Quando si parla di leggende della chitarra elettrica non si può far a meno di nominare Zakk Wylde, carismatico axeman venuto alla ribalta verso la fine degli anni '80 grazie al lungimirante Ozzy Osbourne, che lo fece esordire sullo splendido "No Rest For The Wicked". Il resto è storia, come si suol dire; nel corso degli anni Zakk ha perfezionato il suo inconfondibile stile alternando le collaborazioni con Ozzy ad altri importanti progetti, ricordiamo che anni or sono ebbe l'opportunità di entrare addirittura nei Guns 'n Roses, e sfornando a cadenza regolare album solisti, prima con il nome di Pride And Glory, poi identificandosi semplicemente come Zakk Wylde ed, infine, formando una vero e proprio gruppo, attivo oramai da ben quattro album (5 se vogliamo conto anche il live con 5 inediti), conosciuto come Black Label Society. Oggi più che mai la proposta della band (anche se chiamarla band è forse esagerato trattandosi oramai del solo Zakk impegnato dietro tutti gli strumenti e coadiuvato dal batterista Craig Nunenmacher) si orienta verso un violentissimo heavy stoner, influenzato soprattutto dai Black Sabbath e caratterizzato da chitarre accordate, per esprimersi con le stesse parole di Zakk, "basse come l'inferno", senza dimenticare la llezione del southern rock impartita da formazioni come Lynyrd Skynyrd. La terza traccia, "Stillborn", vede Zak venire affiancato dal padre/padrone Ozzy Osbourne per una performance che non avrebbe sfigurato su "Ozzmosis", mentre il riffing mantiene sempre un gusto prettamente americano impreziosito dagli eccellenti assoli, ora vicini al blues più selvaggio ora classicamente metal, che confermano l'assoluto stato di forma del chitarrista. Come per ogni disco dei Black Label Society, superato il positivo impatto iniziale influenzato principalmente dalla pesantezza dei riff e dall'ottima produzione, dopo qualche ascolto emerge immancabilmente il problema principale, da ricercare nella scarsità d'idee che affligge gran parte delle composizioni soliste di Mr. Wylde (fatta esclusione per i Pride And Glory e lo splendido "The Book Of Shadows"). "The Blessed Hellride" non è certo il disco che invita a spingere ancora play una volta terminato l'ascolto, anche se questa volta i motivi sono sicuramente di più, complice anche una prestazione vocale di Zakk finalmente ragionata ed apprezzabile. Chi non ha mai apprezzato i BLS non inizierà certo con questo disco, ma è indubbio che in fan di vecchia data del chitarrista avranno di che rimanere soddisfatti.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?