Bella sorpresa quella costituita dagli australiani
Vipassi, quartetto che solo dopo 10 anni circa di esistenza (e capisco bene il perchè...) è riuscito ad esordire sulla lunga distanza grazie ad una label che non ha nel suo DNA la paura di fallire e di osare, ovvero la
Season of Mist.
Tuttavia i nostri eroi non è che siano stati con le mani in mano finora, tanto che ben tre di loro abbiano avuto ed abbiano tuttora impegni con i più noti
Ne Obliviscaris, altra band australiana con grandissimo successo di critica ma non altrettanto di pubblico. Perchè?
In effetti i nostri sono dediti ad un progressive metal piuttosto estremo, che spesso "potrebbe" ricordare i
Cynic, specie per quanto riguarda l'abilità con gli strumenti, che in aggiunta ha come particolarità quella di essere pressochè totalmente strumentale, presentando qualche parte vocale solamente in una delle 7 tracce di questo bell'EP dall'enigmatico titolo di "
Śūnyatā".
Quando parlo dei Cynic con moderazione, a differenza di tanti colleghi che probabilmente si sono limitati a leggere l'info sheet allegata al disco, è perchè i Vipassi hanno un cuore molto più incline alla musica estrema rispetto ai loro colleghi d'oltreoceano, tanto che spesso chiudendo gli occhi durante una delle loro sfuriate potrebbero benissimo essere accostati a qualcosa già ascoltato in dischi come "
Ashes Against the Grain" degli
Agalloch, tanto per comunicarvi quando melodici e depressivi possano riuscire ad essere questi quattro ragazzi.
Certo, ci sono anche dei momenti dove la componente progressivo/tecnica la fa da padrone, tipo "
Jove", in cui il fretless bass di
Brendan Brawn compie dei giri pazzeschi e tutto gli ruota attorno di conseguenza, anche se successivamente si rientra in canoni più malleabili, come l'assolo di chitarra, molto
Death e intendo la band di
Chuck Schuldiner non il genere musicale.
In ogni caso la struttura su cui poggiano le basi i Vipassi è effettivamente di musica estrema, seppure anestetizzata da tantissima capacità (ed è un piacere ammirare questi musicisti all'opera, effettivamente) e da molta melodia nei momenti più classici o ambient, quasi shoegaze o post black metal talvolta (vedi la poetica "
Sum") ed in questo sta la grandissima differenza col succitato "
Focus", perchè tanto è lì che si vuole andare a parare, musica che ha in comune solo il termine progressive, perchè tutto il resto proprio non c'entra nulla.
Insomma, un disco incredibile. Così incredibile che nemmeno un dinosauro retrogrado closed-minded come me ha fatto caso alla mancanza della voce, ricordandomene solamente alla fine dell'ascolto?
Che ne dite, varrà almeno un ascolto?
Maestoso. Di fronte a dischi così possiamo solo applaudire e respirare a pieni polmoni: a dispetto della fogna del mainstream, c'è aria pura nell'underground.