Passati alla storia, oltre che per la loro musica, per l'orrenda copertina del loro disco di debutto
Burn This Town, ad appena trent'anni da
Power From The Universe (recentemente ristampato da SPV), i prodi
Battleaxe tornano sulle scene un po' a sorpresa, senza tanta pubblicità o strombazzamenti in rete e confezionano questo
Metal Sanctuary che trasuda anni '80 oltre ogni misura. Se non fosse infatti per la scelta dei suoni, il nuovo disco potrebbe essere stato rilasciato a metà del magico decennio metallico.
La formazione inglese vede sempre al comando la ruvida voce di
Dave King (un misto di
Udo, Mark Tornillo, Brian Johnson e
Bobby Blitz) che mantiene inalterato tutto il suo fascino rude ed epico, pronto a guidare brani dai titoli inequivocabilmente true. Resiste al passare del tempo anche il prezioso basso di
Brian Smith, mentre vengono persi per strada membri importanti come
Ian MacCormack (batteria e tastiere) e l'ascia bipenne di
Steve Hardy.
Riusciranno i nuovi entrati a unirsi alla compagine inglese senza far rimpiangere i passati componenti? Riusciranno a confezionare un bel disco dopo così tanti anni di inattività?
Queste le inevitabili domande che mi sono posta all'inizio dell'ascolto, non senza qualche timore, visto il deludente EP del 2005.
Buttatevi nell'ascolto e andate tranquilli, qui c'è l'heavy metal.
Metal Sanctuary non è magari eccelso, forse non è da annoverare tra i dischi più importanti ma è una di quelle registrazioni che ascolti e riascolti nella loro semplicità, nella loro forza, nella loro truezza (?!).
Heavy Metal Sanctuary, Hail to the King, Too Hot For Hell, Devil Calls sono epici inni senza tempo fatti di semplici riff, di begli assoli e di liriche che canteresti fino allo spasimo, in barba a testi colti e ricercati. Il nuovo
Mick Percy ha due mani che scorrono sulla tastiera guidate da uno spirito incredibilmente ottantiano e riesce nel delicato compito di non snaturare il sound dei
Battleaxe, e pazienza se si sentono diversi riff rubati a
Judas Priest, Accept, Iron Maiden, Saxon, Stormwitch o
Grave Digger, ognuna di queste band è puro heavy metal.
Non mancano ahimè canzoni un po' scarne, mid tempo poveri di idee che si trascinano faticosamente e che vengono skippati con il ripetersi degli ascolti, niente di grave comunque, di materiale per cui gioire ce n'è a sufficienza, il problema maggiore di questo disco, semmai, è la produzione. Suoni esageratamente secchi, asettici, una batteria troppo triggerata (sembra una drum machine) e la mancanza di spinta da parte della seconda traccia di chitarra sotto melodie e assoli, causano un danno notevole a
Metal Sancuary. Peccato perché con suoni decenti e un arrangiamento migliore in certi passaggi, avrebbe guadagnato un punto pieno.
Disco, come detto, molto molto godibile ma non fondamentale, consigliato agli amanti delle immortali sonorità della NWOBHM.
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