Undertakers (Enrico Giannone)

Il ritorno degli Undertakers in patria, dopo una lontananza di svariati anni, mi da l’opportunità di scambiare qualche chiacchiera con Enrico Giannone, il frontman degli Anarco Grind Bastards partenopei. Pochi minuti prima di salire sul palco, Enrico ci fa un riassunto degli ultimi tre anni della sua vita, dalla partenza da Napoli verso Roma, una partenza che gli ha aperto molte prospettive, che l’ha cambiato per certi versi e l’ha reso più maturo. È una chiacchierata a viso aperto, molto intima e confidenziale, nella quale Enrico non si risparmia.

Finalmente il ritorno a casa!
“ Ho sentito il richiamo della propria patria, perché fondamentalmente Napoli è una patria, perché non ci riesco più a stare come vorrei, scendo pochissime volte perché ho molti impegni. Mi aspetto una serata molto calda, spero di sentirmi come in famiglia, non mi frega nemmeno quanta gente ci sarà, spero solo che vengano gli amici che hanno promesso di venire a vederci. Faremo anche la classica cover di “Milk” degli S.O.D., che ormai è un pezzo nostro visto che lo facciamo dal ’95.”

Ti si addice quindi il detto “Nemo profeta in patria”, visto che non suoni da queste parti dal ’96.
“ Il problema è quello di essere trattato sempre come un gruppo che ha qualcosa da dimostrare nella propria città. Anche se ciò era più un problema giovanile, ora non me ne frega niente, quindi ho preferito onestamente non suonarci più, ma non è un fatto di snobismo, è solo che non penso di dover dimostrare niente a nessuno.”

Ma è vero che c’è gente che non ti vuol far suonare a Napoli?
“ Ma non credo proprio! Innanzitutto penso sia un problema sociale, non c’è un posto per suonare! Ogni città d’Italia ha un posto dove poter fare musica, a Napoli non c’è, si sono tanti piccoli localetti che però non possono sostenere una serata importante. Credo sia proprio una mancanza culturale, una mancanza di fermento, non solo metal, ma generale. Tranne qualche eccezione, Napoli non ha una scena, mentre se prendi Roma ha una scena dark, hardcore, punk, hip hop e quindi abbastanza variegata. Quindi è un problema strutturale, poi se c’è qualcuno che non mi vuol far suonare…boh…penso sia solo una leggenda, ma che va benissimo, le leggende vanno alimentate!”

Quando sei sul palco la tua performance trasmette molta violenza. Quando ti ho visto con i Ciaff sembravi un’onda che sommerge tutto e tutti. Hai mai avuto paura che questo tu modo di porti potesse degenerare in rissa col pubblico e che lo istigasse a farsi del male?
“ E’ indubbio che è uno spettacolo in cui non si parla di fiori nei campi o di amarsi, però io ho sempre cercato di sminuire la cosa, anche se è ovvio che suonando grindcore la violenza è insita nella musica. La mia fortuna è stata anche quella di sapermi prendere in giro, mi metto a fare anche passi di breakdance. Solo una volta mi è capitata una cosa paradossale, c’era uno della security che voleva picchiarmi. Io ero sceso per fare stage diving tra il pubblico e scendendo avevo urtato la transenna e gli avevo dato un calcio in faccia, da lì è degenerata. Poi in realtà ho scoperto che lui faceva parte di un’agenzia concorrente e quindi stavano lì per fare casino. I miei messaggi nelle interviste sono sempre positivi, anche se però le tematiche e l’atteggiamento è molto più scenografico.”

