I simpatici
One Inch Giant (date un'occhiata al loro sito ufficiale per capire il motivo di tanta simpatia) nascono nel 2009 in Svezia sui banchi dell'università, da un'idea del batterista Gabriel Ek e del chitarrista di origini iberiche
Gabriel Lugo Mendéz. Col tempo la line-up si assesta, Ek torna in Finlandia e
Jakob Strand prende il suo posto, così la band può rilasciare il primo album "Malva", ben recepito dalla critica.
Arriva così il 2013 ed è tempo del secondo full length,
"The Great White Beyond".
Partiamo subito con la differenza principale rispetto a "Malva", ovvero il deciso abbandono di sonorità doom e un avvicinamento piuttosto allo stoner, con un accentuarsi deciso della componente più prog del suono degli svedesi, in particolare a causa (buona o cattiva è questione di gusti) del nuovo batterista Jakob Strand. La voce di
Filip Astrand invece si mantiene pressoché inalterata, assestandosi su binari riconducibili al metal anni '80 più che alle moderne sonorità proposte dalla band.
Gli One Inch Giant ci sanno sicuramente fare, sia dal punto di vista del songwriting che da quello prettamente tecnico, ma la sensazione generale ascoltando il disco è quella di trovarsi di fronte a qualcosa senza il giusto quid che gli permette di fare il vero salto di qualità. Le canzoni si susseguono senza alti e bassi e se la cosa può essere un punto di forza da un lato finisce col rivelarsi dall'altro il vero punto debole del progetto. Ed è un peccato, perchè sicuramente di classe ce n'è, il problema è il modo in cui questa classe viene riversata sul pentagramma, ovvero in maniera eccessivamente derivativa e senza un briciolo di personalità.
"The Great White Beyond" è il classico esempio di una frase che da studenti quasi tutti abbiamo sentito più di una volta: "ha le capacità ma non si applica". Sufficiente, perchè bocciarlo sarebbe davvero eccessivo, ma lascia sicuramente un bel po' di amaro in bocca, rivelandosi quasi come un'occasione persa. Di buono c'è che gli
One Inch Giant sono davvero giovani e hanno tutto il tempo per rifarsi alla grande. Non deludetemi.
Quoth the Raven, Nevermore..
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