Uriah Heep - Celebration - 40 years of rock

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2009
Durata:63 min.
Etichetta:Ear Music / Edel

Tracklist

  1. ONLY HUMAN
  2. BIRD OF PREY
  3. SUNRISE
  4. STEALIN'
  5. CORRIDORS OF MADNESS
  6. BETWEEN TWO WORLDS
  7. THE WIZARD
  8. FREE ME
  9. FREE AND EASY
  10. GIPSY
  11. LOOK AT YOURSELF
  12. JULY MORNING
  13. EASY LIVIN'
  14. LADY IN BLACK

Line up

  • Bernie Shaw: lead vocals
  • Mick Box: guitar, vocals
  • Phil Lanzon: keyboards, vocals
  • Trevor Bolder: bass, vocals
  • Russell Gilbrook: drums, vocals

Voto medio utenti

È inutile girarci intorno, ci sono band che sono entrate nella leggenda non a caso, e gli Uriah Heep sono una di queste. Non contenti di aver cacciato un disco eccellente l’anno scorso, il potentissimo “Wake the sleeper”, decidono di celebrare in pompa magna il loro quarantennale (mica pizza e fichi…) con la pubblicazione di una bella compilation. E cosa ci sarà di così eclatante, direte giustamente voi? Beh, che Mick Box non si accontenta certo di immettere sul mercato un semplice best of, ma decide, con i suoi compagni, di registrare di nuovo i brani scelti, e, soprattutto, di aggiungere ben due inediti per rendere il tutto più appetitoso ed evitare di spillare ingiustamente soldi ai fan più accaniti. Iniziamo proprio da queste due canzoni, quindi, che sono poi quelle che più possono stuzzicare la vostra curiosità: “Only human” è posta in apertura, ed è una classica Heep song, rockeggiante e melodica al punto giusto, ottima opener per questa raccolta, a dimostrazione che la vena creativa dei nostri non è affatto scemata, tant’è che non penso di sbilanciarmi se dico che sicuramente verrà inserita nella set list dei prossimi show a supporto del disco. E se continueranno su questa strada sono altrettanto sicuro che tra altri dieci anni staremo ancora parlando di loro per la pubblicazione di un nuovo discone. Il secondo inedito, “Corridors of madness”, invece, mi ha lasciato un po’ spiazzato. Preso di per se il pezzo è molto bello, d’atmosfera, e ancora una volta è assolutamente palpabile la classe armonica dei nostri. Il dubbio deriva dal fatto che la melodia vocale è pericolosamente simile a “Return to fantasy”, tant’è che all’inizio, non avendo la copertina davanti, pensavo si trattasse di una versione riarrangiata di quel pezzo. Piccolo neo a parte, comunque, la canzone si fa ascoltare che è un piacere… Venendo alle “cover”… Inevitabilmente il paragone con il passato salta fuori, e parlando in termini calcistici, se dovessi compilare una schedina metterei un bell’1X2. Alcuni brani vengono valorizzati da una produzione ovviamente migliore rispetto a quella dei seventies, altri proprio perché suonano troppo moderni perdono parte del loro fascino, mentre per altri la differenza sostanzialmente è davvero minima. Diverso il discorso, invece, se mettiamo a paragone Bernie Shaw e David Byron. Nutro simpatia e stima immensa per Bernie, ottimo cantante e tra l’altro ormai da più di vent’anni dietro il microfono della band, però molto spesso esce sconfitto se paragonato alla voce celestiale di Byron, per esempio in “Bird of prey”, “Look at yourself” o nella splendida “The wizard”, mentre molto meno marcata è la differenza in brani come “Sunrise”, “Stealin” o nella superlativa “July morning”. Musicalmente parlando, invece, un discorso a parte bisogna farlo per il mega classico “Gypsy”, che nella versione originale ha un’atmosfera e una magia uniche, mentre qui a parte guadagnare in potenza, grazie all’ottimo lavoro dell’ultimo arrivato Russell Gilbrock alla batteria, poco aggiunge alla sua bellezza primordiale, e in parte lo stesso discorso vale anche per “Easy living”. Visto che stiamo parlando di una band con quarant’anni di carriera alle spalle, decine di dischi, dei quali almeno 7 o 8 capolavori nei primi anni di vita, è ovvio che qualche brano manca all’appello, dovendo racchiudere il tutto in un solo disco, però tutto sommato la scelta mi è sembrata abbastanza equilibrata, e non penso che sia un caso il fatto che a concludere il cd sia stata messa l’immortale “Lady in black”. In ogni caso “Celebration” suona come un lavoro onesto, così come onesti lo sono sempre stati negli anni gli Uriah Heep. Un lavoro che piacerà sia ai vecchi fan, sia a chi ha conosciuto la band più di recente, proprio perché ha un sapore genuino, non sa di fregatura, come spesso accade per i best of… Una grande band si riconosce anche in questo, tutto sommato… non trovate? Per completezza aggiungo che l’album è stato pubblicato in ben tre formati differenti: c’è la standard edition, che racchiude solo il cd di cui abbiamo parlato, la deluxe edition, che ha in aggiunta un DVD con sette tracce dal vivo registrate durante lo Sweden Rock Festival del 2009, e la collectors edition, in cui è presente un 7” autografato dalla band stessa, con due bonus track esclusive.
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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Inserito il 18 nov 2009 alle 12:34

Piu che Celebration Self Celebration

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