Reduci dal successo mondiale di
“1987”, gli
Whitesnake non persero tempo nel battere il ferro finché caldo, e si dedicarono subito alle registrazioni di quello che poi sarà
“Slip Of The Tongue”. Un ritorno alle sonorità dei primi dischi sarebbe stato completamente controproducente per
Coverdale che, visto l’enorme apprezzamento e la sempre più crescente popolarità della band, decise di continuare dritto sulla strada di un sound orientato molto più sul Glam/Hair Metal. Ancora una volta però, i problemi di formazione furono un problema per gli
Whitesnake, i quali cominciarono a manifestarsi sin da subito.
Non solo
John Skyes abbandonò la band poco prima della release di
“1987” per controversie con
Coverdale, ma anche
Vivian Campbell lasciò dopo la fine del relativo tour, lasciando come chitarrista in formazione
Adrian Vandenberg, il quale però ebbe un infortunio al polso prima delle registrazioni di
“Slip Of The Tongue”, che gli impedì di suonare temporaneamente. Alla corte degli
Whitesnake fu quindi chiamato
Steve Vai, che si occupò della gran parte del songwriting del disco.
Se paragonato al suo predecessore,
“Slip Of The Tongue” risulta essere, se possibile, molto più orecchiabile in alcuni frangenti, ed epico in altri. Si passa dalla Titletrack che rispetta tutti i canoni del genere Glam, fra un ritornello catchy e delle tastiere molto in evidenza, a
“Judgement Day” che mostra un
David Coverdale in gran spolvero in un pezzo con un crescendo veramente impressionante, e stesso discorso può esser fatto anche per
“Wings Of The Storm”, dove però un riffing più di impatto di
Vai fa la differenza. Anche stavolta gli
Whitesnake decidono di puntare su una ri-registrazione di un vecchio pezzo, in questo caso
“Fool For Your Loving”, rivisto in chiave più heavy metal e che sicuramente brutto non è.
Coverdale stesso però, non fu convinto fino all’ultimo di includere il pezzo rivisitato nel disco, ma sia i produttori
Mike Clink che
Keith Olsen lo persuasero del contrario. Con le varie
“Cheap An’ Nasty”,
“Kittens Got Claws” (leggere il testo per farsi quattro risate) e
“Slow Poke Music” la band torna su sonorità più radio oriented, in maniera molto simile a band che da lì a poco stavano emergendo nella scena, come i Bon Jovi. Pezzi sicuramente efficaci, ma che sono un po’ privi di quella classe presente in
“1987”. Discorso a parte infine va fatto per
“Sailing Ships”, semiballad che, a parere di chi scrive, rientra nei migliori pezzi dei
Whitesnake di sempre, con un
Coverdale sugli scudi per tutta la durata, e la chitarra di
Vai che nei minuti finali diventa assoluta protagonista.
“Slip Of The Tongue” venderà altrettanto bene, portando gli
Whitesnake a suonare per gran parte in location da tutto esaurito, al Monsters Of Rock per la terza volta nella loro carriera, e in molte date in Giappone. Non mancarono però le critiche incessanti, che accusavano
Coverdale di essersi allontanato in maniera troppo estrema dal loro sound originale, fatto che fu messo all’attenzione da Gary Moore nel pezzo “Les Clones”, presente sul disco “After The War” del 1989, dove criticava la somiglianza in termini musicali tra le diverse band dell’epoca e di come l’ispirazione ai Led Zeppelin fosse arrivata al plagio. Questi fattori e anche la necessità di prendersi uno stop dalla scena musicale portarono
Coverdale ad annunciare lo scioglimento della band dopo la fine del tour.
“Slip Of The Tongue”, nonostante una non perfetta omogeneità dei pezzi inclusi, e dove i primi segni di stanchezza diventavano evidenti, è un album che non per questo va dimenticato e riposto, anzi, può esser visto come la continuazione di
“1987”, in maniera leggermente meno ispirata, ma certamente di impatto.