A proposito di tematiche, la vostra iconografia è fatta spesso di pistoloni e lotte per il territorio. Questo può andar bene a Napoli, ormai sei a Roma, che bisogno c’è di insistere su questi temi?
“ Ma quelle io le porto sempre avanti. Il discorso che io porto avanti è un discorso di ribellione, dovuto però al fatto che le cose non bisogna accettarle sempre così come sono, anche se poi i compromessi ci sono in ogni momento della vita. Questo però è un messaggio che io porterò sempre avanti. Ovviamente poi c’è una caricatura scenografica, nel senso che secondo me se un gruppo grindcore mette un fiore su un disco, può essere una provocazione, ma io sono molto amante di cinema, di Hong Kong movies, spaghetti western. Io cerco di legare sempre la musica alle mie passioni cinematografiche, ma se vedo una pistola me la faccio addosso, ma da sempre. Però non usare mezzi termini è stata sempre una cosa assoluta, anche come critica a tutto il genere, che se preso troppo seriosamente è ridicolo. Anche il fatto di portare in giro l’iconografia napoletana è bello, io conosco gruppi di New York che si chiamano Corleone. È tutta scenografia.”

Spesso però questa napoletanità di cui parli ci rema contro, c’è molto razzismo in giro.
“ Hai perfettamente ragione, però ti dico una cosa, io da napoletano tre anni fa sono andato a Roma tra la diffidenza e non sapevo come sarei stato definito. Ora organizzo concerti, anche molto importanti come Dream Theater o Prodigy, ho deciso di voler prendere il “No Mercy Festival” e portarlo da Milano a Roma, insieme alla mia socia Debbie di Get Smart, e faremo lo stesso con l’“Xmas Festival”, e per questo ci son venuti un sacco di insulti del tipo “terroni, avete spostato il festival in Africa”. Ti dico che in tre anni questo napoletano ha creato una squadra di produzione che gestisce molti concerti di qualsiasi genere. Forse è vero che devi superare lo stereotipo, però se vedono che sei una persona seria e professionale, tutto si supera. Io mi faccio il culo così, sono iper-puntuale, e secondo me noi abbiamo quel quid in più che loro non c’hanno, perché ci siamo sempre dovuti arrabattare, che messo in maniera positiva può servire. È anche vero che molto ce lo meritiamo, il 95% dei napoletani fuori città crede di essere più furbi di tutti gli altri, a volte anche io credo di poter agire così. Tuttavia non è così, ci sono delle regole da seguire, un senso civico.”

Ora parliamo un po’ di musica, a quando un nuovo disco degli Undertakers?
“ Il problema di fondo è che se io faccio una valutazione di band, ti posso dire che gli Undertakers si sono già sciolti da due anni. Io prima programmavo tutto, ma ora siamo tutti più grandi, abbiamo mille cose da fare. Noi abbiamo un gruppo che è un punto di riferimento per tutta la scena mondiale, i Raw Power. Loro non hanno uscite discografiche, essi vivono semplicemente, poi ogni tanto si ricordano di fare un disco. I concerti per me sono defaticanti, sono tipo le partite di calcetto che ti fai con gli amici. Faremo un disco speriamo per l’autunno, ma senza stress, nel senso che magari è previsto per il 2005 ma lo faremo nel 2006. Se ti dovessi dire che siamo pronti, no. Gli Undertakers vivono, perché ci piace portarli avanti.”

Ho apprezzato molto il disco di remix.
“ Quella è un’altra provocazione! Abbiamo conosciuto, a dei rave, delle persone che fanno industrial, noise, ect. Loro stavano in fissa con gli Undertakers e quindi ci hanno proposto questa cosa. È stato fighissimo perché ho dovuto ricantare tutto il disco, non sono stati semplici remix, l’abbiam rifatto tutto, e ho dovuto cantare su basi che vanno dalla gabber al drum’n’bass, e non è tanto facile per una voce che in realtà non è voce. Un’ulteriore cosa per fare quello che ci piace, tant’è vero che non abbiamo avuto tutto questo gran successo discografico.
Io penso di essere fortunato, perché ho sempre rifiutato gli stereotipi, sin da quando avevo 17 anni.”

