Iniziamo subito col dire che i
nostalgici del ruvido “Filth hounds of hades” e delle vocals catramate di Algy Ward farebbero meglio a stare lontani da questo “War machine”, anche se francamente credo che si tratti di un avvertimento superfluo, almeno se tali
elegiaci personaggi possiedono poi anche quel
minimo di cultura musicale richiesta per conoscere anche solo in maniera approssimativa le peculiarità e il curriculum del suo sostituto.
Eh già, i
Tank targati 2010 hanno davvero poco a che fare con quelli del 1982, anche in fatto di line-up (l’ingresso nella band dell’ex White Spirit Mick Tucker risale al 1983 e ha preceduto di poco quello del suo “partner in crime” Cliff 'The Riff' Evans), ma chi conosce la loro cospicua “storia” non faticherà troppo a individuare anche nelle note di questo lavoro la loro fervida passione per il
british metal, oggi resa più raffinata e matura dalla voce altisonante di Doogie White, figlia luminosa della più nobile tradizione dell’hard n’ heavy, che, nonostante le importanti possibilità d’espressione (Ritchie Blackmore's Rainbow, Cornerstone, Yngwie Malmsteen, Praying Mantis, …), non ha finora trovato quella situazione stabile che ne potesse garantire una netta consacrazione.
Speriamo che tale condizione si possa realizzare proprio con i Tank, gruppo con il quale sembra aver trovato una particolare sintonia, offrendo, oltre alla consueta eccellenza tecnico-emozionale alimentata dal timbro e dalle movenze interpretative del compianto maestro Ronnie James Dio (con Gillan e Biff Byford a completare la schiera dei plausibili ispiratori), pure una verve e un’energia evidentemente stimolata dalla voglia di “riscatto” e da un materiale compositivo di notevole spessore artistico.
“War machine” è, infatti, un disco costruito prima di tutto sulla brillantezza delle melodie e che poi sa far stagliare la sua imponente e coinvolgente architettura sonora grazie alla forza dei riff e dei solos (spesso all’unisono, per la gioia degli estimatori del “twin-guitars sound”), alle cadenze misteriose e suggestive di una formula espositiva “rigorosa” eppure anche piuttosto “creativa”, che entusiasma per la sua “classicità” senza dare mai l’impressione di abbandonarsi ad un’arida forma di trascrizione.
Al gratificante risultato hanno senz’altro contribuito efficacemente il bassista Chris Dale (per lui un passato negli Atom Seed e nella band di Bruce Dickinson) e il drummer Dave "Grav" Cavill, ma dopo aver doverosamente incensato la generosa laringe del vocalist scozzese, ritengo indispensabile soffermarmi un istante sulla performance della coppia chitarristica Evans / Tucker, veramente impeccabile per affiatamento, efficacia, carica e sensibilità nel sapersi spartire equamente il proscenio.
Nell’ora scarsa del Cd c’è tutto quello che gli estimatori di Rainbow, Saxon, Maiden, Sabs e Purple possono desiderare: il fascino grave e oscuro di “Judgement day”, l’enfasi drammatica di “Feast of the devil”, della favolosa title-track e di “World without pity”, la vigoria ad ampio respiro di “Phoenix rising”, i dinamici tributi al
seventies hard-rock scanditi da “Great expectations” e “The last laugh” (un anthem a “presa rapida”!) e poi ancora addirittura la passionalità di una vibrante ballata intitolata ”After all”, in cui il tocco leggero delle tastiere esalta una sontuosa linea armonica.
Su tutto questo “ben di Dio” (!), poi, si distingue ulteriormente un pezzo come “My insanity”, dove l’afflato epico si stempera in una melodia vaporosa, magnetica e volubile a cui è certamente arduo sottrarsi.
Probabilmente, vista la loro profonda evoluzione, dal punto di vista squisitamente
etico e per non rischiare spiacevoli circostanze (incorrere negli
strali di qualche inflessibile fan della prima ora o, dall’altro lato, non godere del giusto credito a causa di un’antica catalogazione), i Tank avrebbero fatto meglio a cambiare denominazione, e tuttavia ritengo che questa nuova “macchina da guerra” britannica abbia i mezzi e gli uomini per vincere la sfida di un mercato sempre più depresso e saturo e magari superare persino le critiche “moralistiche” che
fatalmente la accompagneranno.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?