La Strange è il nome con cui Angela Castellani (con l’aiuto di un terzetto di valenti sodali) ha deciso di dimostrare al “mondo” quanto si può essere credibili e sufficientemente personali anche quando il proprio universo musicale è quello di un rock energetico ammantato di velluto gotico e la voce che funge da guida nell’esplorazione di tale fascinoso spazio crepuscolare è quella di un’avvenente e
tenebrosa fanciulla.
Inutile nascondersi dietro al proverbiale “dito” … le caratteristiche formali di “Queen of disguise” non possono che evocare i fasti di formazioni quali Evanescence, Lacuna Coil e The Gathering, ma sarebbe un errore catalogare questo Cd come uno sterile tentativo di allineamento a
cliché di diffusa popolarità, prima di tutto perché il livello di composizione ostentato nel disco è tale da non dare mai l’impressione che sia la
malizia a muoverne le fila, in luogo di una certamente più meritoria passione spontanea.
Passione e passionalità che intridono la laringe di questa eccellente cantante mantovana, impeccabile nella preparazione specialistica e capace, analogamente alle sue (al momento …) più celebri colleghe, in qualche modo evocate qualche riga fa, di magnetizzare l’apparato
cardio-uditivo e insinuarsi nei gangli emotivi dell’ascoltatore con quella stessa forza di persuasione che s’immagina dotazione principale delle
omeriche sirene.
Se poi il consistente “respiro internazionale” dell’opera (registrata a Londra con la collaborazione del produttore James D. Bell) e il suo essere contemporaneamente sofisticata, grintosa, brumosa e intensa, troverà naturale riscontro proprio tra gli estimatori di quel genere così di successo e porterà La Strange all’attenzione del “grande pubblico”, beh, non potremo che esserne compiaciuti.
Le premesse per un’ampia affermazione ci sono praticamente tutte: l’urgenza conturbante di “Control”, “Addicted to some thoughts” e della
title-track (con qualcosa nell’impasto sonoro che può ricordare “Beautiful dangerous” della premiata ditta Slash / Fergie), la vibrante raffinatezza di "Enjoy all their lies”, “Far away”, “In the silence”, “Keep goin' on” e della romantica malinconia di “You finally knocked me down” (tutta “roba” che potrebbe finire
addirittura per piacere anche ai
fans di Elisa!), senza dimenticare la tensione palpabile dell’inquieta “The perfect husband”, il mio personale
best in class dell’intero programma.
Aggiungete una bella rilettura di “Give in to me” di Michael Jackson, realizzata con gusto, devozione e sufficiente temperamento e otterrete il lavoro di un’artista dalle notevoli qualità e dalle enormi potenzialità, a cui manca solo un pizzico di ulteriore “audacia”, per “scrollarsi di dosso” tutti i residui di “soggezione” stilistica ancora presenti e puntare dritta alla definizione di un progetto esistenziale, concettuale e musicale ancora più carismatico e distinguibile.
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