E i Ciaff?
“ I Ciaff purtroppo non esistono più, per la più banale delle scuse, non c’era quel legame umano di motivazioni che, per quanto mi riguarda, mi portava a voler continuare. Avendo poi miliardi di impegni, il tempo in cui si poteva stare insieme era molto poco. Ci siamo guardati in faccia e abbiamo deciso di non continuare, anche perché ci siamo resi conti di non essere arrivati a niente.”

Voi avete coverizzato anche “Ripetutamente” dei 99 Posse. Ti ho sempre pensato, nella mia mente, come allo Zulù del metal. La pelata è la stessa, la panza e la rabbia pure. Che ne pensi?
“ La prima fase sicuramente. Io li conosco, sono amici, però poi è subentrato un meccanismo di music-biz che ha marcato molte idiosincrasie tra quello che si diceva e quello che si faceva. La mia fortuna è che facendo un genere dove i soldi non si possono fare, soprattutto in Italia, io vivo di musica facendo altro, gestendo ad esempio i Pooh, cosa che mai avrei pensato nella mia vita e che se mi avessi detto 4 anni fa, ti avrei dato addosso. Ciò però mi ha permesso di vivere di musica e di preservare completamente la mia integrità di musicista grind. Ultimamente lo Zulù mi è proprio scaduto, quindi solo nella prima fase ti concedo la similitudine. Questo è solo il mio punto di vista.
Poi lui ha fatto una carriera da musicista, però non gli do tutti i torti, perché lavorandoci, posso dirti che il music biz è la cosa più sporca. C’è gente che per 100 euro si fa ammazzare. La cosa buona è che appunto gli Undertalers si sono auto-preservati grazie alla musica che fanno fondamentalmente.”

Visto che avete suonato con tante bands importanti, c’è un gruppo con cui non hai mai suonato e ti sarebbe piaciuto?
“ Io gli ho organizzato il concerto e fatto da tour manager per ben tre volte, parlo degli Agnostic Front. Ecco, la è sudore e riff, il chitarrista ha 43 anni, N.Y. Hardcore serio e vero, gente tranquillissima, da paura. Gli altri gruppi ci ho suonato quasi tutti, i Napalm Death ad esempio, ma anche i Cannibal Corpse e i Suffocation. Però gli Agnostic Front sarebbero il massimo.”

Considerando il fatto che hai un’agenzia di promozione, ci sono gruppi che vuoi consigliarci?
“ Malgrado personalmente non abbiamo un buon rapporto con questo gruppo, ti consiglio gli Inferno di Roma, fanno sci-fi grind’n’roll. Anche i Sudden Death sono bravi. Ultimamente però ti dico che le cose che mi fanno impazzire sono i soliti Napalm Death o Dying Fetus, perché il loro modo di suonare è come una firma, li riconosci subito. In genere manca la voglia di dare una rilettura alle cose, anche dal punto di vista dei testi e iconografico. I Napalm Death sono grandissimi, girano ancora con cachet ridicoli, suonano dappertutto, rispetto a bands che dovrebbero leccargli le palle e chiedono 4 volte tanto. Ultimamente la scena asfittica, anche perché forse mi muovo su territori molto diversi e vari, dalla musica jamaicana al grindcore. La musica non mi da più le emozioni di una volta, infatti sto riscoprendo molte cose che ascoltavo da bambino, forse sarà anche l’età. Ormai ho quasi 34 anni e vivo la scena da quando ne avevo 16.”

Prima di salire sul palco ti lascio il tempo per dire quello che vuoi.
“ Con te ci siamo sempre fatto chiacchierate importanti e particolari, non sono mai state le solite interviste…”

Infatti forse avrai notato che non ti ho stuzzicato sulla politica…
“ Vogliamo parlarne?!?”

