Che
Paul Chain fosse un artista poliedrico e imprevedibile, perennemente avido di nuovi stimoli creativi, i suoi
fans lo avevano già capito da tempo, ma vi assicuro che quando usci originariamente questo “
Ash”, furono in molti, tra cui il sottoscritto, a rimanere un po’ perplessi.
Difficile immaginare il maestro pesarese “convertito” alla dilagante corrente
thrash (anche se alcune tenui avvisaglie si erano potute apprezzare in “
King of dream”, nello
split con i Sabotage dell’anno precedente), eppure la prima impressione ricavata dall'ascolto di almeno tre quinti dell’opera lasciavano intendere tale inaspettata e leggermente “spiazzante” conversione.
Questa brillante ristampa arricchita, curata dalla stessa
Minotauro Records che già lo licenziò nel 1988, mi offre l’occasione di “rivalutare” questo lato di
Paul sinceramente finora mai del tutto “metabolizzato”, e riporta alla luce un disco che comunque merita di essere approfondito, oltre che conosciuto dagli eventuali neofiti.
Una pregevole veste grafica e le eloquenti note del
booklet, entrambe appannaggio di
Fulvio Zagato (
mastermind del
Paul Chain Official Fan Club e “vecchia conoscenza” del vostro recensore … per cui non vorrei esagerare troppo con i complimenti, che sennò si monta la testa …
ehi, scherzo, davvero un bel lavoro!), catturano immediatamente l’attenzione e consentono all’astante di confermare una certa fascinazione di
Chain per la scena
speed metal, all’interno di un interesse per la “velocità” e per il nichilismo che arrivava da “lontano”, caratterizzando le sue esibizioni fin dai primi
eighties.
Scorie di un antico “amore” per il
punk si mescolano, quindi, con una rinnovata esigenza espressiva fatta di rabbia e adrenalina e danno origine alla rovente “
Eternal flame”, selvaggia e pulsante (con il basso del Gunfire
Maury Lion in evidenza), alle cadenze abrasive e sinistre di “
Image down” (gran pezzo …) e alla psicotica frenesia di “
Electroshock”, l’episodio probabilmente più vicino al concetto di
fast n’ furious tipico della
Bay Area.
L’improvvisazione strumentale “
Abyss” ci riconsegna un clima liturgico e livido, mentre la successiva “
I remember a black mass”, con il suo magnetico andamento Sabbath
iano, è il brano maggiormente “tradizionale” del programma, ammesso che ci si possa esprimere in questi termini parlando di un musicista comunque sempre sorprendente e peculiare.
Nella riedizione del 2015 del
Cd troviamo le tracce supplementari “
Moment of rage” (scartata ai tempi della prima pubblicazione dell’albo … sarà recuperata nel
7” compilation “
Klein Circus”, del 1991) e la Motorhead-
iana “
Undead” (in precedenza inclusa nelle “
Relative tapes”), altri due frammenti sonori impregnati di vetriolo e fiele, a definire ulteriormente i contorni di una delle numerose fasi artistiche di un personaggio carismatico, irrequieto ed enigmatico.
Le “altre vite” (
ehm, un caso che abbia utilizzato pure lo pseudonimo
Paul Cat?) di
Paul Chain lo porteranno altrove, e tuttavia sotto questa “
Cenere” la fiamma dell’ispirazione arde assai intensa e purificatoria, per uno zampillo di percezioni fluttuante tra riflessione e senso di rigenerazione … lasciatevi avvolgere.