Copertina 7,5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2017
Durata:46 min.
Etichetta:ViciSolum Productions

Tracklist

  1. PLACE FOR FAIRY-TALES
  2. NOMAD
  3. WAVES
  4. CAROUSAL
  5. KIPPUR
  6. DALED BAVOS
  7. AS YOU ARE
  8. HYMN OF THE VAGABOND
  9. SPACE ODDITY (DAVID BOWIE COVER)

Line up

  • Kjetil Nordhus: vocals
  • Eliran Weitzman: growls
  • Tomer Pink: guitars
  • Or Shalev: guitars
  • Shai Yallin: keyboards
  • Golan Farhi: bass
  • Matan Shmuely: drums
  • Ilan Arad: brass

Voto medio utenti

Nei Subterranean Masquerade non percepisco più quella "carica innovativa" che aveva caratterizzato gli esordi - del resto la line-up di "Suspended Animation Dreams" è stata completamente stravolta - ma di certo non si può definire "Vagabond" un brutto disco.

Gli israeliani guidati da Tomer Pink ce la mettono tutta per disorientare l'ascoltatore, ma lo fanno con garbo e senza strafare, cosa che alla lunga "paga" e rende digeribile una proposta musicale che definire ricca è limitante.

Tanto per gradire, immaginate un ponte ideale tra Third Ear Band e IQ (sì, avete letto bene) e avrete una vaga idea di cosa vi aspetta ascoltando "Place For Fairy-Tales", con il suo inizio morbido ed esotico e un'evoluzione elettrica sostenuta dal pianismo dal carattere blues di Yallin e dal sax d'ispirazione Seventies del guest Ilan Arad. Con "Nomad" il sound si fa più internazionale - mi vengono in mente i Kansas - nonostante i growl in evidenza di Weitzman, mentre "Waves" - con il curioso intermezzo "circense" - rimanda nuovamente al neo-prog di Pendragon e Arena. La breve (e poco significativa) "Carousal" sfocia in "Kippur", dove i virtuosismi strumentali si sposano con il cantato teatrale di Nordhus (Green Carnation, Tristania) e i ringhi arcigni del sopraccitato Weitzman. "Daled Bavos" è un brano strumentale dal respiro cinematografico - immagino un action-movie, non "Il Signore Degli Anelli" - che contrasta con la successiva "As You Are", dove il folk tende a prendere il sopravvento. In "Hymn Of A Vagabond" non passano inosservate le influenze di Orphaned Land (del resto il batterista è lo stesso) e di Amaseffer, anche se i synth di matrice prog provano a spostare l'attenzione altrove. Il finale è lasciato a una coraggiosa (pure troppo, ndr) versione di "Space Oddity" del compianto David Bowie: resa doom e sinistra, pur con l'innesto delle percussioni oriental, viene spogliata quasi del tutto dei toni lisergici dell'originale, "recuperando quota" solo dalla metà in poi con l'ingresso degli archi.

Unici e per palati esigenti: questi sono i Subterranean Masquerade...

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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