Ulver (Kristoffer Rygg)

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Gruppo:Ulver
Alle 15 in punto di un assolato pomeriggio, tanto a Milano quanto a Oslo, Kristoffer Rygg ci chiama su Skype e, pur mostrandosi ben disposto a chiacchierare, non nasconde il desiderio di voler uscire a farsi una passeggiata con il cane e i suoi bambini!
Intersecando presente, passato e futuro, ci addentriamo nell'evoluzione degli Ulver, uno dei gruppi più eclettici ed imprevedibili degli ultimi tempi.


Il tour è praticamente terminato, manca solo una data a Helsinki (fatta il 21 aprile N.d.A.), come è andata?

Kris: ci siamo ribattezzati "The Who" durante questo tour, diciamo che in un paio di occasioni ci siamo abbandonati a degli eccessi, ma c'era da aspettarselo... Per quanto riguarda i concerti invece, sono perlopiù soddisfatto, alcuni sono andati meglio di altri, ma anche questo fa parte del gioco, a volte hai un ottimo sound sul palco, altre ti chiedi cosa stia effettivamente arrivando al pubblico... Ma tutto sommato non ho di che lamentarmi.

Alcuni fan sono rimasti per così dire confusi dalla scelta di suonare per intero il nuovo album, Come mai questa decisione?

Kris: non sono un grande frequentatore di concerti, ma non vedo il problema nel presentare dei pezzi nuovi dal vivo. Sarà che non ho una grande esperienza come spettatore, quindi magari mi sfugge qualche aspetto 'culturale', e può essere che abbia fatto una valutazione sbagliata, se tu mi dici che è importante per i fan conoscere già i pezzi e poterli seguire. Il punto è che avevamo già fatto un lungo tour suonando vari brani del nostro repertorio, e avevamo voglia di fare qualcosa di diverso, che rappresentasse il nuovo album. Posso capire che per alcuni sia stato un po' spiazzante, ma credo sia stato più onesto da parte nostra portare uno show inedito, invece di suonare più o meno gli stessi pezzi dell'altra volta.

Credo che ormai i 'veri' fan abbiano imparato ad aspettarsi qualsiasi cosa dagli Ulver! Tra l'altro è stata una mossa geniale, se pensi a tutti quei gruppi che ultimamente celebrano l'anniversario di un loro disco, suonandolo per intero... Voi avete già bruciato la tappa!

Kris: abbiamo deciso di farlo anche per noi stessi, per trovare una nuova ispirazione. Come puoi immaginare, il contesto live per noi è un po' più problematico rispetto alla maggior parte dei gruppi, e il fatto di suonare del materiale completamente nuovo ci ha dato una motivazione maggiore e ci ha fatto sentire più coinvolti. Abbiamo voluto seguire un nostro impulso, senza valutare troppo l'aspetto commerciale del tour.

È un classico, per ogni band, affermare che il nuovo album è il migliore che abbia mai fatto. Tu come vedi Wars of the Roses?

Kris: ah no, io non la penso così. Potrebbe anche essere il nostro album migliore ma non credo si possa giudicare la qualità di un disco subito dopo la sua uscita, soprattutto se sei coinvolto in prima persona. C'è bisogno di tempo per... "digerirlo" (suggerisce Daniel O'Sullivan, ospite a casa di Kris). Devo imparare io stesso ad apprezzarlo, come tutti gli altri ascoltatori. Inoltre, è un disco molto diverso dagli altri. Penso sia più facile fare un'affermazione del genere se hai un tuo stile che cerchi di migliorare con ogni disco, non so, come i Morbid Angel, per fare un esempio. Ma nel nostro caso non so davvero rispondere, magari saprò dirtelo tra un anno!

Ok, ci torneremo su! Immagino che questa sia la domanda che ti perseguita ad ogni intervista, ma il cambio del titolo dell'album è stato abbastanza inaspettato. Cosa è successo?

Kris: è stato un capriccio a dire il vero. Rileggendo i testi sono rimasto colpito dalla frase Wars of the Roses... Il titolo Critical Geography non ci ha mai convinti del tutto e stavamo cercando qualcos'altro, così nonostante l'annuncio, poco prima di andare in produzione stavo riguardando l'artwork e ho capito che Wars of the Roses si adattava meglio, ed in un certo senso aveva lo stesso significato, riferendosi però ad un evento storico reale e non ad un concetto astratto.

Ricordo un tuo status su Facebook nel quale avevi scritto di temere 'Critical Geography'. Cosa intendevi dire?

Kris: sì è vero, con tutto quello che è successo poco dopo in Egitto, in Giappone, in Libia, non volevo accollarmi la responsabilità di una sorta di profezia. Di fatto il mondo è nella merda da tanto tempo, ma la coincidenza di tutti quegli eventi è stata veramente troppo. Per fare un discorso un po' metafisico, quel titolo mi dava una sensazione strana e non volevo che si trasformasse in una specie di maledizione! Quindi ci siamo orientati sul riferimento inglese e la poetica dei tempi che furono; e devo dire che in generale, come titolo, suona anche meglio.

