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La musica è il più potente farmaco non chimico”, l’ha affermato il dottor Oliver Sacks, il famoso neurologo autore del libro "Risvegli" (da cui è stato tratto anche l’omonimo film interpretato da Robin Williams e Robert De Niro), per spiegare il potere terapeutico che ritmo e vibrazioni musicali hanno sull’organismo, con effetti in grado di curare le ferite dell’anima, sciogliere le tensioni e di conseguenza influire positivamente sulla
salute.
Sarà per le suggestioni evocate dal loro nome, sarà, evitando facili
calembour lessicologici, per come trattano la materia rock melodico, con freschezza e leggerezza, forte di quella sensibilità scandinava capace di creare armonie vivaci e catalizzanti, soffuse di un’elettricità mai ingombrante, raffinate e vaporose senza perdere di forza espressiva, ma la musica dei
Salute mi fa stare bene.
Nulla di particolarmente originale, niente di artisticamente sconvolgente e tuttavia una mistura di melodie cristalline, impulsi garbatamente dinamici, soffice romanticismo e piccole scorie “moderniste” talmente avvincente da costringere ad una quantità di ascolti consecutivi davvero sorprendente anche chi, in realtà, avrebbe un bel po’ di arretrati discografici da smaltire, sia dal punto di vista
professionale, sia da quello squisitamente
ludico (per fortuna spesso coincidono …).
Insomma, il secondo lavoro del
side project targato Mikael Erlandsson (Last Autumn’s Dream), Martin Kronlund (autore, produttore e musicista di solida fama) e Imre Daun (Don Patrol, Gypsy Rose, …) appare ancora una volta come una collezione di brani (alla cui stesura ha partecipato anche David Reece, impegnato anche nelle backing vocals … a proposito ottimo il ritorno dei suoi Bangalore Choir!) assai suggestivi e contagiosi, che sollevano il cuore e i sensi e li trascinano di peso là dove le preoccupazioni del vivere quotidiano sembrano meno impellenti e la “ruffianeria” è solo un modo per definire l’orientamento utilizzato nella realizzazione di belle canzoni istantanee e incisive.
Per chi non conoscesse il “prodotto”, potremmo parlare del risultato di un’infusione tra gli inevitabili LAD, i White Lion, i Treat e gli Europe, cui aggiungere un pizzico di essenza The Rasmus a completare una
taumaturgica preparazione che già con l’opener “Higher” (composta da Kronlund e da Mats Levén presumibilmente ai tempi dei Dogface) evidenzia tutte le sue virtù sviluppando un coro da attrazione fatale e una linea melodica da
fidelizzazione subitanea.
Si prosegue nell’operazione
benessere diffuso con la vaporosa “A falling star”, con i puri brividi AOR di “Feed your hunger”, e ancora più efficace appare la favolosa “I will be there” già degli stessi Dogface (la trovate in “Unleashed” albo del 2000 della band, nel caso voleste affrontare la gustosa comparazione Levén / Erlandsson) un pezzo che trasuda passione e intensità e che i Salute riscoprono e interpretano con la solita disinvoltura.
Altri momenti di notevole ispirazione si chiamano “Tearing me down”, maggiormente grintosa, “Heart of the machine” e “Shadows”, cadenzate, bluesy e magnetiche, "Train of rock n roll”, vagamente Bon Jovi-
ana e “Your servant tonight”, enfatica e sentimentale (nonché, forse, pure leggermente stucchevole) conclusione di un album assai godibile e
balsamico. E poi come si dice … “quando c'è la Salute c'è tutto” … o
quasi, almeno in questo caso.
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