Tornano gli
Horseback di Jenks Miller con il nuovo “
Half Blood”, disco ben differente dalla raccolta “
The Gorgon Tongue” che ho già avuto modo di recensire qualche mese fa.
Ho parlato di differenze che vado subito ad illustrarvi. In primis occorre far riferimento ad un vero e proprio cambio, non tanto di sound, quanto di mood dello stesso. Qui il coarcervo malato e scuro che mischiava dal noise al doom, dalla psichedelia al postcore, viene asciugato e reso maggiormente edibile. Se la prima parte del disco, composta da “
Mithras”, “
Ahriman” e “
Arjuna” è post rock iperamplificato fino a ricomprendere echi noise, con la voce di Jenks gracchiante e malevola, la seconda parte del disco, anticipata da “
Inheritance (The Changeling)”, composta dalle tre parti di “
Hallucigenia”, ci porta su territori quasi interamente strumentali dove la scena è divisa, e rubata a vicenda, da muri di suono disturbante, che crescono e si ispessiscono col passare dei minuti, e melanconia struggente, liquida, dilatata.
Benché la
Relapse, nella cartella stampa, si sforzi di chiamare in causa le più disparate influenze, con nomi roboanti, da
Tony Iommi a
Neil Young, da
Ray Manzarek agli
Earth, dai
Neurosis a
Merzbow, la verità è che stavolta, secondo la mia modesta opinione,
Jenks Miller fallisce.
Il disco appare slegato, senza mordente, poco omogeneo, e il pezzo finale, di oltre dodici minuti, che avrebbe dovuto essere il monolite capace di far pendere l’ago della bilancia a favore degli
Horseback, ahimè non soddisfa le attese, sempre sul punto di dare forma e sostanza alla propria essenza e, in realtà, trascinantesi stancamente per tutta la sua durata.
“
Half Blood” è un disco mediocre e rappresenta un passo falso per una band che finora ci avevo stupito. Forse fare un passo indietro (o due avanti) non sarebbe male.
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