THE FALL OF EVERY SEASON (Marius Strand)

Intervista raccolta da Gianluca Grazioli
Traduzione a cura di Elisa Golzio

Cosa puoi raccontarci in merito alla scelta di realizzare un one-man-band album? Come si sono svolte le registrazioni? Cosa e come hai utilizzato/registrato chitarra, voce, piano, ecc..?

Nel mio breve trascorso in una band cosiddetta “completa”, ho avuto modo di rendermi conto che avrei potuto fare le stesse cose anche facendo affidamento sulle mie sole capacita’. Essendo autodidatta per quanto riguarda tutti gli aspetti inerenti alla musica, ero curioso di mettermi alla prova e vedere se sarei stato in grado di realizzare dei pezzi completamente da me. Ne e’ scaturito il progetto “The Fall of Every Season” che, originariamente, era partito come un progetto acustico, evolvendosi, successivamente, in una progressive death/doom band. Le registrazioni sono avvenute in un piccolo monolocale, con l’utilizzo di un laptop economico, un condensatore mic AKG per voce, piano e chitarra, un piccolo impianto digitale per la batteria, il tutto poi condensato in un mixer dal prezzo abborbabile. Quello che invece e’ costato abbastanza sono gli strumenti che utilizzo al momento, con particolare riferimento alla mia Ayers acustica e la mia tastiera Yamaha Grand. Con un budget cosi’ economico, dopotutto, la produzione stessa e’ riuscita principalmente grazie ai miei piccoli segreti ?

Come sei riuscito ad ottenere il contratto con la Aftermath Music? Altre etichette hanno mostrato interesse per il tuo lavoro?

La Aftermath si e’ messa in contatto con me dopo aver ascoltato un paio di samples tratti da quello che sarebbe poi diventato il demo intitolato “From Below”. In verita’, il lavoro non era neppure finito, i ragazzi dell’etichetta hanno tuttavia mostrato grande interesse nei miei confronti, offrendomi dunque un contratto ragionevole. Ero contemporaneamente in trattativa con altre due labels, ma non seriamente come con Aftermath.

Raramente mi sono imbattuto in un disco cosi’ deprimente e colmo di echi di morte, come l’album da te realizzato. Da cosa hai tratto ispirazione? Sei realmente un ragazzo depresso che poni in musica la tua vita e le tue emozioni o, in caso contario, come ti sei trovato a comporre tale genere di lyrics e melodie?

Non sono una persona depressa, semplicemente riservata. La mia musica e’ tutta concentrata sulle melodie e mi capita di frequente di apprezzare melodie malinconiche. Non so spiegarmi il perche’, ma per me e’ una naturale espressione di bellezza, cosi’, ogniqualvolta mi trovo a scrivere musica, seguo sempre quella linea di buona espressione melodica. Traggo inoltre grande ispirazione dall’atmosfera che trasuda la natura che mi e’ intorno, da altri musicisti e dai film, ragion per cui ritengo sensato menzionare il fatto che sono uno studente di cinematografia.

Quanti anni hai? Quali sono le tue occupazioni nella vita di tutti i giorni, ad esclusione della musica, naturalmente?

Ho 21 anni e, come gia’ accennato, sono uno studente di cinematografia. Sto svolgendo gli studi in Inghilterra, al momento, ma per l’estate saro’ nuovamente di ritorno in Norvegia. Non vedo l’ora di tornare a casa, per potermi cosi’ concentrare completamente sulla musica.

Parliamo piu’ a fondo del mio pezzo preferito, ovvero “Her Withering Petals”: potresti, per favore, chiarire maggiormente le sensazioni, la storia, che hanno portato alla creazione del pezzo?

Si tratta del primo pezzo completo che ho realizzato e, per diversi aspetti, e’ la rappresentazione perfetta di cio’ che caratterizza il progetto “The Fall of Every Season”, oltre naturalmente a costituire un lavoro molto importante, ai miei occhi. Nel contesto del nuovo disco, e’ una canzone che parla della liberazione dall’intrappolamento e dalla morte, come sollievo rispetto agli stessi. Tratta pero’, anche del forte rapporto uomo-natura. Un pezzo che, in conclusione, non da’ speranza, ma che comunque fa sperare.

Sei mai stato in Italia? Conosci ed apprezzi alcune fra le bands nostrane?

Sfortunatamente, non ho ancora avuto occasione di visitare l’Italia, ma e’ una cosa che ho assolutamente intenzione di fare, prima o poi. Deve essere un paese davvero favoloso! Per quanto riguarda le bands, un gruppo italiano per me incredibile sono gli Ephel Duath: i loro sforzi per ridurre la struttura e la prevedibilita’ in musica sono importanti ed invidiabili. Un altra band degna di menzione sono i Novembre, attraverso il cui disco, “Classica”, hanno impregnato la musica di autenticita’ ed emozione.

Giudico le immagini interne al booklet (che definisco eccellente), le quali ti ritraggono sulle rive del mare, davvero interessanti…Dove sono state scattate? Sono davvero fotografie intense…

Ah, si. Sono rimasto molto soddifatto della scelta della location: si tratta di Rotvoll, presso Trondheim, un luogo vicino a dove vivevo prima. E’ una location meravigliosa, e carica di atmosfera!

Cosa puoi dirci in merito a progetti futuri?

Al momento, sto dedicandomi al songwriting, e cio’ e’molto positivo. Sto concentrandomi su pezzi lunghi ed epici, carichi della stessa malinconia che caratterizza “From Below”, anche se in maniera meno sofisticata, direi. Non appena poi faro’ ritorno in Norvegia, iniziero’ a cercare membri da impiegare temporaneamente nella band, in modo da realizzare cosi’ qualche concerto. Sarebbe infatti divertente poter riuscire a suonare un po’in giro, e spero sinceramente che la cosa funzioni!

Le ultime battute sono per te, Marius!

Ti ringrazio per la bella intervista e colgo l’occasione per ringraziare anche coloro che la leggeranno, incoraggiando cosi’ quelli di voi che apprezzano la musica progressiva e malinconica, ad ascoltare “From Below”.

Intervista a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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