Recensire i
Serenity è per me un po' fare un viaggio nel tempo tra le pagine di Metal.it: il secondo full length della band austriaca, "Fallen Sanctuary" lo scoprii proprio da lettore del sito, una manciata di anni fa; il successivo "Death & Legacy" fu il disco che mi spinse invece a voler scrivere per Metal.it, qualche anno dopo. Ora, in questo 2013, mi trovo proprio qui a recensire il nuovo lavoro dei tirolesi,
"War of Ages", riprendendo in mano il lavoro svolto finora egregiamente dal buon Sbranf.
Cos'è cambiato? Per me un sacco di cose, per i Serenity praticamente niente: spaccano il culo ai passeri ora così come anni fa, con l'unica differenza riscontrabile nell'aggiunta in formazione, in maniera stabile e non solo in sede live, della bella e brava
Clementine Delauney.
E questa distruzione anale ornitologica viene portata avanti con una proposta musicale che fondamentalmente di nuovo o innovativo non ha praticamente nulla: power robusto e altamente sinfonico, con un vastissimo (ma mai spropositato) uso di tastiere e una voce, pardon due voci, di assoluto livello. E allora com'è possibile che si becchino sempre delle recensioni così positive?
Ma diamine è così semplice, perchè son bravi! Tanto bravi. Bravissimi. Bis.
Se "Fallen Sanctuary" era, almeno per il sottoscritto, il picco massimo raggiunto dalla band tirolese, il successivo "Death & Legacy" aveva segnato un piccolo passo indietro, trattandosi si di un ottimo album dal punto di vista del songwriting e del concept, ma un po' povero a livello di originalità e varietà.
Ecco,
"War of Ages" rischia seriamente di andare a prendere il posto di "Fallen Sanctuary" e senza dubbio scavalca "Death & Legacy", perchè alla genuinità e freschezza del primo unisce un'evoluzione mostruosa a livello di songwriting, oltre ad aggiungere con la Delauney una freccia in più alla propria faretra, freccia in grado di far centro sin dai primi minuti.
Si perchè sono proprio le due voci dell'inarrivabile
Georg Neuhauser (a parere di chi scrive attualmente uno dei migliori 5 vocalist in ambito power a livello mondiale) e di Clementine Delauney il punto forte di questo disco: il primo è autore dell'ennesima prestazione perfetta, con la sua voce così simile a quella del più famoso Tony Kakko ma allo stesso tempo maggiormente ricca di sfumature e colori, che la rendono unica e dannatamente perfetta per il sound dei Serenity; la seconda è la piacevolissima novità presente sul disco, grazie ad una prestazione che fa il paio con quella di Georg e lo appoggia in maniera eccellente in più di un'occasione, oltre che destreggiarsi alla grande anche quando è chiamata ad ergersi a protagonista. Una canzone su tutte ad evidenziare l'estrema bontà del comparto vocale dei Serenity è senza dubbio la ballad
"For Freedom's Sake", davvero una meraviglia.
Eccellente è anche il lavoro alla chitarra di
Thomas Buchberger, che rispetto al passato si prende (meritatissimo) parecchio spazio in più a livello di assoli, oltre che della coppia ritmica formata al solito da
Andreas Schipflinger alla batteria e dal nostro conterraneo
Fabio D'Amore al basso. Unico rammarico è quello di non poter più ascoltare il lavoro alle tastiere di Mario Hirzinger, dato che quest'ultimo ha lasciato la band nel corso dello scorso anno.
E come per ogni disco degli austriaci, anche in questo caso gli studi storici di Neuhauser si fanno sentire, con più di una canzone ispirata proprio da avvenimenti del passato più o meno recente, oltre che nella scelta degli pseudonimi per i componenti del gruppo (Georg è Enrico VIII, Clementine è Bathory ecc.), altro fattore che influenza in positivo il giudizio globale del disco, dato che le canzoni non risultano così mai banali e eccessivamente infarcite dei soliti cliché propri del power.
E' così che la bellissima e orientaleggiante "
Shining Oasis" si ispira alle vicende di Alessandro Magno, "
The Art of War" è basata sull'omonimo libro di Sun Tzu, "
Tannenberg" prende il nome dalla celebre battaglia combattuta durante la Prima Guerra Mondiale, "
The Matricide" parla del matricidio di Nerone e "
Legacy of Tudors" racconta la storia della famiglia di Igor, ex difensore della Juventus. No eh? E che cavolo, devo dirvi proprio tutto io? Studiate un po'!
Tornando seri, il vero capolavoro del disco è però la conclusiva "
Royal Pain", che sveste per un parzialmente i panni del power per agghindarsi di una veste più moderna, risultando in questo azzeccatissima e davvero meravigliosa, simbolo ultimo dell'elevatissimo livello qualitativo espresso dai Serenity.
Bravi. Bravissimi. Bis.
Ma anche tris, quater..tanta è la bellezza di "
War of Ages", non si vorrebbe mai smettere di rimetterlo da principio e continuare ad ascoltarlo fino alla noia. "Peccato" che la noia, in questo caso, non arrivi proprio mai.
Serenity nella Top5 del power mondiale odierno, con buona pace degli altri..che sono tristi perchè non sanno più cos'è la buona musica.
Quoth the Raven, Nevermore..