Nella cartella stampa si legge che il concept dell'album parla della condizione umana e della decadenza del mondo. Da queste parti però si ha l'idea che la Norvegia sia ancora un Paese sotto molti aspetti privilegiato. Come hai raccolto gli elementi per trattare queste tematiche?

Kris: vedi, in realtà in un Paese come il nostro la gente si ritrova con parecchio tempo per pensare e scavare nelle situazioni, e paradossalmente penso che il privilegio di non dover fare troppi sacrifici sia nocivo per la mente! Questa è un po' la maledizione di chi vive in un posto dove la vita, almeno dal punto di vista materiale, è piuttosto semplice; infatti, come saprai bene, da queste parti il tasso di suicidi è molto alto. Si tratta di una conseguenza di questa condizione: avere troppo tempo per pensare alla fine uccide. Noi abbiamo questo tipo di problema interiore, rispetto a chi deve affrontare delle difficoltà materiali, ma in fin dei conti, viviamo tutti in un mondo pieno di problemi. In testi come Norwegian Gothic e England, abbiamo cercato di evidenziare come questa sorta di propaganda culturale, che mette in mostra il valore di un Paese come il mio o come l'Inghilterra, sia di fatto un modo per nascondere lo sporco che si nasconde dietro l'orgoglio delle proprie tradizioni. Insomma, volevamo far capire che qui non ci sono solo i bei fiordi e le feste intorno ai fuochi, ma anche incesto, follia, suidici ed ogni sorta di perversione, nelle zone rurali.
Mi piacerebbe considerare i pezzi di questo album come una collezione di cartoline musicali dalle tinte gotiche, rispetto a quelle con il sole che splende sui fiordi. In qualche modo questa è diventata anche l'essenza della band, dalla nostra musica trasuda la voglia di evidenziare tutto ciò che affligge questo mondo. Ci tengo a sottolineare che sono anche in grado di ridere e divertirmi nella mia vita privata, ma per il gruppo è importante trasmettere questo stato d'animo e puntare il dito contro tutto ciò che affligge il mondo. A dirla tutta siamo anche preoccupati per come stanno le cose, c'è un amore di fondo nei confronti dell'umanità e dunque un'ambivalenza nelle tematiche che trattiamo. Direi che tutto il gruppo si pone in termini ambivalenti, da sempre.

Gli Ulver sono ormai entrati a far parte del meccanismo commerciale di un'etichetta di un certo livello, con annessi obblighi promozionali ed impegni vari. Era questo quello che volevi per il gruppo o stai solo vagliando come funziona e magari in futuro deciderai di tornare ad una gestione indipendente delle attività della band?

Kris: credo che sia solo una fase, non siamo il tipo di gruppo che torna ogni anno con un disco, un tour... Negli ultimi due anni ci siamo occupati del nostro live act, ma stiamo discutendo a fondo della necessità di tornare ad essere un gruppo da studio, e di ridurre il numero di apparizioni in pubblico. Dobbiamo capire bene come comportarci, è ancora presto, abbiamo ancora delle cose da portare a termine. Non posso aggiungere altro per il momento, è stato un periodo positivo e costruttivo, abbiamo imparato molto ma ci sono stati tantissimi alti e bassi… è la solita storia dell'ambivalenza all'interno del gruppo. Idealmente, mi piacerebbe poter fare esclusivamente della musica, che è poi la cosa più importante ed è l'unica traccia che resta veramente alla fine. Però sai, si deve anche lavorare e fare delle cose meno piacevoli!

Come è nata la collaborazione con Daniel O'Sullivan e qual è il suo contributo all'interno della band?

Kris: ci siamo conosciuti via mail, o forse tramite myspace, siamo entrati in contatto perché entrambi apprezzavamo il lavoro dell'altro. E poi ho scoperto che Dan conosceva Stephen O'Malley, che è un mio amico da 15 anni. Mi hanno invitato a suonare con gli Æthenor e in quell’occasione abbiamo consolidato la nostra amicizia, decidendo di collaborare anche negli Ulver. Tra l'altro Dan è un musicista molto eclettico ed era esattamente il tipo di persona di cui avevamo bisogno in sede live. Quindi all'inizio era semplicemente un turnista, ma col passare del tempo l'affiatamento è cresciuto ed è stato naturale chiedergli di entrare a far parte degli Ulver in veste di forza creativa. Per cui sia sul disco che dal vivo si possono notare il suo contributo ed il suo coinvolgimento. E questo si riallaccia anche al discorso di prima, riguardo alla scelta di suonare per interno il nuovo disco. Non si è trattato di fare gli spavaldi, ma di consolidare il gruppo, non solo in virtù del fatto che abbiamo un nuovo membro, ma perché sentivamo che era la cosa giusta da fare.

So che sono passati tanti anni, ma ricordi il momento in cui hai deciso di abbandonare il black metal per iniziare ad esplorare questi nuovi territori musicali?

