Ci speravo davvero di trovarmi davanti a un top album. Ci speravo così tanto che sono rimasto un po’ deluso da questo lavoro. Il ritorno di Hansen e soci, purtroppo, non è niente di più di un buon disco, che nulla aggiunge e nulla toglie a quanto fatto finora dai Gamma Ray.
L’album si apre con l’ottima
Rise: doppia cassa a manetta, riffoni belli crucchi e ritornello da birreria dei bassifondi di Amburgo. La successiva
Deadlands mi ricorda molto da vicino Valley Of The Kings, pur senza raggiungerne l’efficacia. Chiara invece la matrice hard rock di
Mother Angel, giusto per intenderci una via di mezzo tra gli ultimi Edguy e i Maiden di fine anni ’80. Il ritmo rallenta un po’ grazie all’intro per piano e voce di
No Need To Cry, che si sviluppa piena e possente prima di sfociare in una seconda parte quasi folk, seguita da un bellissimo assolo. Il livello crolla con la successiva
Empathy, salvata solo da un lavoro chitarristico mostruoso, dotata di un ritornello che mi ha fatto venire in mente addirittura i Rammstein. In men che non si dica, la metà del disco è già passata ed è ora di sentire la title-track
To The Metal: se l’avessero scritta i Manowar sarebbe diventata l’ennesimo inno da cantare a squarciagola negli stadi di tutto il mondo. Siccome l’hanno fatta i Gamma Ray, i fan più accaniti della band storceranno di sicuro il naso. Non c’entra nulla con la band, ma perché negare ai tedesconi la possibilità di imbracciare, almeno una volta, il sacro spadone invece del consueto doppio pedale per esprimere la loro lode al metal? Citazione comune per le ultime quattro canzoni, tra cui una
All You Need To Know con Kiske in qualità di guest vocalist, che rappresentano quello che chiunque acquisti un disco dei Gamma Ray vuole sentire: i Gamma Ray! Anche qui è opportuno precisare che in passato è stato fatto di meglio, ma quantomeno ci troviamo di fronte a canzoni in grado di fare finalmente breccia nel cuore dei fan.
Un plauso particolare meritano, come al solito, le prove dei singoli componenti del combo teutonico, assolutamente in linea con l’altissimo standard qualitativo a cui ci hanno abituati. Più di tutto il resto, quello che veramente fa capire di essere di fronte a dei maestri è il monumentale lavoro alle sei corde, soprattutto per quanto riguarda i soli, sempre incredibilmente efficaci.
Un disco dignitoso per una band che ha scritto pagine memorabili della storia del metal. Proprio per questo, forse, era lecito attendersi uno sforzo in più. Sarà che con gli anni l’ispirazione inevitabilmente viene meno, sarà che diventa difficile incantare gli ascoltatori più anziani, quelli che sono cresciuti insieme ai Gamma Ray, ma l’impressione è che l’impegno in fase compositiva non sia stato mostruoso. Tuttavia, il marchio di fabbrica è riconoscibile in buona parte delle canzoni, gli episodi felici non mancano e sono sicuro che in vita vostra avete sentito e comprato cose che confronto a questo disco suonano come un gesso trascinato sulla lavagna. Sette convinto e meritato, ma dai fuoriclasse è lecito pretendere sempre qualcosa in più.