Copertina 7,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2016
Durata:52 min.
Etichetta:Rockshots Records

Tracklist

  1. VERTIGO
  2. THE DRAGONFLY
  3. METAMORPHOSIS
  4. FORSAKEN
  5. ORIGINAL SIN
  6. THE OCEAN
  7. SPIRAL
  8. GEMINI
  9. ALICE
  10. THE LAST BREATH

Line up

  • Fabio Privitera: vocals
  • Valerio Sbriglione: guitars
  • Sascha Blackice: guitars
  • Elena Crolle: keyboards, piano
  • Massimiliano Flak: bass
  • Alessandro Bissa: drums

Voto medio utenti

"Bello, però...". In questa espressione sta, a mio avviso, l'intera essenza di questo "Vertigo", un album sicuramente buono ma mai "perfetto", anche quando sarebbe a un passo dall'esserlo. Il terreno è insidioso (quello del power metal sinfonico dalle tinte epiche/cinematografiche), per carità, ma il senso di "occasione mancata" permane.

Si parte con la titletrack, intro dai tratti burtoniani che ha l'unico neo in una sezione elettronica un po' invadente (capiterà spesso nel corso del full-length). La successiva "The Dragonfly" è heavy/power sinfonico ben scritto e arrangiato, con un intermezzo dal carattere turilliano e una bella coda lasciata al coro; peccato per le linee vocali non sempre incisive. "Metamorphosis" è un terzinato energico e con pochi fronzoli, impreziosito da una parte strumentale gustosa, e anticipa "Forsaken", thrashy quanto basta ma (troppo) scarica nella parte centrale. Per chi scrive, "Original Sin" è l'highlight del lotto, una power ballad atipica dove le armonie enigmatiche del pianoforte ben si sposano con i vari cambi di atmosfera, registro e dinamica. "The Ocean", epica e granitica, ha una struttura forse troppo elaborata, che si ripercuote su un ritornello "così così", e prelude alla piacevole "Spiral", strumentale poco chiaro nell'economia del disco, ma comunque caratterizzato da un azzeccato intervento centrale del coro. "Gemini" ha quelle sfumature moderne e groovy degli ultimi Kamelot, mentre ad "Alice" mancano davvero solo le immagini sullo schermo per poter essere apprezzata appieno, tanto è evocativa (immaginate una versione iperarrangiata e iperprodotta dell'inizio della suite "The Divine Wings Of Tragedy"). Chiude il disco "The Last Breath", brano sfaccettato e di ampio respiro che alterna momenti più intimi ad altri più pestati (l'elettronica mi è sembrata ancora "sopra le righe").

Ripeto per non essere frainteso, i Sound Storm hanno dato alle stampe un buon lavoro. Sono altresì certo che possano fare di meglio...
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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