Gli Isor hanno un problema, arrivano tardi, maledettamente tardi. Il duo inglese, che si fregia di Dave Chang alla consolle, ci propone un metalcore che ha nei Dillinger Escape Plan il più diretto e lampante riferimento. Potrei anche chiudere qui la recensione e lasciare a voi trarre le conseguenze. Tuttavia va dato atto al duo di cercare almeno di personalizzare, per quanto possibile, la propria proposta, la quale rimane, per chi non lo avesse ancora capito, estremamente derivativa. In effetti la band pur muovendosi su lidi brutali, tecnicamente efficaci e nervosamente schizoidi, cerca di condire la propria proposta con accenni hip hop, molto timidi per la verità, aperture melodiche con parti di chitarra acustica che fanno tanto emocore, ed una brutalità che potrebbe richiamare alla mente gli Slipknot. Una cosa però voglio che sia chiara, lungi da me fare lo snobista sapientone tipo "il primo era meglio, il resto è tutto merda" come ce ne sono tanti in giro. Pur ammettendo la derivatività della proposta degli Isor, non posso al contempo non lodarne la bravura e la voglia di spaccare. Si, perchè ovemai ancora lo aveste capito, questo disco è una vera e propria mazzata e in quanto tale ha tutto il mio supporto, devoto ed incondizionato. L'originalità è merce rara, quello che non mi piace è copiare chi già di per se non ha idee. Se invece ci si ispira a chi è originale, cercando di rendersi a propria volta originali, si viene premiati. Il ragionamento è un pò contorto, ma non importa, quel che conta è la sostanza, non le chiacchiere. E con gli Isor le chiacchiere stanno a zero.
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