Copertina 8

Info

Anno di uscita:2015
Durata:39 min.
Etichetta:Spinefarm Records
Distribuzione:Universal

Tracklist

  1. THIS AIN'T NO LOVE SONG
  2. OLD KING'S ROAD
  3. GOIN’ DOWN WITH THE SHIP
  4. KEEP YOUR EYE ON YOU
  5. THE BASTARD’S BASH
  6. GOOD OLD BAD DAYS
  7. R.L.F.
  8. BLACKOUT STATES
  9. UNDER THE NORTHERN LIGHTS
  10. PERMANENT YOUTH
  11. DEAD HEARTS ON DENMARK STREET
  12. SIX FEET IN THE GROUND
  13. WALK AWAY

Line up

  • Michael Monroe: vocals, sax, harmonica
  • Steve Conte: guitar
  • Rich Jones: guitar
  • Sami Yaffa: bass
  • Karl Rockfist: drums

Voto medio utenti

Io Michael Monroe lo adoro! Ma la mia non è un’adorazione da sedicenne che stravede per il suo mito di gioventù. Lo adoro perché alla veneranda età di 53 anni riesce ancora ad incarnare alla perfezione la figura del rocker vero, quello tutto sudore e vita sregolata. Lo adoro perché qualche anno fa è riuscito a rimettersi in gioco spiattellando una serie di dischi che farebbero invidia a molti pseudo rockettari dei miei stivali molto più blasonati di lui. Lo adoro perché oggi, nel 2015, pubblica un nuovo album che non fa altro che confermare la sua grandezza, in barba a chi si aspettava un calo dopo gli stupendi “Sensory overdrive” e “Horns and halos”, andando a piazzare una splendida triplete, come si usa dire oggi in termini calcistici.

La cosa di cui dovrebbe andar più fiero Michael, oltre al fatto di aver confezionato il terzo capolavoro di seguito, è di esserci riuscito con le proprie mani, senza l’aiuto di nomi eccessivamente ridondanti come avvenuto nel recente passato. Dopo l’apporto di Ginger (Wildhearts) e Dregen (Backyard Babies), il nostro biondo platinato s’è rimboccato le maniche e insieme ai fidi Sami Yaffa e Steve Conte ha tirato giù un piccolo gioiellino di puro e incontaminato rock stradaiolo, che può essere considerato senza alcun dubbio come la summa dei precedenti due album.

La formula è la medesima: canzoni semplici, strutturate su un paio di accordi, refrain micidiale che ti si ficcano nel cervello fin dal primo ascolto, assoli sanguigni, figli malsani del blues, tantissimo sudore e tantissima voglia di divertirsi. Detta così la cosa potrebbe sembrare fin troppo banale o ripetitiva, invece la facilità con la quale i nostri riescono a confezionare brani che rasentano la perfezione è quasi disarmante. Ok l’esperienza, ok la capacità derivante da anni ed anni di palchi in giro per il mondo, ma qui c’è veramente qualcosa di incredibile.

Come spesso dico in questi casi, la differenza la fa proprio Michael. Essendo i brani decisamente semplici come struttura e dal punta di vista armonico, il tocco di genio sta proprio nelle sue melodie vocali, e questa è una dote che solo i grandi hanno. Ascoltate l’opener “This ain’t no love song” o la successiva “Old king’s road”, oppure “Good old bad days” e “Dead hearts on Denmark Street” e ditemi se non ho ragione a dire che hanno decisamente una marcia in più… Non che le altre siano da meno, non ci sono filler in questo disco, ma quelle appena citate sono senz’altro le più meritevoli, insieme alla scheggia punk “R.L.F., voce quasi fuori dal coro per quanto è irruenta…

Insomma, il buon Micheal non ci pensa proprio di passare il testimone (in questo caso il microfono), anche perché diciamocelo chiaramente, a chi diavolo potrebbe mai passarlo? Deve ancora nascere, almeno qui in Europa, un frontman di ultima generazione che possa fargli le scarpe…
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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