Sono un estimatore degli
Hawkwind, pionieri del rock psichedelico e spaziale nonchè una delle più longeve formazioni in circolazione. Guidati dal sempriterno Dave Brock, hanno mantenuto una coerenza ed una professionalità invidiabile dagli anni ’70 fino ad oggi, producendo un numero impressionante di lavori. Col rischio, però, di esagerare.
E questa ennesima raccolta intitolata “Spacehawks” mi sembra effettivamente un disco abbastanza superfluo.
Già il fatto che la versione scaricabile per la recensione prevede tutti i brani tagliati dopo pochi minuti, non aiuta a farmela piacere. Ma anche ipotizzando un ascolto completo, si tratta di scaletta formata da remix e riedizioni di classici, qualche pezzo nuovo ed un paio di curiosità. Sinceramente la milionesima riproposizione di “Sonic attack” o “Masters of the universe”, non credo abbia grosso appeal per nessuno. Così come certe sperimentazioni elettroniche piuttosto stucchevoli, vedi “We took the wrong step” e “Sacrosanct”, oppure i brevi spaccati di jazz-psych che lasciano il tempo che trovano. Le cose migliori sono piazzate all’inizio, ad esempio “Seasons”, “Assault & battery” e “Where are they now”, ma a mio avviso non giustificano l’uscita di una compilation da cento minuti di musica.
In tempi di grande crisi, sia generale che musicale, l’operazione sembra più che altro il tentativo di spremere i fans più accaniti ed i completisti. Gli Hawkwind, che già realizzano dischi a ritmi frenetici, non hanno bisogno di uscite come questa.
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