The Axis Of Perdition (Brooke Johnson, vocals)

Brooke Johnson, il singer dei The Axis Of Perdition, è di nuovo ospite su queste pagine per raccontarci il nuovo “Deleted Scenes From The Transition Hospital”. Le sue parole inducono in strani pensieri, soprattutto quando parla della realizzazione del disco. Un disco coraggioso, per chi cerca emozioni forti.

Nella precedente intervista avevi concluso con l’enigmatica frase “One day you will understand why…”. Mi spieghi cosa avremmo dovuto capire e perché?
“ Innanzitutto è una frase aperta, che invita il lettore a trarre le proprie conclusioni. C’è un significato ben preciso ed è una sorta di dichiarazione d’intenti per noi, abbiamo lasciato delle tracce sulla track omonima di “Deleted Scenes…”, e pensiamo che queste tracce parlino da sole. Ciò implica anche che gli Axis Of Perdition non sono necessariamente una band logica o facile da comprendere, e, per noi, il processo di sviluppo della tua interpretazione è un elemento importante almeno quanto la musica. Esso richiede uno sforzo e un’interazione tra l’ascoltatore e la band, per creare una reciproca comprensione, o almeno provare a farlo. Non siamo il tipo di band che ama sviscerare tutto di sé, senza che l’ascoltatore non si sforzi nemmeno un po’ per comprenderci, perché in questo modo uccideremmo il coinvolgimento, la soddisfazione e il rapporto emozionale che ha con noi. Pensa ad un film di David Lynch, il materiale è lì, ma non è disposto in maniera favorevole per una facile comprensione, esso esiste semplicemente ed è pronto ad essere analizzato dal consumatore secondo le sue esigenze, o almeno nel senso di un’esperienza senza condizionamenti.”

Il nuovo album segna il definitivo abbandono del black metal nel senso classico del termine, per un sound totalmente ambient/industrial/doom. Come mai questa netta evoluzione?
“ Non è stata una decisione presa coscientemente, è stata un’evoluzione naturale. Volevamo da sempre un sound coinvolgente, vivido e cinematico, ma c’è voluto un bel po’ per raggiungerlo. Il mood evocato dal concept è di puro terrore ed angoscia, il che ha reso il materiale molto lento e atmosferico, sebbene addirittura più viscerale e spaventoso di prima. La mancanza di blast-beats è solo una conseguenza naturale di questo processo, allo stesso modo nel quale c’è stato un incremento delle tessiture ambient. È un lento stillicidio di orrorifica auto realizzazione piuttosto che un torrente di chaos e terrore, che tende ad essere molto più effimero, meno comprensibile e meno effettivo. Noi vogliamo veramente scuotere l’ascoltatore dal punto di vista psicologico ed emozionale, per lasciare delle vere e proprie cicatrici mentali. Le cose più emozionali sono quelle più intime e coinvolgenti, e le ambientazioni sono create proprio per fornire uno strumento all’ascoltatore per far sì che esso si perda dentro questo disco.”

Vi definite come un prodotto della decadenza industriale della vostra città. In che modo ciò si accorda con il concetto di “transition hospital” e le malattie mentali?
“ Liricamente gli AOP tendono a variare tra la narrazione descrittiva di caratteristiche ed eventi delle trame soniche che creiamo e l’osservazione semi-coerente di persone intrappolate in questo “posto”. Ci sono temi forti di ambivalenza e dubbio, nei termini di conflitto tra repulsione e attrazione per cose orribili, e la messa alla prova del proprio senso di realtà, oscurità e perfidia del subconscio. Il nuovo album ha una storia molto coerente, la quale concerne un soggetto che trova la sua strada attraverso una labirintica e angosciosa parodia di un ospedale, il quale a sua volta diventa sempre più strano e disturbante, man mano che egli va avanti e scopre le ragioni per le quali si trova in quel posto. Avremmo potuto inserire i testi, ma preferiamo che il lettore incarni il personaggio attraverso la sua immaginazione e il rozzo materiale sonoro, le atmosfere, i titoli e l’artwork. L’importanza della nostra città sta nel fatto che ci affascinano i derelitti, il degrado delle strutture urbane, la ruggine e la sporcizia, l’alienazione e l’isolamento.”

Quali erano i vostri sentimenti e le vostre sensazioni mentre registravate il disco?
“ Certo non è stato visceralmente crudo e doloroso come l’Ep, ma c’era lo stesso stress psicologico e la stessa tensione che noi come persone stavamo riversandovi dentro. Le specifiche individualità delle nostre vite non saranno discusse, ma tutti noi abbiamo le nostre cicatrici e gli AOP sono il forum nel quale trovano un orrendo, emozionale, psicologicamente estenuante e catartico sfogo. Potremmo semplicemente dire che la somma di tutto ciò e di quello che puoi ascoltare nel disco, è quello che noi provavamo mentre ci stavamo lavorando. È il modo più fedele di documentare tutti i pensieri e le impressioni dai quali cercavamo di scappare nella nostra testa. Il processo di registrazione è stato un brutale incubo. Abbiamo avuto una serie interminabile di problemi, dalla rottura dei computer con perdita di tutti i dati ad infortuni personali (Dan si è ferito alla schiena molto presto, mentre registrava le parti di batteria e così non ha potuto partecipare al disco). Eravamo pericolosamente maldisposti l’uno verso l’altro, pronti ad ammazzarci l’un l’altro, pieni di rabbia e frustrazione. Però in qualche modo l’abbiamo finito e siamo soddisfatti, abbiamo finito appena in tempo e quindi siamo stati molto vicini al fallimento. Speriamo di non aver fatto impazzire quelli della Code 666, hanno avuto una pazienza da santi verso i nostri errori ed il nostro eccentrico modo di lavorare.”

