Fa quasi specie pensare che dalla pacifica e benestante Finlandia possa arrivare qualche gruppo hardcore incazzato nero, eppure questi
Nothing More To Eat sono qui a dimostrarci che non solo è possibile, ma che poi tutto sommato anche nella fredda e precisa terra del nord evidentemente c’è qualcosa che non quadra e che fa girare le scatole ai giovani più sensibili ai temi sociali. Il genere proposto dai nostri, infatti, è un d-beat hardcore molto ma molto aggressivo, tant’è che non mancano, spesso e volentieri, delle belle sfuriate in blastbeat, cosa non del tutto usuale nel genere. E di rabbia in questo esordio sulla lunga distanza ce n’è davvero tanta, il singer Erik non si dà tregua, maltratta la sua ugola dal primo all’ultimo brano, e il resto della ciurma lo accompagna alla grande, picchiando come ossessi sui propri strumenti. Sono quattordici i brani, e a parte qualche intro preso da qualche sconosciuto film, non c’è davvero respiro, come d’altra parte è giusto che sia in questo ambito. La cosa interessante, però, è che i nostri pur essendo in pratica al loro esordio, se escludiamo il primo brevissimo demo autoprodotto uscito tre anni fa, hanno una spiccata personalità, proprio grazie a questa mescolanza tra hardcore diretto e sfuriate grindcore, e anche se in qualche frangente mi hanno ricordato i nostri
Cripple Bastards, devo dire che nell’insieme ne escono più che bene, dimostrando come sia possibile riuscire ad essere originali anche in un genere molto rigido come questo. Prendete ad esempio l’acidissimo assolo di sax presente in “There’s no glory in space”… Chi l’avrebbe mai detto che si sarebbe sposato bene ad un tale manicomio sonoro? Eppure calza alla perfezione, con i suoi richiami zorniani, così come la tromba che apre il disco (m’ha ricordato moltissimo i
Gorilla Biscuits di “Start today”) e che chiude il primo brano “Comfort zone”. Queste, è bene chiarirlo, solo le uniche due concessioni alla melodia che si sono permessi i nostri, per il resto ascoltando l’album vi sentirete quasi sotto assedio, senza via d’uscita, talmente tanta è la claustrofobia che il quintetto riesce a sprigionare con i propri strumenti. “Satanic sailors”, “Skate n’ die”, “Anticlimatic zombie upride”, si susseguono senza sosta, mettendo in evidenza l’urgenza che la band ha nel dimostrare la propria rabbia e il proprio disappunto sociale. Se amate gruppi violenti come i
Wolfpack o i già citati Cripple Bastards, sono sicuro che con questo “Nothing More To Eat” troverete pane per i vostri denti e aggiungerete un’altra band tra le vostre preferite in ambito estremo…
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