Victims Of Creation - Symmetry of Our Plagued Existence

Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2013
Durata:71 min.
Etichetta:Cyclone Empire

Tracklist

  1. CHAPTER XXIII
  2. TREE OF INIQUITY
  3. THE ART OF DESPAIR
  4. THE GLORIOUS DECEIT
  5. THOSE LEFT BEHIND

Line up

  • AJ Burd: guitars
  • Rex: bass, vocals
  • Dino Mifsud Lepre: drums
  • Daniel Bartolo: guitars

Voto medio utenti

I maltesi Victims Of Creation mi erano stati presentati come band dedita al doom metal e pur essendo stati formati nel 1992, mamma mia 21 anni fa, il sottoscritto non aveva mai avuto modo di conoscerli, anche perchè questo "Symmetry of Our Plagued Existence" è il loro lavoro di debutto: se tanto mi dà tanto il loro secondo disco uscirà nel 2034, quando il Graz sarà già morto e sepolto da un pezzo.

In realtà la formazione capitanata dal drummer e fondatore Dino Lepre non fa unicamente riferimento ai Candlemass o ai Black Sabbath, in quanto i nostri Victims Of Creation sono più che altro una band death metal, accostabile al doom unicamente per i tempi colossali e mastodontici che formano le loro composizioni, spesso sopra i dieci minuti di durata ed in occasione della conclusiva "Those Left Behind" si arriva a sfiorare i 23 minuti, per un totale di oltre 70 minuti di death metal marcio, sofferente ed angosciante: certamente l'ascolto non è dei più agevoli ma il quartetto maltese riesce a proporre una miscela di suoni piuttosto interessante, talvolta maggiormente incentrata sul doom meno estremo e più classico, talvolta spingendo più il piede sull'acceleratore e sulla pesantezza, richiamando in maniera davvero intensa quel capolavoro immortale a nome "Hope Finally Died" degli inglesi Decomposed, senza ovviamente raggiungerne le vette.

"The Art of Despair", "Tree of Iniquity", la già citata "Those Left Behind" sono titoli che parlano da soli, l'angoscia e la depressione sono le componenti primarie di "Symmetry of Our Plagued Existence" insieme al growl profondo e disperato del bassista Rex che in "The Glorious Deceit" si diletta anche (o chi per lui) con ottimi risultati in un cantato pulito alla Robert Howe che solennizza tutto, in un crescendo drammatico di pathos che è precluso a molte formazioni.

Non un disco epocale (ma ne escono oggigiorno?) ma denso zeppo di intuizioni, illuminazioni, scintille davvero degne dei migliori Solstice, quelli doom inglesi.

Devo dire molto bravi, peccato che abbiano dovuto attendere così tanto per un poca di visibilità grazie alla piccola ma volenterosa Cyclone Empire.

Per il prossimo disco, visti i risultati, sarà il caso di ridurre un po' il growl a favore dei vocalizzi puliti? O inframezzarli sempre di più? Ai posteri l'ardua sentenza.
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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