Mi dicesti che “Blade Runner” era una grossa fonte di ispirazione per voi. Quali altri film hanno lo stesso effetto?
“ Ridley Scott era a Teesside, venendone ispirato, 20 anni prima degli AOP, quindi è un testimone delle nostre radici comuni. L’appropriazione dell’immaginario di quel film è avvenuta soprattutto per il primo disco. Molti film che ci hanno originariamente ispirato, come "Blade Runner”, “Akira”, la trilogia originale di “The Ring”, i film di Tetsuo ed “Eraserhead”, si addicevano molto al nostro primo disco. Da allora non abbiamo subito molte altre influenze, anche se il nuovo disco è molto influenzato da “Session 9”, un film la cui visione è praticamente obbligatoria per chi acquista il disco, da David Lynch, in particolare da “Twin Peaks”, per quanto riguarda la sezione jazz, un breve momento nel quale indulgiamo nella venerazione di Angelo Badalamenti. L’unica influenza che è stata costante per tutta la durata del disco è stata la serie di “Silent Hill”, che rimane la nostra influenza più larga e profondamente esplorata.”

Mi dicesti anche che i vostri fans sarebbero stati sorpresi da alcuni elementi inusuali. Ti riferivi per caso al piano jazz finale di “Pendulum Prey”? O a cos’altro?
“ C’erano alcune parti che per problemi di tempo non sono state inserite nell’album e che abbiamo dovuto escludere, perché se le avessimo inserite così com’erano sarebbero sembrate fuori contesto per chi non conosce le nostre influenze. Non diremo molto a riguardo, in quanto saranno usate più in la. La parte jazz è stata una sorpresa in primis per noi, ma ci ha soddisfatti. La mancanza di parti metal più aggressive (soprattutto i blast-beats) ed il perseguimento di una direzione più ambient/doom, è stato qualcosa che è avvenuto attraverso l’istinto e la cieca obbedienza alla nostra musa. Questo è stato il rischio più grande che abbiamo preso, in quanto la maggior parte della nostra reputazione era basata sull’enfatizzazione del nostro uso dell’intensa velocità sulle nostre precedenti releases.”

Vi ho descritti come "Mz412 meet Void Of Silence meet Evoken, infected with Godflesh". Sei d’accordo?
“ Hai perfettamente ragione per quanto riguarda i Godflesh e i VOS. L’influenza di questi ultimi è certamente evidente (sebbene non voluta ma inconscia), è qualcosa che è saltato fuori solamente quando tutte le parti sono state assemblate. Sebbene non ascoltiamo molto gli Mz412, l’album solista di Nordvagr era continuamente nella nostra play-list mentre registravamo il disco. Tutti questi piccoli brandelli sono emersi quando abbiamo completato il disco, filtrati attraverso la nostra musa personale. Per quanto riguarda gli Evoken, nessun di noi li ha mai ascoltati, quindi non posso commentare.”

Il nuovo bassista Ian Fanwick ha partecipato al disco? Quale è stato il suo contributo?
“ Oltre a suonare il basso, ha contribuito ad alcuni arrangiamenti e alla composizione di alcune linee di basso. Questo perché il nocciolo del disco è ambient noise. Ian è stato un membro dei Mine[thorn] sin da prima che entrasse negli AOP, quindi è stato naturale chiamarlo a coprire il ruolo di bassista. Sarebbe dovuto entrare prima, ma solo nei passati 12 mesi ha acquisito la confidenza nelle sue capacità che gli permette di suonare e scrivere parti per gli AOP.”

A proposito, che mi dici dei Mine[thorn]?
“ Non è molto più di un side-project degli AOP, lo stesso chitarrista Mike si è limitato al ruolo di membro occasionale per piccole parti, per un piccolo show un paio di estati fa. La band attualmente sta preparando il disco che uscirà su Code 666 a Settembre. Musicalmente sono molto vicini agli AOP, ma con effetti differenti. Il sound è una sorta di macchina gigante che raschia la faccia della terra.”

Non amate suonare dal vivo, come pensate di promuovere l’album?
“ Noi amiamo suonare dal vivo, ma sfortunatamente non troviamo gente adatta per poter replicare dal vivo il nostro sound. Qui davvero poca gente è addentro alla musica estrema e ancora meno suonano uno strumento e hanno l’abilità per poter suonare il nostro materiale. Così invece di perder tempo, lo risparmiamo in attesa di tempi migliori. La cosa più difficile è trovare il nostro drummer (Dan Mullins dei Bal Sagoth). Adesso abbiamo iniziato a provare e contiamo di fare qualche singolo show entro la fine dell’anno. Resta fermo il fatto che gli AOP dal vivo saranno interessanti, anche se non irreprensibili, per tutto quello in cui siamo coinvolti.

Ed il futuro?
“ Siamo molto perplessi a riguardo, ma in qualche modo ci messi a lavorare al nostro terzo disco già dopo circa una settimana e mezzo dalla release di “Deleted Scenes…”. I pensieri stanno arrivando e stiamo iniziando a dargli forma, una forma definita, anche se è ancora presto per dire qualcosa di preciso. Ci vorrà parecchio tempo, quindi non prevedo nulla prima del 2007; in altre parole un salutare gap di due anni tra un disco e l’altro.”

Ok, le ultime parole famose…
Mike: “ Non è mai finita…”
Brooke: “ Mordilo e mostrami quello che c’è in mezzo…”
Ian: “ Pustulio ti comanda…”

Mollate le droghe!!!

Intervista a cura di Luigi 'Gino' Schettino

Ultimi commenti dei lettori

Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?