Sei album in studio, compreso il nuovissimo
"Bloodline Divine", e oltre vent'anni di attività: queste sono le credenziali con cui si presentano i tedeschi, della Sassonia,
Grabak.
Un gruppo, dunque, ormai storico della scena estrema germanica il quale, nonostante la lunga esperienza, ha sempre galleggiato ai margini della sufficienza senza riuscire mai a spiccare il salto verso obiettivi più alti di un "semplice", quanto onesto, anonimato.
Questa situazione, a mio avviso, non cambierà con il nuovo album che si attesta su livelli appena discreti e si limita a ripetere la formula, senza compromessi, della scena black di scuola svedese, Marduk in primis, formula alla quale, va detto, i
Grabak aggiungono un tocco personale che va ricercato nella impostazione melodica data ad alcune partiture e nella loro evidente provenienza crucca che si traduce in un suono stentoreo e "povero" di fantasia ma molto diretto.
Per il resto
"Bloodline Divine" ci offre nove canzoni senza compromessi, ricche di blast beats e di costanti intrecci di chitarra sui quali l'ugola di
Jan "Hellthroat" Klepel, unico membro originario rimasto in un gruppo la cui line up ha subito tante modifiche, vomita tutto la sua furia ed il suo odio dando vita ad un attacco all'arma bianca piuttosto sterile per lunghi tratti ma, qui e là, capace di distinguersi per alcune buone idee.
Insomma, i
Grabak restano un gruppo di serie B, ma il loro black metal senza fronzoli lo suonano con convinzione e con risultati che, a sorpresa, di tanto in tanto diventano buoni sebbene le canzoni da ricordare siano certamente in numero minore rispetto a quelle che, invece, dimenticheremo di aver mai ascoltato.
In ogni caso, un ascolto a questo disco lo si può sicuramente concedere.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?