La Lifeforce, etichetta tedesca tra le più conosciute a livello mondiale, solitamente è sinonimo di qualità per quanto riguarda l'ambito "-core", in particolare per aver avuto tra le sue fila veri e propri mostri sacri del genere quali
Trivium,
Raunchy,
Caliban e
All That Remains.
Cosa aspettarci quindi da questi
Last Winter se non un naturale proseguo dell’eredità proposta in passato? Bene, scordatevelo. Ma scordatevelo proprio del tutto.
I Last Winter nascono nel 2002 da Orlando, in Florida, ma è nel 2005 che fanno il loro esordio discografico con “
Transmission: Skyline” sotto l’egida della Illuminatti, salvo poi venire notati dalla Lifeforce che li mette sotto contratto e produce nel 2007 la loro seconda fatica, “
Under the Silver of Machines”.
Siamo nel 2011 e ha finalmente la luce il terzo disco del combo floridiano, “
The Heart & the Broken Compass”, disco che non si discosta di molto da quello che i 5 ragazzi hanno proposto fino ad oggi: un pop-rock dalle leggerissime venature emocore. Che diavolo c’entrano allora i Last Winter con la Lifeforce?
E’ presto detto: i
Last Winter faranno musichetta, nell’ordine delle recenti produzioni dei
30 Seconds to Mars, dei
Senses Fail e dei
Fall Out Boy, tanto per farvi un’idea, però sono bravi. Non fanno nulla di trascendentale, è musica ariosa e piacevole da ascoltare, nulla che faccia gridare al miracolo ma nemmeno qualcosa di totalmente inascoltabile. Certo, col metal e con la Lifeforce ci azzeccano davvero davvero poco, questo è fuori discussione, ma pezzi come “
Yellowbelly” e “
Nightlaunch” presentano soluzioni interessanti che meritano almeno un distratto ascolto anche da parte dei metallari più bonaccioni, che ogni tanto hanno voglia di staccare e di ascoltarsi un po’ di musichetta da teen-ager, tanto per tornare ragazzini.
Grazie alla Lifeforce la produzione è ai livelli dell’eccellenza, il suono è pulito e moderno e le canzoni dei Last Winter non possono che beneficiarne. Sorvolando sull’approccio a volte tendente troppo al pop, le canzoni di “
The Heart & the Broken Compass” sono strutturalmente solide, energiche e mai troppo banali, decisamente molto catchy. Nella già citata “
Yellowbelly” e nella parte iniziale di “
Where we’re going” poi troviamo anche delle aperture un po’ più heavy, soprattutto nel lavoro delle chitarre e nel cantato, che si fa decisamente più aggressivo e “raschiato”. E proprio la prestazione del nuovo cantante
Ian Dempsey contribuisce a elevare il livello di un disco già di per se piacevole, fornendo rispetto al suo predecessore una prestazione grintosa, decisamente più adatta ad uniformarsi al suono proposto dalla band.
Un album che non rivoluzionerà il mondo della musica ma che non merita nemmeno di essere usato come spessore per un tavolo traballante. L’unico difetto è che DAVVERO poco metal, quindi la Lifeforce farebbe bene a lasciare i
Last Winter a qualche etichetta più adatta al loro sound, evitando così qualche fraintendimento da chi ancora compra i dischi a scatola chiusa e si aspetta di trovare in
“The Heart & The Broken Compass” il nuovo
“Ember to Inferno”. Qui al massimo stiamo in Purgatorio, ma nessuno ha detto che il clima o la compagnia non siano piacevoli anche li.
Quoth the Raven, Nevermore..
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?