I
P.A.L. sono il risultato artistico dell’alleanza tra
Peo Pettersson (Leviticus, Axia, Peo),
Peter Andersson (Axia, Niva) e
Roger Ljunggren (Grand Illusion, Niva, Peo, T'Bell) i quali, coadiuvati da
Mauritz Petersson, danno alle stampe per
AOR Heaven questo “
Prime”, un gradevole esponente di
hard melodico scandinavo, cromato nelle chitarre e adescante nelle strutture armoniche.
Chi ha apprezzato
Peo per il suo passato professionale (comprendente anche un'onorevole carriera solista) lo ritroverà in ottima forma, e lo stesso giudizio si può tranquillamente estendere alle condizioni di
Ljunggren, un chitarrista capace, in conformità alla migliore scuola svedese dello strumento, di mescolare con disinvoltura funambolismi e sensibilità.
Un’affidabile sezione ritmica e la buona qualità del
songwriting fanno il resto e così, se apprezzate “roba” alla Skagarack, Alien e Bad Habit, o, volendo essere un po’ più “contemporanei”, venerate Eclipse e W.E.T., anche questi
P.A.L. potranno garantirvi tre quarti d’ora (scarsi) di
good vibrations, prive dei picchi espressi dai suddetti numi tutelari e tuttavia non per questo poco appaganti.
Le trame ariose di “
Heads or trails” predispongono favorevolmente a un ascolto che con la successiva “
Carry on” (un pulsante
anthem dallo spirito piuttosto
ottantiano) e soprattutto con la terza “
Hiding away from love” (dall’andamento davvero contagioso) cresce nell’intensità emotiva in maniera assai imponente.
Tensione emozionale che si mantiene su alti livelli grazie alla passionalità e al tocco vagamente Sabu / Kiss-
iano di “
Double nature”, alla grinta di “
Wildfire” e alla vischiosità melodica di “
River runs dry”, mentre la ballata “
What we've could been” e la canonica “
Nowhere left to go” non vanno oltre una piacevolezza non particolarmente impressionante e duratura.
Il retaggio metallico che alimenta “
Older and wiser” e “
Leaving this town” piace per misura ma non convince fino in fondo al pari della caramellosa “
One step away”, troppo manieristica per imprimersi veramente nella memoria.
“
Prime” non nutre ambizioni di vertice del settore e al tempo stesso riesce a salvarsi dall’abisso della banalità e dell’indifferenza … un discreto “inizio” per una
band che può dare molto di più.
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