Disco di debutto per i finlandesi Amoral, autori di un death metal tecnico e melodico allo stesso tempo, che sovente mette da parte l’impatto nudo e puro per strutture complesse e articolate, figlie di un modo di intendere il death metal piuttosto recente, rispetto ai brutali a sguaiati albori, ma che tuttavia spesso lascia a desiderare, venendo a mancare in quella che potremmo definire come la pietra angolare del death metal, ovvero la brutalità. In questo disco l’ingrediente principale è ridotto alle sole vocals del singer, anche se c’è da dire che l’ottimo songwriting talvolta è snervante e questo è comunque un punto a favore di coloro che amano un certo tipo d’impatto, e non mi riferisco certo alla violenza, bensì al mind-storming da assalto continuo della band, la quale cerca di stimolare la nostra mente dalle più svariate angolazioni. Ecco allora mid-tempos, spartiacque tra accelerazioni e decelerazioni, assoli complessi e parti dove si avverte una certa tensione che sfocia in parti da puro headbanger. “Other Flesh”, e le lunghe, oltre otto minuti, “The Last Round” e “Nothing Daunted” sono un bell’esempio di quanto asserito, pur non rappresentando un must per creatività e originalità.
In effetti il difetto principale di questa band è da un lato la mancanza di vero e proprio impatto deflagratorio e dall’altro una certa prolissità, la quale accoppiata alla mancanza di originalità, talvolta fa storcere davvero la bocca.
Nel complesso però è da apprezzare l’impegno e la bravura tecnica della band, la quale con un pizzico di maturità in più sicuramente ci regalerà, in futuro, qualcosa di più valido e frizzante.
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