Un ottimo disco, non vi troverete originalità a palate, ma la personalità certo non manca, quella personalita che solo chi ha contribuito alla nascita di un genere e ne è stato ai vertici per anni possiede. Gli Helloween con l'ennesimo colpo di coda (e tanta classe) riescono ancora una volta a spazzare via le critiche degli ultimi tempi e i recenti segnali di appannamento.
I quattro pezzi centrali ("Rain", "Leaving Hell", "Empress", "When The World") bastano ed avanzano ai Gamma per cavarsela con una sufficienza ampia, ma per il resto questo cd è una delusione quasi totale.
2 cadute di stile (Everytime It Rains, Blood On Your Hands), 1 pezzo davvero brutto (The Curse Of Sharon), 8 brani di pregevole fattura. L'aggressività a tratti viene a mancare, e questo è un difetto di cui tener conto, perchè era proprio quella l'arma in più dei nostri, soprattutto quando messi a confronto con la scena power tedesca. Promossi, ma la prossima volta si spera in qualcosa di meglio...
Ghost Opera raccoglie l'eredità del precedente Black Halo facendone convergere il mood drammatico e l'aggressività dei riff in strutture più orecchiabil e levigandone la ruvidità del sound riportando in primo piano orchestrazioni imponenti. Il risultato è un cd straordinario, dove ogni traccia è una piccola perla e la qualità risulta omogenea per tutta la durata del disco.
Quest'album è la prosecuzione ideale del processo che da World Coming Down in poi ha visto i T0N spogliarsi progressivamente della loro veste più gothic. In pratica si ha la sensazione che Steele e soci abbiano ripreso il discorso da Slow Deep And Hard, enfatizzando il loro lato più doom. Album che rasenta la perfezione e si lascia ascoltare (e riascoltare) con piacere, nonostante la durata ragguardevole di quasi tutti i brani.
Questo The Neverending Sun segue Evermoving del 2001 e Reawaken del 2002 e ne ricalca le coordinate musicali riproponendo un power metal di matrice americana dal taglio oscuro, epico e vagamente prog. Proprio le influenze prog per quanto lievi sono il punto di forza degli Onward, che grazie a tali influenze riescono a risultare più vari ed articolati di quanto il genere imponga. Su tutto poi regna sovrana la particolarissima voce di Michael Grant e il virtuosismo chitarristico di Toby Knapp.
Forse un po' corto, ma dal solo di batteria che apre l'album fino alla conclusiva Fear In The Sky Christy e soci sono riusciti a percorrere il genere in lungo e in largo. C'è un po di tutto, da furiosi blastbeat alle ballate, passando per fraseggi melodici e approcci vagamente prog che tanto mi hanno ricordato le band power americane nate sul finire dei 90. Ciliegina sulla torta, una prova d'insieme davvero notevole. Ripeto, l'unico difetto è la lunghezza, anche delle singole composizioni...
Grande comeback per i Kreator, che dopo un decennio tornano sulle cordinate melodiche di un album come Violent Revolution, tanto da far sembrare questo Phantom Antichrist il successore di quello storico album. Tanta melodia, ma anche tanta potenza, per un risultato che magari farà storcere un po' il naso ai puristi, ma rischia di esaltare seriamente coloro che ritengono la ricerca melodica un valore aggiunto.