Sono già passati tre anni da
"IV", album dei
Toundra licenziato da
Superball Music che dal 2015 a oggi sarebbe stato sulla bocca di tutti gli appassionati di certe sonorità ibride a cavallo tra post rock e progressive. Oggi il quartetto spagnolo ci riprova con
"Vortex" e con una nuova (più o meno) etichetta discografica, la
InsideOut Music di
Thomas Waber. Risultato?
I
Toundra del 2018 "si accontentano" di fare quello che viene loro meglio (post rock strumentale alla maniera dei
Long Distance Calling o dei
God Is An Astronaut) mettendoci il minor impegno possibile e prediligendo soluzioni abbastanza ritrite (in
"IV" almeno c'era qualche ospite che conferiva un po' di varietà timbrica).
Dopo la morriconiana
"Intro Vortex" è l'accoppiata
"Cobra"/"Tuareg" a dare conferma di quanto sopra scritto: riff rocciosi, qualche cambio di tempo, armonie quasi scontate, strutture complessivamente semplici e saliscendi dinamici nella miglior tradizione del genere. La breve e bucolica
"Cartavio" sfocia in
"Kingston Falls", traccia bipartita che esplode letteralmente dal secondo minuto in avanti dopo un preludio soffuso. La lunga
"Mojave" è la traccia più ricercata del lotto, ben costruita e arrangiata (azzeccati i beat elettronici), divisa tra momenti groovy e altri più granitici. Il basso di
Alberto Tocados sostiene
"Roay Neary" prima della conclusiva
"Cruce Oeste", episodio più vicino al grunge e all'alternative con qualche flebile accenno progressivo.
"Chi non risica non rosica": o forse sì?
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