Ma guarda un po’! Per parecchio tempo non si hanno più notizie di certi “antichi” protagonisti della scena italica e poi improvvisamente, quando meno te l’aspetti, ecco che ritornano “prepotentemente” alla ribalta, prima con un’imprevista intervista sulle pagine virtuali di una delle webzine maggiormente autorevoli e preparate della rete (avete bisogno di sapere qual è? Vergogna! … A proposito, grande Graz! Così aggiungo un po’ d’adulazione all’autocelebrazione, ma sono entrambe cose che penso davvero!) e poi con il debutto di un interessantissimo progetto musicale.
Stiamo parlando di Cristiano Santini, ieri animatore di una controversa e provocatoria entità musical-politico-teatrale chiamata Disciplinatha e oggi, oltre che manager della label Black Fading, musicista e compositore per i
Lunacy Box.
La band, proveniente (come dichiara nella bio) “dai bassifondi dell’Emilia un tempo rossa e grassa e oggigiorno sempre più paranoica”, propone un intrigante forma di gothic pop, guidato dalla sensuale e intensa laringe della cantante (e street photographer) Ms Larsen e immerso in un’estetica di chiaro riferimento dark-wave (Bauhaus, Siouxsie and the Banshees e Joy Division, sono indicati, assieme a Nine Inch Nails, come le principali fonti di “nutrimento” del gruppo).
Nonostante l’ambito espressivo non proprio “sedizioso”, era da parecchio che non mi capitava di ascoltare un prodotto appartenente a questo genere così coinvolgente, capace, come da copione, d’essere accattivante, decadente, orecchiabile, conturbante e immediato, ma in grado anche di conquistarsi aggettivi quali fresco, magnetico e, in qualche modo, pure “moderno”, sconfiggendo con la forza delle idee, il senso d’affettazione, fugacità e soverchia “ruffianeria”, che viceversa caratterizza molte delle produzioni analoghe.
In “Lunacy box” troverete lo spleen esistenziale di una notte vissuta in solitudine, la morbidezza romantica e lasciva della seta e la subdola capacità avvolgente della ragnatela, manifestate attraverso la potenza “discreta” delle chitarre, le pulsazioni estetizzanti dell’elettronica e una voce incredibilmente efficace nel trovare le melodie e le modalità interpretative corrette per aprire nella corteccia cerebrale un solco veramente difficile da rimarginare.
Una pregevole cura negli arrangiamenti e una configurazione tecnica priva di sbavature rendono il disco un eccellente prodotto dalle notevoli velleità commerciali, legittimate da un lotto di canzoni francamente tutte belle (per dovere di cronaca, segnaliamo esclusivamente una brillante versione di “Hey man nice shot” degli ottimi Filter di “Short bus”, impreziosita dalla presenza di Justin Bennett, noto per aver collaborato con Professional Murder Music, Skinny Puppy e Peter Murphy), alle quali forse manca solo, per completare “l’opera”, l’eliminazione di qualche marginale ripetitività nelle architetture sonore.
Affidatevi ai Lunacy Box, potreste scoprire una “novità” avulsa dalla diffusa annaspante mediocrità (anche di grande blasone) del settore.