Ebbravi
Astrakhan. Come spesso capita quando devo investire molto (troppo) tempo nel reperire le informazioni relative a una band divento un po' prevenuto nei confronti della loro musica, e così era successo pure con questi baldi svedesi. Un album all'attivo uscito nel 2013 (quello qui recensito è il secondo), parecchi concerti in patria (ma non solo), produzione a cura dell'ex-Royal Hunt
Marcus Jidell (qui anche in veste di chitarrista aggiunto), erano informazioni sì interessanti ma non così rilevanti per potersi fare un'idea della proposta musicale del combo. Quindi? Alla vecchia: cuffie nelle orecchie, volume come se non ci fosse un domani, quadernetto per prendere appunti e via.
Quello che si percepisce sin dai primi minuti di
"Adrenaline Kiss" è un certo gusto per il silenzio (cosa sempre più rara nelle uscite progressive), così come una fortissima componente vintage che attinge a piene mani dai big del passato. Infatti, se l'introduttiva e riuscita
"Hear Me Now" può far pensare ai King Crimson del periodo
"Red" (spettro che aleggia costantemente sull'intero full-length),
"Alive" sa di Pink Floyd lontano un chilometro. Non mancano poi influenze più moderne, come nel caso di
"Wisdom Of Mass-Destruction" con timbriche elettroniche (l'uso dell'arpeggiatore) di memoria Muse o nell'elaborata
"Gravity" con le sue soluzioni chitarristiche che rimandano ai connazionali Opeth. Le scelte armoniche e melodiche non sono mai scontate ma non sono sempre efficaci: è il caso della breve
"Ballade De Rhodes" (serviva proprio?) o della conclusiva
"Stockholm", brano terzinato dall'incedere blues guidato del piano elettrico che non convince appieno. Poi però ti capita di sentire
"Adrenaline Kiss" e i suoi unisoni chitarra/mellotron seguiti a ruota da un solo mozzafiato di flauto dalle sfumature etniche e chiudi un occhio. La prova dei musicisti è complessivamente discreta (menzione speciale per le armonie vocali del cantante
Alex Lycke, che mi ha ricordato vagamente
Mischa Mang, il "fu" vocalist degli Ivanhoe), merito/colpa di una produzione molto "neutra" che sia a livello di editing che di mix non deve essere stata particolarmente invadente (in altre parole "buona la prima" o quasi).
Li riascolterò? Non so, non credo, ma mi sono piaciuti e credo che potrebbero piacere anche a voi se apprezzate certe atmosfere nostalgiche comunque ben ancorate al presente.
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