Kris: ci sono stati tanti fattori che mi hanno spinto ad andare oltre, in particolare un forte interesse nei confronti di altre forme musicali, unito al fatto che il black metal stava diventando troppo commerciale e, per quanto mi riguarda, stava perdendo il fattore che lo rendeva interessante ai miei occhi, ovvero quell'alone di clandestinità. Si trattava di gente ai margini della società che faceva musica al di fuori degli schemi, e quando tutti hanno iniziato a mettersi le stesse magliette e a fare le stesse cose, il mio intesse si era già rivolto verso altre sonorità. Quindi non mi sono più sentito ispirato dal black metal; anche se i gruppi stavano migliorando il proprio stile e le produzioni stavano diventando più curate, di fatto si stavano perdendo tutte quelle sfaccettature che mi avevano intrigato all'inizio. Inoltre stavo crescendo e non mi identificavo più con l'estetica, il modo di pensare, gli ideali e tutto il resto. Non vorrei sembrare arrogante, ma ad un certo punto penso di essere semplicemente diventato più maturo, e dunque mi sono allontanato spontaneamente dalla scena.

E non hai mai pensato di cambiare il monicker?

Kris: no assolutamente! Il gruppo non è solo un'estensione di me stesso, ma anche delle persone coinvolte, che però sono cambiate radicalmente intorno al 1997-98... in ogni caso, per me è diventato come un cognome, e non è una cosa che si cambia in base all'evoluzione della propria personalità! Avrei potuto farlo, ma il pensiero non mi ha mai sfiorato, anche perché ho sempre visto il gruppo come un processo in continua evoluzione, il nostro sound potrebbe cambiare nuovamente da qui a dieci anni, quindi non ho ritenuto necessario cambiare il nome.

In ogni caso, penso che siate riusciti a coinvolgere parecchi vostri fan in questa evoluzione...

Kris: credo di sì, almeno una buona parte. Siamo stati fortunati in questo senso ma credo sia anche dovuto al fatto che non siamo cambiati radicalmente, scegliendo un percorso diametralmente opposto. Per dirla in termini molto semplici, credo che chi ascolta black metal sappia anche apprezzare un certo tipo di musica oscura ed atmosferica, e penso che noi siamo comunque rimasti in quell'ambito; le persone più aperte di mente hanno capito ed apprezzato la nostra evoluzione. D'altra parte penso fosse evidente fin dall'inizio che non eravamo un tipico gruppo black metal, il nostro secondo disco era completamente acustico, con le voci pulite... francamente non capisco quando la gente mi dice che siamo allontanati radicalmente dal nostro sound. Ok la differenza tra Nattens Madrigal e l’album su William Blake è enorme, ma penso che ci sia un abisso tra tutti i nostri album e trovo strano che la gente tenda a separare la trilogia da tutto il resto.

Hai dei bei ricordi del periodo black metal, quando la scena era all'apice?

Kris: oh sì certamente, è stato il mio periodo magico, come per tutti quelli che erano coinvolti! È stato un periodo di rinascita per la Norvegia ed ha segnato la gioventù di parecchie persone, che si sono identificate in una cosa creata praticamente dal nulla. Sono già passati venti anni e... vengo colto anche io dalla nostalgia, se ci ripenso, anzi, qualche volta mi piacerebbe poter tornare indietro, ma è impossibile si sa, bisogna andare avanti con la vita e non ha senso cristallizzarsi nel passato. Penso però che nel corso degli anni siamo riusciti ad onorare uno degli ideali principali del cosiddetto 'vero black metal', ovvero che per essere un 'vero gruppo black' bisogna essere innovativi ed originali. Gli Ulver si sono sempre sforzati di fare qualcosa di nuovo e di diverso.

Ascolti ancora qualche vecchio 'classico'?

Kris: no... a dire il vero da un anno a questa parte non ascolto più tanta musica e se mi capita di mettere su un disco si tratta di roba tipo Serge Gainsbourg... Occasionalmente ascolto un po' di Slayer, ma saranno almeno cinque anni che un disco di Bathory non entra nel mio stereo!

Tornando al presente... Con gli Ulver hai esplorato la poesia, le colonne sonore e di recente, in occasione del concerto all'Opera di Oslo, un tipo di performance quasi teatrale. Quali altre forme di espressione artistica ci riserveranno gli Ulver, in futuro?

Kris: ci sono alcune idee ed opzioni che stiamo prendendo in considerazione, al momento non sono in grado di dire cosa o chi verrà prima... Per esempio, penso che rifaremo uno show con Ian, la persona che si è esibita con noi all'Opera, e credo che metteremo insieme delle performance particolari, da portare sul palco un numero limitato di volte e non per la durata di un intero tour, qualcosa tipo un'installazione. Musicalmente, vogliamo creare uno scenario che rispecchi il più precisamente possibile i nostri testi... Il tour precedente aveva un supporto visivo dai toni socio-politici, mentre per questo ci siamo orientati più sui paesaggi... sicuramente vogliamo continuare a lavorare con questi mezzi ed usarli per dare un aspetto più completo al nostro show. Queste sono più o meno le nostre idee, vedremo quali di queste prenderà forma per prima.
Intervista a cura di Stefania Renzetti

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