritto. Volevamo avere un lavoro che ci convincesse al 100%, rispetto alle band che abbiamo citato prima, come i Temperance o altri, i Secret Sphere sono una band che ha fatto la sua storia, nel bene o nel male, nel senso: firma con Nuclear Blast, tour in America, Wacken, Giappone… quindi un sacco di cose sono state fatte e adesso volevamo fare un album bello bello e secondo noi ci siamo. Vedremo come sarà il feedback.
Luca: Daje! Visto che io e Marco non avevamo tempo libero, a gennaio di quest’anno, o forse a febbraio, mentre eravamo in tour, abbiamo deciso di avviare un nuovo progetto. All’epoca della tourneé dove avevamo molto tempo libero da spendere, come sempre abbiamo ascoltato musica e avevamo molto più tempo per ascoltarne molta di più. Abbiamo conosciuto e sentito cantare una ragazza americana che si è appena laureata alla Berkley di Boston, ci è piaciuta, ce ne siamo innamorati, abbiamo preso i contatti e abbiamo deciso di scrivere un album con lei. Abbiamo coinvolto il batterista dei Rhapsody, Alex Landerburg…
Marco: Durante il tour abbiamo tutti legato molto, soprattutto io, Luca e Alex eravamo costantemente a parlare di musica tutto il tempo! Alex è una persona splendida!
Luca: Siamo entrati in studio a giugno, abbiamo iniziato i lavori a fine giugno.
Marco: Lei è venuta dall’America ed è stata due settimane in Italia per registrare con noi, abbiamo girato un video che uscirà tra poco. Alex ha preso un volo ed è venuto in Italia.
Luca: Questo disco uscirà su Scarlet Records il 26 novembre.
Marco: Uscirà a fine novembre in Europa e la settimana prima uscirà in America, hanno chiesto di anticipare prima in America!
Luca: Il primo singolo sarà online tra una decina di giorni!
Io vi ringrazio ragazzi. L’intervista è fatta. A voi le parole finali!
Marco: Grazie a te!
Luca: Grazie!
Marco: Si vola, daje! Faremo parecchie date in giro per l’Italia per cui speriamo di vedere tanti amici!

Foto promozionali di Natalia Enemede e Daniele Di Egidio
Intervista a cura di Arianna G.

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