Ok, vai pure!
“ Che ti dico? Io onestamente sto diventando molto diffidente, la mia crescita sinistroide sta venendo meno, pur se la Kick Promotion è stata la realizzazione di quello che mi è stato impartito nei centri sociali. Ho creato un meccanismo collettivo di lavoro, io sono il responsabile, non sono il capo, ognuno si taglia la sua fetta di guadagno perché lavora, siamo in sei persone. Io sono molto deluso dalla politica istituzionale, non professo rivolte, perché credo che il ventenne forse deve andare a fare manifestazioni, contro il G8, le ho fatte pure io quand’ero piccolo. Credo che la soluzione sia quella di starci, perché ci devi restare nella società, ma devi starci a modo tuo. Questo è quello che ho cercato di fare con l’agenzia.
Il discorso è che alla fine voti il male minore, perché quello che sta al governo è ormai roba da Zelig, è cabaret puro. Dall’altra parte però anche ci sono dissapori, ed è pesante tutto ciò. Io al referendum andrò a votare, perché è più un fatto etico, è molto importante. Però la sinistra non è più quella di una volta. Auguro a tutti di riuscire a crearsi un prisma nel quale vedere la realtà da una certa angolazione. Io con la mia agenzia mi son fatto il mio gruppo di lavoro, perché il mio ufficio è uno dei pochi dove puoi trovare scritto “vietato non fumare”, perché tutti fumano. È una stupidaggine, per farti capire come non ho bisogno di interagire con gli altri, poi è normale che vai in banca, hai il cellulare, la carta di credito. I meccanismi di vita sono questi. Vivo del mio lavoro e sono contento, perchè me la rischio tutti i giorni. Sono partito da Napoli con un grosso punto interrogativo. Secondo me oggi la rivoluzione è proprio questa, una rivoluzione forse molto silenziosa, cioè riuscire a vivere con quello che ti piace. A quelli che hanno 20 anni dico di provarci, perché al massimo può andare male, però bisogna provarci.”

Due anni fa però non parlavi così…Sia chiaro non ti sto criticando, però noto questo cambiamento, forse è una questione di maturità. Se fossi cattivo ti direi è perché adesso hai la pancia piena, perciò parli così, nel senso che ormai hai trovato la tua dimensione e te ne freghi di tutto il resto.
“ Forse hai ragione, ma dimentichi che è un percorso iniziato a 16 anni. Però è probabile, perché forse due anni fa ero ancora legato alle frustrazioni che mi dava questa città, che amo profondamente e difendo a spada tratta. Però il problema è proprio che in questa città le frustrazioni delle persone sono esagerate, io in una notte ho deciso di lasciare Napoli, di lasciare tutto, gli amici, ho lasciato solo un biglietto ai miei genitori. Avevo già dei contatti con Roma, ma la città mi soffocava, città stupenda, ma dove l’affermazione dei propri sogni non è consentita. Roma non è che sia sto granché, però un minimo te lo consente, puoi fare certe cose. Indubbiamente è come dici tu, ora sono molto meno arrabbiato. Però dal punto di vista di angosce e insicurezze forse è molto peggio adesso, perché adesso mi metto in gioco in prima persona, prima non avevo niente da perdere. Quindi avevo anche il fatto di scatenare tutto. Secondo me i ragazzi di oggi sono messi molto peggio, perché non hanno nessun valore, hanno solo la playstation, la televisione, non vanno manco più ai concerti; intendo come momento di aggregazione il concerto è finito. Non c’è più la voglia di spaccarsi dopo una settimana di lavoro. Sono meno incazzato di prima, ho anche 34 anni…Però stasera vedrai che per quanto riguarda la musica non è cambiato nulla, anzi forse c’è ancora più violenza, siamo rimasti con una chitarra, per essere più diretti, taglienti e veloci, testi molto estremi. Stasera vedrai.”

A registratore spento poi Enrico si abbandona ancora di più a confidenze, anche personali, agli aneddoti dell’ambiente che non si possono raccontare e via dicendo. È una chiacchierata fra amici e fra persone che si rispettano, e mi spiace non potere riportare le parole di Enrico, il quale mostra ancora una volta di essere un grande…poi c’è il palco, e lassù diventa grandissimo.

Intervista a cura di Luigi 'Gino' Schettino

Ultimi commenti dei lettori

Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?